Il percorso ascensionale del Novecento
di Barbara Leva
Il 2010 si è chiuso a Milano con l’apertura del Museo del Novecento all’interno del Palazzo dell’Arengario, quel cubo forgiato dal Ventennio e in parte dimenticato dai nostri occhi distratti. L’iniziativa prende vita dalla volontà dell’intellighenzia locale di fornire la città di un luogo di sintesi della produzione artistica del secolo: all’interno, oltre 400 opere appartenenti alle Civiche Raccolte Artistiche del Comune accompagnano lungo un percorso (quasi) tutto italiano che si snoda nel corso di un secolo caratterizzato da grande vivacità artistica e intellettuale, nella quale il capoluogo lombardo agisce come polo catalizzatore per chiunque di rilievo in questo contesto.
Il percorso prende inizio tramite una rampa elicoidale che tanto ricorda il più antico precedente del Guggenheim di New York, alla fine del quale il museo vero e proprio accoglie il visitatore con una delle copie del Quarto Stato. Da qui, le avanguardie anticipate dagli esempi esteri da cui traggono spunto, e poi l’arte di Novecento e i suoi oppositori fino all’astrattismo e alle sue sfaccettature, per finire con installazioni che riescono ad accattivarsi i più giovani e a provocare i più conservatori.
Molte cose già viste e riviste da un’assidua frequentatrice delle sale espositive, in quanto gran parte di quanto esposto è stato spesso presente nelle esibizioni temporanee dell’adiacente Palazzo Reale e del Padiglione d’Arte Contemporanea, mentre altro aveva sede stabile in strutture quali Casa Boschi Di Stefano e la Galleria d’Arte Moderna, tutte con ovvia sede in Milano. Luoghi scarsamente visitati nonostante l’ingresso gratuito, forse perché non adeguatamente resi conoscibili al grande pubblico; lo stesso Museo del Novecento è gratuito (per i primi tre mesi di vita), ma grazie alla posizione privilegiata e per la grande campagna pubblicitaria che ne ha accompagnato l’apertura, accoglie quotidianamente un’enorme massa di visitatori. Inoltre, sradicando le opere dal contesto originario per convergerle in un’unica struttura, il fruitore può meglio comprendere gli sviluppi della produzione artistica, che finalmente si inserisce in un contesto organico che ben illustra il procedere continuo lungo un asse temporale ascendente qui reso fisicamente ascensionale.
Pure io, nostalgica della diffusione del patrimonio sul territorio e fautrice della ricerca capillare sul suolo dei singoli fenomeni artistici, devo dunque sottolineare il ruolo positivo che nell’ottica dell’apertura dell’Arte al grande pubblico questa istituzione può rivestire.
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