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Morire per un’idea non è più di moda

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Ci sarà bisogno certamente di gesti nuovi, spettacolari e simbolici per risvegliare dalle sonnolenze, scuotere le coscienze anestetizzate e risvegliare la memoria delle nostre origini. Entriamo in un’epoca nella quale le parole devono essere rese autentiche dagli atti.

Eppure, l’atto di Dominique Venner, non ha scosso le coscienze. E’ passato di sfuggita tra le notizie dei telegiornali, tra un Letta e una rapina qualunque, tra una manovra finanziaria e un furto di gioielli. Con la stessa attenzione, se non di meno. Le coscienze anestetizzate alle quali faceva riferimento, sono ancora più anestetizzate di quanto persino lo stesso Venner potesse pensare. La morte dello scrittore francese, oggi, non vale ne’ più ne’ meno di quella di qualunque altro malato di mente o depresso che decide di togliersi la vita. Anzi, fa molto meno notizia del suicida per problemi economici.

Morire per un’idea non è più di moda. E’ forse questo il messaggio che ci lascia Venner. Il sacrificio volontario della propria vita non è più concepibile ne’ immaginabile, se non avviene in nome di qualcosa di materiale. L’operaio che si suicida perchè perde il lavoro, diventa eroe, lo scrittore che si suicida per la propria Patria, un folle. Le idee, le Patrie, in fondo non si mangiano. Non si possono investire in borsa. Non fruttano. E’ da scemi rinunciare a qualcosa per esse. Avrebbe fatto meglio, il Venner, a portar la moglie a far shopping, a giocare alla Play Station con i nipoti, a comprarsi una macchina nuova… poi, per carità, poteva sempre continuare ad esprimere le proprie idee. Sonnolenza.

Sono finiti i tempi dei Mishima, ma anche dei Che guevara e dei Gandhi che ancora veleggiano sulle vostre magliette e sulle vostre parole. Sono finiti i tempi della comoda vita quotidiana sacrificata per un ideale più alto. Il sacrificio vale la candela, se la candela è un televisore o un I-Phone. Per il resto, niente e nessuno può distogliere più l’uomo borghese dall’effimero.

I più savi, commentano con un po’ di rabbia e amarezza un “almeno da qualche parte ancora le fanno, ste cose”. Ma la domanda che dobbiamo porci, è se ognuno di noi sarebbe disposto a farlo per ciò in cui crede. Sempre che creda in qualcosa. Allora, probabilmente Dominique Venner apparirà di nuovo come un folle, che si è sacrificato pur sapendo che non vi era nessun red carpet ad attenderlo all’appuntamento. Un folle che ha lasciato questo messaggio:

Sono sano di spirito e di corpo e sono innamorato di mia moglie e dei miei figli. Amo la vita e non attendo nulla nell’al di là, se non il perpetrarsi della mia razza e del mio spirito. Cionondimeno, al crepuscolo di questa vita, di fronte agli immensi pericoli per la mia patria francese ed europea, sento il dovere di agire finché ne ho la forza; ritengo necessario sacrificarmi per rompere la letargia che ci sopraffà.

Offro quel che rimane della mia vita nell’intenzione di una protesta e di una fondazione. Scelgo un luogo altamente simbolico, la cattedrale Notre Dame de Paris che rispetto ed ammiro, che fu edificata dal genio dei miei antenati su dei luoghi di culto più antichi che richiamano le nostre origini immemoriali. Quando tanti uomini vivono da schiavi, il mio gesto incarna un’etica della volontà.

Mi do’ la morte al fine di risvegliare le coscienze addormentate. Insorgo contro la fatalità. Insorgo contro i veleni dell’anima e contro gli invadenti desideri individuali che distruggono i nostri ancoraggi identitari e in particolare la famiglia, nucleo intimo della nostra civiltà plurimillenara. Così come difendo l’identità di tutti i popoli presso di loro, insorgo contro il crimine consumato nel rimpiazzo della nostra popolazione. Essendo impossibile liberare il discorso dominante dalle sue ambiguità tossiche, appartiene agli Europei di trarre le conseguenze. Non possedendo noi una religione identitaria cui ancorarci, abbiamo in condivisone, fin da Omero, una nostra propria memoria, deposito di tutti i valori sui quali rifondare la nostra futura rinascita in rottura con la metafisica dell’illimitato, sorgente nefasta di tutte le derive moderne.

