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LE INTERVISTE TALEBANE: DAVIDE PICCARDO – prima parte

L’Islam non è riconosciuto come religione dallo stato italiano. Credi che il fatto che non ci sia una versione del Corano univoca in tutto il mondo sia parte del problema?

Nella domanda ci sono alcune complessità/inesattezze.

In Italia non esiste una distinzione tra religioni riconosciute o non riconosciute. Secondo il nostro schema costituzionale esistono delle confessioni che hanno stipulato delle intese con lo Stato. Il nostro sistema è figlio del concordato (Patti Lateranensi risalenti a Mussolini), nasce così la “visione concordataria”; per analogia nella costituzione repubblicana sviluppa un modalità “pattizia”.

La libertà religiosa esiste, alle religioni spettano determinati diritti, ma lo Stato si rapporta con le confessioni (dotate di un certo tipo di rappresentanza) e si stipulano delle intese.

Il concordato è unico nel suo genere, anche per i diritti che garantisce alla controparte e genera un’anomalia: disciplina i rapporti dei cittadini cattolici italiani in un patto tra due stati (il Vaticano).

Successivamente vengono stipulate intese con la comunità ebraica, i buddisti (con tre correnti diverse), gli induisti, i valdesi e altre ancora. Per quanto riguarda i musulmani si è sempre utilizzato il discorso inerente all’unità sostanzialmente come “scusa” per non stipulare l’intesa. È un falso dilemma dato che i buddisti ne hanno stipulato tre diverse; il problema è politico: non si è mai voluto veramente riconoscere l’intesa ai musulmani.

L’intesa regola alcuni diritti molto specifici, ma ci sono altri diritti fondamentali che già sono garantiti ai cittadini di ogni fede religiosa indipendentemente dal fatto che la loro confessione abbia o meno l’intesa con lo stato. Ad esempio, si ha il diritto alla preghiera pubblica ed associata e ad avere luoghi di culto, ciò è garantito dall’art. 19 della Costituzione.

Ci troviamo davanti al fatto, per esempio, che alcune confessioni abbiano problemi ad ottenere luoghi di culto nonostante la stipula dell’intesa, come nel caso degli induisti.

Noi musulmani riusciamo, nonostante le infinite problematiche (principalmente norme di carattere regionale), ad avere dei luoghi di culto.

Abbiamo circa 1200 centri culturali che, di fatto, sono moschee, i luoghi di culto veri e propri sono un numero molto esiguo.

Non esistono più versioni del Corano: è uno, unico ed immutabile in qualsiasi paese. Se visioniamo le prime antichissime copie manoscritte e le confrontiamo con quelle che sono in stampa oggi non cambia neanche una virgola. Quello che differisce è l’interpretazione del testo: è un mondo molto vario e variegato come d’altronde lo è quello cristiano dove troviamo le tre grandi famiglie (cattolici, protestanti, ortodossi con, al loro interno, numerosissime correnti); stiamo parlando di credi che rappresentano ognuna quasi due miliardi di persone nel mondo.

I musulmani sono tutti concordi su quelli che sono i pilastri dell’islam, i profeti e gli aspetti fondanti; sull’interpretazione invece di determinati aspetti ci sono quattro scuole giuridiche, ma anche movimenti di rinnovamento religioso con piccole differenze dottrinali (senza contare la differenza tra mondo sunnita e sciita).

Nell’ambito politico troviamo altre numerosissime diramazioni, ma questi aspetti devono essere tenuti in conto non solo per l’islam perché esistono anche negli altri principali monoteismi.

Ogni religione deve “fare i conti” con la modernità di ogni singolo stato. Quali sono i punti “forti” e quali quelli “deboli” dell’Islam nella piena integrazione della realtà italiana?

Bisogna innanzitutto capire se ci si vuole integrare o se alcune cose della società vanno cambiate.

Riconosciamo tutta la missione profetica da Abramo in poi (passando per Mosè e Gesù).

Tutti i profeti, compreso Mohammad che noi riconosciamo come l’ultimo, sono stati inviati per correggere le storture della società che si era allontanata da Dio e, allontanandosi, prendeva le distanze dalla verità e dalla giustizia con il proliferare di una gran quantità di piaghe sociali. Se vediamo la missione profetica, sappiamo bene che Mosè ha ricevuto l’ordine da Dio di andare a salvare il suo popolo dalla dittatura dei faraoni (oggi diremmo che violava i diritti umani) e ha dovuto opporsi al tiranno, ha dovuto confrontarsi con quella che era la società e le credenze dell’epoca in maniera molto netta.

La stessa cosa è avvenuta per Gesù che profetizza in ambito ebraico, va a predicare dentro le sinagoghe e va dire “avete dimenticato il messaggio di Dio, siete sulla strada sbagliata”, Gesù viene perseguitato per questo. Mohammad, quando riceve la rivelazione si trova alla Mecca, in una società tribale in cui vige la legge del più forte, in cui c’è l’idolatria, in cui conta solo il materialismo, in cui si vende la fede per il denaro, in cui le donne sono sottomesse e non hanno nessun diritto, in cui le figlie femmine vengono sotterrate vive, in cui c’è l’usura, c’è la violenza, c’è la schiavitù e tutto quello che viene a dire Mohammad è “io sono qui per ristabilire la volontà di Dio e per mettere fine a tutte queste ingiustizie perché la via di Dio è una via di giustizia, di pace”.

