Renzusconi e il PDmenoelle
Il titolo è un po' grillino, ma ben si adatta a una dirigenza che sta snaturando il primo partito d'Italia
Il renzusconismo è il virus che ha intaccato irrimediabilmente il PD. Una malattia che ha trasformato il Partito Democratico nella fotocopia di Forza Italia. Da partito con una solida struttura, fatta di quadri, ideologi, funzionari sui territori e persino giornali come l’Unità, sono giunti oggi a essere il nulla cosmico pur avendo oltre il 40% dei consensi. Vi ricorda qualcosa?
Non solo la struttura, però, ricorda gli azzuri, anche gli ideali ormai coincidono con il partito di Silvio Berlusconi. Lampante la questione giustizia. Erano belli – per qualcuno – i tempi della sinistra giustizialista. Il partito democratico era il partito della magistratura, oggi, la svolta rossa alla religione verdiniana li vuole tutti ipergarantisti, tanto da accorgersi che uno è colpevole solo al terzo grado di giudizio. Il conflitto d’interesse era un mantra, una priorità; oggi non discuterne si chiama stabilità. In camicia bianca, come i vecchi ‘padroni’, giovani, per qualcuno sono anche belli, si sono votati completamente alla comunicazione, agli spot a effetto, alle slide, a Twitter, all’inglese maccheronico e al trend del momento: House of Cards. Pare esserci pure il lavoro nell’agenda di questi ‘scappati da casa’.
Un capitolo davvero spinoso per gli ormai ex compagni. C’era il partito dei lavoratori, i dirigenti dei sindacati trovavano sempre un seggio offerto gentilmente da quello che era il loro partito. Oggi, invece, nella discussione interna si pongono un’unica e fatal domanda: ma ‘sti ultimi quattro straccioni che ancora lavorano per vivere, com’è meglio licenziarli? Dall’articolo 18 come unico argomento, oggi Renzi parla solo del TFR in busta paga. A cosa è dovuta questa virata decisa del premier? Pare che la sondaggista di Silvio gli abbia detto che sul famigerato articolo sia inciampato. Ma poi il TFR in busta chi lo paga? L’alta finanza li ha abbagliati, conquistati, i grossi imprenditori tifano per questi ragazzini tutti selfie, intervistine, cene e viaggi in auto blu, edonisti e ingenui al punto giusto. Lontani anche i tempi in cui l’ambientalismo dettava l’agenda di amministrazioni e ministeri rossi. Ora, centri commerciali, mega lottizzazioni, e grandi aziende inquinanti sono benvenute a patto che la firma sia di qualche coop e gli amministratori delegati amici.
Rossi, ma sbiaditi s’intende. Le banche erano pure peggio dei padroni erano gli usurai, le serve del potere ora sono consigli d’amministrazione dove è figo sedersi. Sono amici di Siena da aiutare con 4 miliardi di euro gentilmente offerti dalle famiglie. In quei soldi c’è il sudore dell’unico bene rimasto ai cittadini (e già ipertassato). Ma non conoscono vergogna e nemmeno pena. Pensiamo alle privatizzazioni, prima incubo e male assoluto, oggi esigenza di modernità. O, parlando di democrazia, il ‘bomba’ si bulla di aver abolito le province. Invece le fa rieleggere dai soli consiglieri comunali perché a lui piace vincere facile. Le primarie sono una regola, il ‘metodo Boffo’ era da condannare ma il ‘metodo Richetti’ ora è in manuale. La globalizzazione e gli Stati Uniti erano i veri nemici da combattere, oggi sono i grandi alleati del piccolo Matteo Renzi e addirittura, udite udite, sono una possibilità di sviluppo. C’era pure Peppone che litigava con Don Camillo. Nell’anno Domini 2014 per carità cristiana si è costruito il business dell’immigrazione clandestina. Una mangiatoia per le cooperative sociali e di ristorazione. Schiavismo moderno salutato con fervore dalle anime belle del PD.
Si ricorda un partito dove si faceva carriera servendo, passando da una dura gavetta. Oggi diventi ministro o europarlamentare se sei donna, bionda o anche mora: l’importante è l’abito e l’essere in grado di non dire nulla sempre sorridendo. Le feste dell’Unità mancano, (non a me, mai ci sono stata) sono state sostituite da lussuosi alberghi a Forte dei Marmi. Berlusconi era il grande nemico da combattere, il giaguaro da smacchiare, oggi il suo unico erede politico, gestisce il partito democratico. Illuminanti le dichiarazioni di statisti forzisti che annunciano la “Leopolda blu”. Infatti in parlamento la squadra dei blu vota compatta con la “Leopolda rossa”. Forza Leopoldini, forza Leo Verdini gridano ormai dalla squadra ‘rossa’, ma anche nei club di Forza Silvio. Ma, se il segretario del PD è impegnato a fare il presidente del consiglio, può essere un partito vero quello guidato da un vice segretario senza patente?
Non è una battuta è la verità.
Al lettore l’ardua sentenza.
Camilla Vanaria
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