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CORAGGIO E FEDE. INTERVISTA AD HANIEH TARKIAN

Qassem Soleimani viene presentato nei principali siti di ricerca online come parte dei Pasdaran, comandante della Forza Quds. Quali sono i passi salienti della sua carriera.

Il generale Qassem Soleimani nacque l’11 marzo 1957 in un paesino nella regione di Kerman, visse una vita molto semplice. Le sue attività rivoluzionarie iniziarono verso la fine degli anni Settanta, fu infatti uno dei principali organizzatori delle manifestazioni e degli scioperi nella città di Kerman durante il periodo che portò alla vittoria della Rivoluzione islamica. Nel 1980 entrò a far parte dei Guardiani della Rivoluzione (Pasdaran) e, con l’inizio della Guerra imposta all’Iran da parte dell’Iraq, quest’ultimo sostenuto dalle superpotenze, comandò le operazioni Wal-fajr 8, Karbala 4 e Karbala 5, quest’ultima è considerata la più importante operazione della Guerra imposta.

La guerra terminò nel 1988 e per Soleimani iniziò l’impegno in un nuovo campo di battaglia; quell’anno tornò a Kerman e si dedicò alla lotta ai contrabbandieri e agli spacciatori che esercitavano ai confini orientali. Nell’anno 2000, l’ayatollah Khamenei, Guida suprema dell’Iran, lo nominò comandante della Forza Qods. Tra le sue importanti imprese ricordiamo il rafforzamento di Hezbollah e dei gruppi di resistenza palestinesi, le cui capacità si manifestarono nella guerra dei 33 giorni di Hezbollah contro Israele e nella vittoria dei miliziani palestinesi nella guerra dei 22 giorni contro il ben equipaggiato esercito israeliano. All’epoca il generale Soleimani era praticamente sconosciuto a livello internazionale, comincerà ad essere noto per il suo ruolo nella lotta al terrorismo, nonché per il ruolo chiave nel rafforzare il sostegno iraniano ai gruppi di resistenza e liberazione presenti nel Medioriente, soprattutto in Siria, Iraq e Yemen. Il generale Soleimani ebbe un ruolo determinante nella lotta all’Isis in Siria e in Iraq: infatti i governi iracheno e siriano chiesero all’Iran di intervenire e di aiutarli nella lotta ai gruppi terroristici. Il generale Soleimani incoraggiò la formazione di milizie popolari – composte da volontari sunniti, sciiti e cristiani – in Siria e in Iraq. Grazie alla stretta collaborazione tra queste milizie, l’Esercito siriano e i Guardiani della Rivoluzione, la minaccia terroristica fu completamente ridimensionata, evitando la caduta di Damasco e di Baghdad. Il generale Soleimani inoltre si recò a Mosca e favorì l’intervento russo in Siria a fianco delle forze della resistenza contro il terrorismo. Proprio il ruolo avuto dall’Iran e dai Pasdaran nella lotta al terrorismo è il motivo per cui in questi giorni vediamo l’Unione Europea e gli Stati Uniti prendere in considerazione l’inserimento del Corpo dei Guardiani della Rivoluzione nella lista delle organizzazioni terroristiche. D’altronde non dimentichiamo che Stati Uniti e Unione Europea, attraverso la propaganda mediatica e politica, hanno sostenuto in Siria quelli che definivano “ribelli moderati”, anche se costoro si comportavano allo stesso modo dei tagliagole dell’Isis.

Coloro che avevano creato e sostenuto i gruppi terroristici, non ne potevano più di vedere i suoi successi nello sconfiggere e distruggere i loro burattini, per questo alla fine lo uccisero in un attentato il 3 gennaio 2020 nei pressi dell’aeroporto di Baghdad.

Quali sono le principali critiche dei detrattori al suo operato? Quali gli elogi dei sostenitori?

Sia in Iran sia all’estero molti criticarono il suo operato quando, su richiesta dei legittimi governi di Iraq e Siria, intervenne nella lotta al terrorismo e diede il suo sostegno alla resistenza palestinese e a Hezbollah; alcuni affermarono che avrebbe dovuto concentrare le energie sue e dell’Iran sulla soluzione dei problemi interni. Addirittura personalità importanti della Rivoluzione biasimarono Soleimani e gli dissero che essendo una persona onorevole, se si fosse recato in Siria, si sarebbe disonorato. Gli dissero che in quel campo di battaglia non solo non vi sarebbe stata speranza di una vittoria, ma che, al contrario, la sconfitta sarebbe stata certa. Egli stesso rispose in varie occasioni a queste accuse, prima di tutto evidenziando come Palestina, Libano e Siria fossero la prima linea del fronte della resistenza contro le forze nemiche, e se loro fossero cadute, sarebbe caduto tutto l’Asse della Resistenza (Asse della Resistenza è come vengono definiti i gruppi e gli Stati che lottano contro le ingerenze esterne e i tentativi di destabilizzazione nella regione), inoltre se la minaccia terroristica e l’estremismo ideologico dei gruppi terroristici, definiti da Soleimani stesso una peste, non fossero stati fermati, presto sarebbe stato l’Iran ad essere travolto dalla loro furia. Quindi difendere Siria, Palestina e Iran per Soleimani corrispondeva al difendere l’Iran e gli interessi nazionali, in questo modo inoltre si sarebbe mantenuta la stabilità della regione, e questo è il motivo per cui era particolarmente apprezzato sia in Iran che all’estero: era stato in grado di ridimensionare la minaccia terroristica, di unire le forze di vari battaglioni, composti da sunniti, sciiti e cristiani, e da varie nazionalità, siriani, iraniani, libanesi, afghani, azeri, pakistani che combattevano fianco a fianco contro i gruppi terroristici, nonché di aprire ponti diplomatici e di incoraggiare la presenza della Russia nella lotta al terrorismo. Diede speranza ai popoli e alle minoranze come quelle cristiana e yazidi, salvaguardando le loro comunità. Inoltre Soleimani era apprezzato perché era un individuo semplice, incontrava la gente, scherzava e parlava con giovani e bambini, si recava spesso in visita alle famiglie dei martiri, non si considerava affiliato a nessun gruppo politico, sosteneva che tutti erano “figli della nazione”.

