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L’identità europea, presupposto fondamentale per l’indipendenza d’Europa

Nel giorno dell’anniversario della caduta del Muro di Berlino, Il Talebano propone un articolo che pubblicammo qualche anno fa in uno dei primi numeri della rivista Sintesi.

Da un punto di vista geografico, l’Europa non dovrebbe essere considerata un continente. Col nome “Europa” infatti, si indica un lembo di terra unito all’Asia e che di fatto altro non è se non una penisola di quest’ultima. Si tratta di un territorio poco esteso se paragonato a quello dell’Africa o delle Americhe e se ci si pensa, anche di difficile individuazione, non potendosi stabilire con chiarezza, quali siano le delimitazioni naturali, che ne segnano i confini e che potrebbero, se esistessero, farci dire: “qui finisce l’Europa, là inizia l’Asia”.

Ciononostante, se da un punto di vista geografico si dovrebbe probabilmente parlare di continente Eurasiatico, da un punto di vista culturale qualche differenza fra Europa ed Asia realmente sussiste. In Europa infatti, dove vive circa un ottavo della popolazione mondiale, esistono una storia sedimentata e tradizioni millenarie. In Asia, allo stesso modo sopravvivono culture millenarie, religioni altrettanto datate e popoli caratterizzati da identità marcate e profonde.

L’Asia però è un continente vastissimo e caratterizzato tra le altre cose, da vasta disomogeneità. Ci vivono popoli con gli occhi a mandorla, popoli dalla pelle assai pallida, altri in poco sono differenti nell’apparire a certi magrebini. I continenti
contengono qualcosa. Il continente Europa, “contiene” una forte omogeneità. In Europa due importanti contributi alla creazione di una certa identità europea sono stati l’esempio classico greco-romano da una parte e il cristianesimo dall’altra. In Europa le differenze somatiche sono attenuate, gli idiomi sono più simili, le istituzioni nazionali si avvicinano e si somigliano sempre più. Oggi, più forse che in passato, i popoli europei si sentono fra loro legati da una cittadinanza comune e da una tradizione comune.

Pare evidente a tutti, che un processo indirizzato nel verso opposto rispetto alla tragedia fratricida consumatasi nella Prima e nella Seconda guerra mondiale e nelle guerre fra europei ancor precedenti, già sia stato dagli europei intrapreso; appare altresì palese che i frutti di questo processo, sono oggi rappresentati dal progressivo crollo delle frontiere, dalla possibilità di potersi stabilire senza impedimento alcuno in Spagna o in Olanda e in definitiva del clima sereno e per nulla di facciata dopo quella tempesta che furono appunto le due guerre mondiali.

Una tradizione europea per la verità esiste comunque, indipendentemente dalle lotte intestine che hanno accompagnato l’Europa per secoli; esiste inoltre indipendentemente dal processo di integrazione europeo intrapreso a partire da secondo dopoguerra. Constatiamo però il pericolo, che oggi minaccia questa nostra identità sempre più annichilita dal contrapporsi dello spiritualismo islamico al materialismo esasperato anglo-americano. Con estremo rispetto verso le popolazioni, che popolano questa massa di terra che chiamiamo Eurasia e di tutti gli altri popoli del Globo, riteniamo di fondamentale importanza il processo di ri-scoperta della nostra identità europea, perché fermamente convinti, che le differenze debbano rimanere vive, così come vivo dovrebbe essere il legame, che lega ogni uomo alla sua terra.

Quando parliamo di tradizione europea non ci riferiamo al mito del mercato, al mito dell’egualitarismo, o della democrazia, che innegabilmente hanno contribuito ad offuscare ogni sorta di spiritualismo in Occidente. Al contrario
riteniamo che tali disvalori, sostenuti oggi da taluni fondamentalisti neo-illuministi europei e statunitensi, che siedono nei parlamenti, dietro le cattedre universitarie o nelle redazioni dei numerosi giornali-spazzatura, contribuiscano ad accrescere un fondamentalismo altrettanto forte e di riflesso, che va imperversando in certe aree del Sud del Mondo.

Non crediamo nella esportazione forzata di modelli politici religiosi o culturali; non crediamo nemmeno in una Europa che ritorni a massacrare indiani inermi, zulù coraggiosi in nome del profitto e del potere. E’ giunto il momento di sputtanare i “falsi buoni”, dalle opinioni moderate solo all’apparenza, che affermano:“la democrazia è un bene universale” e sostengono che essa non dovrebbe perciò caratterizzare, solo la nostra vita politica. Secondo la loro opinione dovremmo addirittura esportarla. Dove?- Ma dappertutto è ovvio, e non da sola, ma accompagnata dal mito del mercato, dalla fede cieca nel materialismo e dall’ateismo più profondo.

Sono essi convinti che la fede nelle democrazie liberali e nel liberismo economico porterà tutti al migliore dei mondi possibili. Disprezzano senza rendersene conto, tanto sono pervasi dalla convinzione di essere nel giusto, i popoli che hanno maturato esperienze differenti. Credono che l’accettazione fideistica del materialismo da parte dei popoli d’Europa sia l’unica scelta possibile e capace di incidere in positivo sulla qualità della vita umana, nonostante sia sufficiente guardare un qualsiasi telegiornale o sfogliare un qualsiasi quotidiano, per rendersi conto che forse anche a casa nostra c’e’ del marcio e che forse quel “mito del progresso” non porta a effettivi miglioramenti nella vita umana. Sono interessati alla crisi economica che pervade il Vecchio continente, più che alla crisi di valori che lo rende ora più che mai in ginocchio.Non lasciamoci trascinare dagli U.S.A. nella deriva che li ha spinti alla folle guerra con l’Islam.

Due crisi di identità si fronteggiano. Quella occidentale anglo-americana condizionata in senso negativo dal crollo del muro di Berlino e quella islamica, che trae ispirazione da una visione religiosa profonda, ma che cozza con la modernità, il progresso e per certi aspetti col capitalismo. L’Islam è oggi la religione che conta la più veloce crescita numerica di aderenti, dovuta soprattutto, all’elevatissimo indice di natalità che, nei paesi islamici, cresce globalmente di circa il 2.6% l’anno, mentre in Europa assistiamo impotenti alla progressiva desacralizzazione accogliendo sempre più a braccia aperte il “falso mito americano” fondato sul denaro e il potere.

In Europa aumentano gli ultrasessantenni, passati in meno di mezzo secolo dal 15 al 21% della popolazione, ed i bambini nascono in numero sempre minore. Da un numero sempre maggiore di Paesi l’Europa è vista oggi come un’alternativa agli Stati Uniti, ma l’Europa pare collassare. Non è escluso che con l’andare del tempo anche Mosca, Pechino, Nuova Delhi, andranno alla ricerca di forme d’associazione con l’Europa; forse accadrà proprio quando l’Europa scoprirà da dove viene e verso quale futuro vuole andare…

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