Le religioni non devono quindi fare uno sforzo adattativo rispetto a quello che è la cosiddetta modernità, sono in relazione con il contesto.

Ti faccio un esempio pratico: i bambini a scuola. Se deve essere festa al venerdì per i musulmani, al sabato per gli ebrei, alla domenica per i cristiani, come si può organizzare efficacemente un ciclo di studi?

Se vogliamo parlare di diritti alla pratica religiosa come cittadini musulmani o di altre fedi è un conto, se vogliamo esaminare questioni più ampie in termini valoriali dobbiamo chiederci cosa apporta la fede nella società, bisogna interrogarsi su cosa sia la modernità attuale. Ritengo che la modernità sia figlia dell’illuminismo per il quale Dio non esiste, tutti coloro che vogliono inserire o riportare Dio nella società vengono percepiti, visti e rappresentati come dei retrogradi.

Bisogna trovare dei nuovi assetti.Nella società europea, la maggioranza delle persone pensa di essere il centro del mondo, non ci “paragoniamo” e non abbiamo coscienza di ciò che succede nelle altre parti del globo e di ciò che è avvenuto nella Storia. Parlando come minoranza religiosa, noi europei non teniamo in conto che siamo una società che non è per niente abituata al pluralismo religioso, è un fenomeno che avviene negli ultimi trent’anni perché nel vecchio continente non si è mai accettata la diversità religiosa tanto che i protestanti e i cattolici non potevano vivere insieme e si sono combattuti. Nel momento in cui si è deciso che in ogni luogo doveva esserci un capo di stato/principe della stessa fede del suo popolo, non c’era possibilità di coesistenza religiosa. Gli ebrei hanno sempre fatto una brutta vita, fino ad arrivare alle persecuzioni che si sono protratte nei secoli, culminate poi nell’Europa orientale con i pogrom e nell’Europa occidentale con la persecuzione nazista della seconda guerra mondiale.Non c’è stato un pluralismo religioso: quando c’è stata la Reconquista della Spagna e dell’Andalusia, dove gli ebrei vivevano sotto il dominio islamico, i musulmani sono stati cacciati e gli ebrei o si sono convertiti coercitivamente al cristianesimo o sono dovuti scappare in Nord Africa per essere ospitati dai musulmani che, invece, concepivano la coesistenza religiosa.

Oggi, traslato questo problema nel discorso della modernità e dell’illuminismo, vediamo lo stesso identico problema: chi è diventato maggioranza, chi è mainstream in termini di pensiero progressista, non accetta la diversità. Sbandierare la tolleranza, la coesistenza, l’accettazione della diversità è totalmente falso in Occidente. Ci sono molti partiti, in teoria puoi dire quello che vuoi, ma nel momento in cui tocchi i pilastri di una determinata concezione, vieni bandito, rovinato, lo vediamo negli Stati Uniti; non si possono mettere in discussioni alcune cose in ambito scientifico, nella concezione sessuale (sessualità, minoranza Lgbt). Ci sono dei “dogmi” e se sei uno che non conta niente puoi dire quello che vuoi, ma se fai parte dello star system o in politica non ti puoi azzardare a dire determinate cose perché vieni boicottato.

A livello pratico, parliamo di una società che si deve abituare al fatto che ci sia una differenza e che essa porti delle conseguenze; bisogna trovare dei nuovi assetti, nuovi modi di vivere le cose e questo sforzo deve essere fatto da tutti: sia dalla società che è maggioritaria, sia da parte delle minoranze. Il musulmano e la giurisprudenza islamica fanno uno sforzo adattativo in base ai contesti e le regole si applicano di conseguenza (possono subire delle variazioni). Ad esempio, noi dobbiamo digiunare dall’alba al tramonto nel periodo di Ramadan però se si vive in Islanda e capita nel periodo estivo si va incontro ad un numero di ore di luce maggiore; ci sono stati dei pareri giuridici (fatawa, plurale di fatwa) e si è stabilito che chi risiede in quelle zone può prendere come riferimento l’orario di un altro paese.

Se si è in viaggio possono essere accorpate le preghiere, in casi particolari dovuti a reali necessità si può non digiunare e recuperare successivamente. Per quanto riguarda la carne halal, noi abbiamo una macellazione rituale simile a quella degli ebrei però visto che in Occidente questo tipo di carne è difficile da reperire, molti sapienti hanno concesso di mangiare anche quella che non è stata soggetta a quel rito purché siano rispettate determinate condizioni.

Abbiamo l’impossibilità di usare qualsiasi tipo di usura, è completamente vietato qualsiasi interesse anche minimo sul denaro. Sarebbe quindi impossibile pagare gli interessi imposti dalle banche per la concessione di un mutuo, ma alcuni sapienti (altri si oppongono ugualmente) hanno autorizzato ciò data l’esigenza di garantire un’abitazione stabile alla famiglia; rimane fermo il divieto di incassare interessi.

Abbiamo dei centri culturali dove andiamo a pregare, ma tante volte non bastano. Si è ovviato al problema decidendo vari “turni” per la preghiera del venerdì (anche se sarebbe una sola funzione) per dare la possibilità di pregare a tutti i credenti.

Ci sono delle regole, ma ci sono degli adattamenti che il diritto opera per dare la possibilità alle persone di praticare la propria fede nei diversi contesti. ( CONTINUA LUNEDI’ )

Arianne Ghersi

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