Sembra che Soleimani avesse stretto fortissimi legami, anche personali, con Bashar Al Assad e che abbia avuto un ruolo determinante nella sconfitta dell’Isis; ciò non sembra emergere nelle notizie internazionali. Nel libro ovviamente descrivi dettagliatamente questo aspetto poco conosciuto, come potremmo descrivere il suo operato?

Soleimani e Assad sono uomini dell’Asse della Resistenza, essere uomini dell’Asse della Resistenza significa essere sempre in prima linea. Vi è un estratto del libro da me curato che mi colpì molto quando lo tradussi e che può chiarire bene come la forza dell’alleanza e dell’amicizia tra due persone sia determinata da vari fattori, in questo caso il coraggio della presenza nella prima linea del fronte: “Probabilmente mancavano poche ore e, forse, neppure quelle, e la città sarebbe caduta in mano ai takfiri. Damasco era circondata e stava per capitolare. In qualsiasi momento avrebbero potuto conquistare la città e poi arrivare al centro della capitale. Bashar al-Assad aveva inviato un messaggio dal palazzo presidenziale all’ambasciata iraniana invitando il personale a salvare subito le proprie vite tornando in Iran. In quella confusione, tra paura, terrore e ansia che avevano soverchiato tutto e lasciato i più senza speranze, atterrò l’aereo Teheran-Damasco. Era un volo che avrebbe portato via gli iraniani da Damasco. Tutti tornavano in Iran, solo uno era appena arrivato. Là all’aeroporto molti videro il generale Soleimani con i propri occhi. Haj Qassem [Soleimani] era venuto per incontrare Bashar al-Assad. Dissero che non era il momento adatto, che non era possibile. Lui insistette e nonostante tutti i pericoli si diresse verso il palazzo di Assad. Si sedettero insieme per parlare. Prima di tutto chiese della situazione a Damasco e delle ultime novità dalla città. Poi disse: ‘Lei vuole rimanere oppure no? Se rimane, anche noi saremo con lei e resisteremo, altrimenti lasceremo Damasco’. Bashar era lui stesso uomo della Resistenza. ‘Voglio rimanere’, ‘Allora lascia che la tua famiglia vada’, ‘Anche la mia famiglia rimane con me’. I media continuavano ad affermare che Damasco stava per cadere completamente, tuttavia sia Assad sia Haj Qassem Soleimani rimasero”.

I soldati in una battaglia sono fortemente influenzati dal comportamento dei loro comandanti e leader, se questi ultimi sono coraggiosi e mantengono la posizione, anche i soldati lo faranno, pensiamo alla notevole differenza tra questo approccio e quello che invece hanno i comandanti nelle guerre moderne, dove guidano le operazioni militari lontano da rischi e pericoli.

È morto a causa di un attacco di un drone per mano degli Usa. Perché eliminarlo e quali sono state le conseguenze?

Considerato che l’assassinio di Soleimani non ha fatto altro che rendere ancora più apprezzata e conosciuta la sua figura, non posso che pensare a un errore strategico, ossia la necessità di un’azione veloce e poco dispendiosa per indebolire l’Iran e i suoi alleati, tipico dell’approccio americano dei repubblicani (l’ordine fu dato direttamente da Trump), che vogliono mantenere l’egemonia americana – ma senza troppi sforzi e costi – in politica estera, come avvenne anche nel momento in cui venne stracciato l’accordo sul nucleare. Probabilmente questo errore strategico è stato causato anche da una conoscenza e da una comprensione limitata dei fondamenti ideologici delle nazioni e dei gruppi legati all’Asse della Resistenza: la morte non è la fine, bensì un nuovo inizio, il martirio non è la fine di una rivoluzione o di un movimento, ma il rafforzamento dello stesso. Quando viene ucciso un eroe che difende degli ideali, non si fa altro che incoraggiare i suoi seguaci a imitarne l’esempio. Questi concetti non possono essere compresi da chi ha una visione limitata e materialistica della vita. Il generale Soleimani stesso, parlando del fatto che presto sarebbe potuto cadere martire, affermò: “L’influenza che ha oggi il mio sangue non l’avrà in futuro, l’influenza che ha oggi il mio sangue tra i giovani, non l’avrà in futuro”.

Arianne Ghersi

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