Non è tutto petrolio quello che luccica. Anche se pare socialismo nazionale
Prima di partire per il Venezuela avevo grandi aspettative. Cercavo relax, divertimento e natura, ma allo stesso tempo mi animava il forte desiderio di capire se il Chavismo di cui tanto leggevo su “Rinascita”, “Arianna Ed.”, “Noreporter” ecc., potesse davvero rappresentare una tangibile e credibile alternativa al modello occidentale, dominato dalle plutocrazie da un lato e dall’individualismo dall’altro. Mancava poco meno di un anno alle elezioni dell’ottobre 2012, eppure il clima già pareva politicamente infuocato. L’idea che mi sono fatto in breve tempo parlando con tassisti, albergatori e negozianti è che in Venezuela o stai con Chavez o stai contro di lui. L’anti-chavismo unisce le opposizioni assai più dell’antiberlusconismo di casa nostra. Quell’idea, di un Venezuela spaccato in due metà è oggi confermato da quanto emerso in termini di preferenze alle ultime elezioni. Chavez ha preso il 54% dei voti mentre Henrique Capriles il 45%. Il Presidente ha sì ottenuto il suo quarto mandato, ma il suo astro brilla sempre meno. La sua salute è in declino e con essa i risultati elettorali. Ha perso infatti nove punti percentuali rispetto al 2006 e non son pochi.
Chavez ha fatto cose che a leggerle sui libri paiono stupende. Ha nazionalizzato imprese del settore edile per costruire abitazioni da dare alla povera gente. Ha espropriato grandi quantità di terreno agricolo come facevano i bolscevichi ai tempi dei kulaki. Ha nazionalizzato le imprese alimentari, quelle del settore minerario e soprattutto del settore energetico (la benzina in Venezuela costa infatti 0,09 euro!!!). Il partito ha investito nella scuola e ha incoraggiato la natalità. Di questo e di tante altre cose non si può che dir bene. I governanti del cosiddetto Socialismo del XXI Secolo, nella sua declinazione bolivariana, dichiarano di destinare circa il 40% del bilancio statale ad opere sociali. Oltre a ciò bisogna aver chiaro in mente che il PSUV (Partido Socialista Unido de Venezuela) seppur influentissimo, non ha soffocato i suoi nemici limitandosi a tappar loro la bocca. C’è infatti un discreto pluralismo in Venezuela, tant’è che Chavez non impedisce che reti televisive finanziate dall’opposizione e forse dagli USA, trasmettano liberamente in Venezuela. Molte buone cose dunque, che lasciano intravedere una vocazione sociale nelle scelte politiche. Dal punto di vista geopolitico, è noto a tutti che il Venezuela si contrappone allo strapotere USA in America Latina. Chi ha una visione antimperialista e crede nel principio dell’autodeterminazione dei popoli, vede logicamente di buon grado il fatto che il Venezuela sia in qualche modo promotore di una fase di collaborazione stretta, fra i paesi che fanno parte della cosiddetta “asse del male”. Mahmoud Ahmadinejad, Castro e altri leader considerati anti-USA sono sempre stati accolti fraternamente nel Paese. Francisco de Miranda, Simon Bolivar e persino il Che sarebbero orgogliosi di Chavez se semplicemente leggessero del Venezuela senza vederlo coi loro occhi.
Nel Venezuela c’è grande disuguaglianza sociale. Nella capitale i ricchi comprano il Blackberry, fanno la fila da Mc Donald, possono comprare le Nike ecc. Viceversa nelle periferie la situazione è del tutto fuori controllo. Il problema è che spesso i buoni propositi sembrano non bastare. La storia insegna infatti (basti pensare alla Cina, a Cuba, all’Albania, o all’URSS) che laddove viene assicurato quel minimo di assistenza sanitaria, laddove si sradica l’analfabetismo, si dà a tutti una casa, ogni passo ulteriore verso il benessere economico diviene irrealizzabile. Perché in Venezuela le cose dovrebbero andar meglio? Perché c’è il petrolio? Attualmente il Venezuela è un paese ricco con una popolazione povera, la cui economia sopravvive grazie agli investimenti pubblici che discendono dal petrolio. Eppure tutti sanno che la domanda mondiale di petrolio diminuirà progressivamente negli anni a venire. Nei paesi che ho citato il progetto di governo diretto dell’economia e dello Stato da parte dei lavoratori si è in breve trasformato in dittatura della burocrazia. Queste burocrazie al potere, già nel XX secolo, vaneggiavano di grandiose crescite nel livello di benessere, ma nel concreto hanno causato solo miseria e fame. Parimenti, inneggiavano a parole alla meritocrazia e al ruolo impareggiabile delle “scuole di partito” ma alla fine “la casta”, ha finito per “piazzare al ministero” parenti, amici, figliastri, ecc. Farà questa stessa fine il Venezuela? L’inflazione è elevata e il rischio stagflazione (inflazione + stagnazione economica) è dietro l’angolo. Questo perché nelle aziende nazionalizzate la produzione è diminuita se paragonata alle precedenti gestioni private. Il peggior contraltare d’ogni ideologia egualitaria, risiede come è noto nel fatto, che facendo venir meno la competizione, l’uomo tende a sedersi, ovvero a deresponsabilizzarsi lavorando il meno possibile e malvolentieri. Ma quando ciò accade, quando cioè la dottrina del tirare a campare facendo il minimo indispensabile, si impossessa della coscienza collettiva le cose in parallelo tendono a peggiorare anche nei vertici. Gli introiti che derivano dal mercato petrolifero sono infatti nella migliore delle ipotesi mal gestiti e nella peggiore accumulati a titolo individuale da uomini della burocrazia statale. Chavez sostiene che per battere la povertà e la disoccupazione del Paese.sia necessario combattere la radice del male che è rappresentata dal sistema capitalista. Ma quello che non è ben chiaro è cosa abbia di socialista il Venezuela al di là dei proclami e dell’economia parzialmente controllata dallo Stato. Pare più una dottrina che nulla ha a che spartire con quanto teorizzato o attuato da Marx, da Engels, da Lenin, da Stalin o da Mao.
