LA TURCHIA AL VOTO
Il 14 maggio il popolo turco è chiamato a decidere le sorti del proprio destino: molti sono i fattori e le conseguenze geopolitiche di questa scelta che ricadranno sull’intero palcoscenico degli equilibri mondiali.
L’attuale presidente Recep Tayyip Erdoğan avrà come sfidante un fronte compatto, un’opposizione unita, denominata il “Tavolo dei sei”, il cui candidato è Kemal Kılıçdaroğlu. La prima reale incognita risiede nell’effettiva unione di tutti gli “sfidanti”: il leader della coalizione è esponente del Partito popolare repubblicano (Chp) e, fino alla fine dello spoglio, nessuno può avere la certezza della reale compattezza delle intenzioni degli altri sostenitori che de facto compongono le file di altri micro-partiti.
Un altro fattore dirompente è dato dall’inflazione che sta subendo la lira turca: Erdoğan, già precedentemente al terremoto, si è largamente speso affinché la Turchia diventasse il principale fornitore di materie a basso costo dei ricchi Paesi del Golfo (gli accordi economici con l’Arabia Saudita sono solo il primo esempio in ordine temporale), ma dover affrontare uno shock valutario a pochi giorni dal voto avrebbe ripercussioni su qualsiasi governo.
Grande preoccupazione ha inoltre destato il malore accusato dal presidente nel corso di un’intervista televisiva a fine aprile: il ministero della salute ha prontamente smentito “dietrologie” catastrofiche e ha puntualizzato che l’accaduto è da ricondurre ad una semplice infezione gastrointestinale. Fonti non verificabili riportano un dato numerico: il mancamento ha avuto una tale portata mediatica sui social da essere seconda unicamente all’immagine del presidente che sul suo jet chiedeva un atterraggio sicuro nel corso del golpe sventato nel 2016.
Nel caso Erdoğan vincesse non avrebbe più la preoccupazione di una futura tornata elettorale, ma avrà come focus di interesse primario quello di lasciare una sua eredità al paese: è quindi “facile” ipotizzare che i suoi sforzi maggiori si concentrerebbero sulla politica interna. Se invece vincesse Kılıçdaroğlu la spinta propositiva maggiore sarebbe probabilmente focalizzata sugli equilibri di politica estera così da marcare un cambio di passo planetario.
La più grande incognita se vincesse lo sfidante risiederebbe nei rapporti con l’Unione Europea: in un passato prossimo, ormai quasi remoto, si era profilata l’ipotesi di un’annessione della Turchia alla grande istituzione del vecchio continente. I rapporti durante alcune fasi della presidenza Erdoğan possono essere definiti “tesi”, è difficile non ipotizzare che il nuovo eventuale leader decida di smarcare il paese da questa eredità. Difficilissimo sarebbe mantenere un equilibrio strategico con la Russia in caso si verificasse un riavvicinamento alle posizioni statunitensi.
Attualmente sembra comunque maggiormente realistico ipotizzare che la politica estera turca non subirà stravolgimenti al di là del vincitore. L’autonomia strategica della nazione è sicuramente un fattore di prioritario interesse del popolo che ha sempre subito e allo stesso tempo appoggiato il fascino dell’eredità ottomana, realtà che storicamente ha contrassegnato il destino di numerose nazioni.
Arianne Ghersi
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