Domando anticipatamente perdono a tutti coloro che la mia morte farà soffrrie, innanzitutto a mia moglie, ai miei figli e ai miei nipoti, così come ai miei amici fedeli. Ma, una volta svanito lo choc del dolore, non dubito che gli uni e gli altri comprenderanno il senso del mio gesto e che trascenderanno la loro pena nella fierezza. Spero che si organizzino per durare. Troveranno nei miei scritti recenti la prefigurazione e la spiegazione del mio gesto.

3 Comments on Morire per un’idea non è più di moda

  1. Blog davvero interessante, peccato non sia ancora disponibile la versione mobile. Almeno io non l’ho trovata, infatti per leggere questo articolo sul mio telefono ci messo mezz’ora. Perlomento era interessante e ben scritto.

    • andrea carbone // 5 Giugno 2013 a 15:01 // Rispondi

      Ciao, ti rispondo io: mi chiamo Andrea Carbone e scrivo qui. Intanto ti ringrazio per il complimento. Purtroppo la versione mobile non c’è per ora: per ovviare puoi mettere mi piace alla nostra pagina facebook, dove ogni giorno escono i nuovi articoli con link diretto a questa pagina in versione mobile. Infatti ti sto rispondendo dal cellulare. Ogni persona con cui parli di questo blog è per noi una piccola vittoria. Buona giornata!!

  2. Morire per delle idee, l’idea è affascinante
    per poco io morivo senza averla mai avuta,
    perchè chi ce l’aveva, una folla di gente,
    gridando “viva la morte” proprio addosso mi è caduta.

    Mi avevano convinto e la mia musa insolente
    abiurando i suoi errori, aderì alla loro fede
    dicendomi peraltro in separata sede
    moriamo per delle idee, va bè, ma di morte lenta, va bè
    ma di morte lenta.

    Approfittando di non essere fragilissimi di cuore
    andiamo all’altro mondo bighellonando un poco
    perchè forzando il passo succede che si muore
    per delle idee che non han più corso il giorno dopo.

    Ora se c’è una cosa amara, desolante
    è quella di capire all’ultimo momento
    che l’idea giusta era un’altra, un altro movimento
    moriamo per delle idee, va bè, ma di morte lenta
    ma di morte lenta.

    Gli apostoli di turno che apprezzano il martirio
    lo predicano spesso per novant’anni almeno.

    Morire per delle idee sarà il caso di dirlo
    è il loro scopo di vivere, non sanno farne a meno.

    E sotto ogni bandiera li vediamo superare
    il buon matusalemme nella longevità
    per conto mio si dicono in tutta intimità
    moriamo per delle idee, va bè, ma di morte lenta, va bè,
    ma di morte lenta.

    A chi va poi cercando verità meno fittizie
    ogni tipo di setta offre moventi originali
    e la scelta è imbarazzante per le vittime novizie
    morire per delle idee è molto bello ma per quali.

    E il vecchio che si porta già i fiori sulla tomba
    vedendole venire dietro il grande stendardo
    pensa “speriamo bene che arrivino in ritardo”
    moriamo per delle idee, va bè, ma di morte lenta, va bè,
    ma di morte lenta

    E voi gli sputafuoco, e voi i nuovi santi
    crepate pure per primi noi vi cediamo il passo
    però per gentilezza lasciate vivere gli altri
    la vita è grosso modo il loro unico lusso
    tanto più che la carogna è già abbastanza attenta
    non c’è nessun bisogno di reggerle la falce
    basta con le garrote in nome della pace
    moriamo per delle idee, va bè, ma di morte lenta,
    ma di morte lenta.

    Testo di Georges Brassens
    Musicata in Italia da Fabrizio De Andrè

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