Secondo Chavez si arriverà alla dittatura del proletariato? O per parlar dell’oggi, sono gli attuali rappresentanti del partito i rappresentanti dei lavoratori? In realtà il Chavismo, come il capitalismo nostrano si fonda sullo sfruttamento dell’uomo sull’uomo. Il chavismo lungi dall’essere vicino al socialismo è al contrario un sistema che pare in tutto e per tutto democratico-borghese poiché il socialismo, richiede una condizione preliminare: la soppressione della proprietà privata dei mezzi di produzione e l’amministrazione della cosa pubblica nelle mani di persone oneste. Non solo, di Leader socialisti con la Madonnina al collo non se n’erano mai visti prima. Se il Venezuela è uno Stato proletario è di certo uno “stato proletario degenerato” caratterizzato da una forma incompleta di socialismo che si contraddistingue per il fatto che i rappresentanti del proletariato hanno smesso d’essere rivoluzionari per divenire nuovi sovrani affamati di ricchezza e potere. I voti questi rappresentanti, li guadagnano con l’arma del populismo, riempiendo di cartelloni inneggianti a questo o a quel leader del Partito le città e le grandi arterie stradali. In altri i casi i voti son barattati con sacchi di farina o altri beni.
Levando la patina superficiale si scopre che la società è spaccata fra creoli ricchi e popolazioni amerinde molto povere, che le case per i poveri son nella realtà delle baracche prefabbricate inserite in quartieri che domani saranno ghetti in mano alla criminalità organizzata. Tali quartieri ricordano per la loro razionalità urbanistica, gli accampamenti militari degli antichi romani, con vie parallele e perpendicolari a formare reticoli perfetti. Non c’è bellezza e soprattutto non ci sono servizi. C’è tanta povertà, poco lavoro, una delinquenza che non riconosce valore alcuno alla vita umana e che fa circa 15.000 morti l’anno. In giro vedi una quantità incredibile di armi e a portarle non sono solo i numerosi soldati e gendarmi, ma molta gente comune che ha qualcosa da dover difendere. I condomini di periferia hanno le inferriate all’ottavo o al nono piano perché la psicosi dilaga incontrastata e la paura d’essere derubati, finisce per divenire più grande del concreto pericolo determinato dalla delinquenza stessa. Al di là della criminalità comune che rapisce, uccide e assalta pullman o auto, sulle strade del Paese, altissimo è il livello di corruzione all’interno del partito e quindi nei vari apparati dello stato.
“Non è tanto il cambiamento in sé, quanto la velocità dello stesso”, è solito dire chi studia i sistemi sociali. L’impressione è che il popolo venezuelano, o perlomeno quella parte di esso che vive nelle città, giunto ad aver disponibilità economiche prima insperate, voglia consumare quanto più possibile e voglia arricchire molto e rapidamente. Le aspirazioni del popolo Venezuelano vanno solo ed esclusivamente nell’ottica della crescita dei consumi. Quello che voglio dire è che le brutture del capitalismo in Venezuela ci sono tutte e si sommano a quelle del socialismo. Io non so dire se Chavez stia precipitando verso il baratro, se magari un giorno sarà processato come Saddam o se sarà linciato come Gheddafi, ma è certo che il progressivo ristagno economico porterà con ogni probabilità alla dittatura e successivamente al declino della rivoluzione bolivariana con attacchi che giungeranno dall’interno del paese e dall’esterno.
Dario Leotti
Rispondi