MEDIO ORIENTE, LA “SETTIMANA DELLA PACE”
L’Afghanistan è ormai sparito dalle cronache mondiali e il silenzio facilita il riconoscimento, ufficiale o non, dei Talebani. Una delegazione dei nuovi “regnanti” è stata ospitata al Forum economico internazionale di San Pietroburgo (SPIEF). Il capo della Camera di Commercio e Industria afghana, Mohammadunis Hossain, ha espresso pubblicamente l’intenzione del suo paese di intavolare accordi commerciali con la Russia: nello specifico viene offerto al Cremlino l’esenzione dai dazi doganali e l’acquisto di 2 milioni di tonnellate di grano. Il 14 giugno il ministro degli Esteri russo, Sergej Viktorovič Lavrov, ha annunciato l’esistenza di una possibilità di riconoscimento dell’autorità talebana (ad oggi il nuovo governo afghano non ha ottenuto il riconoscimento formale dal Cremlino). Altri paesi come Emirati Arabi Uniti, Arabia Saudita e Turchia hanno posto le basi per un dialogo con l’Afghanistan. Ad inizio giugno Ahmed Ali al-Sayegh (ministro di Stati degli Emirati Arabi Uniti) ha perorato la causa afghana, proponendo una maggior profusione di sforzi atti alla risoluzione della grave crisi umanitaria, con Thomas West (rappresentante speciale degli Stati Uniti per l’Afghanistan). Per la prima volta dopo 40 anni è decollato un volo da Kabul diretto a La Mecca per trasportare 350 pellegrini afghani intenzionati a compire la Hajj (pellegrinaggio rituale islamico). Inoltre il Fondo fiduciario umanitario dell’Afghanistan ha ricevuto un ingente finanziamento da parte di una banca con sede a Jeddah. Il vice Chief Executive Officer (CEO) di un’importante azienda energetica cinese ha incontrato a Pechino Sayed Mohiuddin Sadat (responsabile degli affari afghani). Il manager ha dimostrato grande interesse nell’investire nei settori elettrici ed idrici in Afghanistan.
Naftali Bennet (Primo ministro di Israele) ha recentemente incontrato ad Abu Dhabi Mohammed bin Zayed (presidente emiratino). Gli argomenti trattati sono stati sicuramente la crescente preoccupazione verso la strategia iraniana (l’accordo nucleare Jcpoa e le attività dei Pasdaran), gli effetti del conflitto ucraino e, in nome del recente accordo di libero scambio siglato dai due paesi, lo studio di nuove strategie commerciali.
La Russia ha usato il Forum economico internazionale di San Pietroburgo (SPIEF) per cercare nuovi consensi o rinsaldare antichi legami. Gli effetti del conflitto si ripercuoteranno principalmente sull’area Mena (Middle East and North Africa) e rischieranno quindi di affossare l’economia di un paese fondamentale come l’Egitto (è il principale acquirente di grano al mondo, la gran parte è stata in passato venduta dall’Ucraina). Il Cairo occupa un ruolo strategico di primaria importanza e il Cremlino ne è consapevole: il paese dei faraoni ha una dimensione demografica che si aggira sui 100 milioni di abitanti ed è attore principale in molti scenari internazionali come la Libia. L’importanza dell’Egitto nello scacchiere mediorientale è stato ben compreso dai corregionali, tanto che è stato varato congiuntamente un piano di circa 22 miliardi di dollari a favore del governo di Al Sisi da parte di Emirati Arabi Uniti, Qatar e Arabia Saudita.
Il 19 giugno in Siria ha preso servizio il nuovo ambasciatore del Bahrein, Waheed Mubarak Sayyar. Il paese, dopo una guerra civile decennale, sta tornando a riprendersi lo spazio dovuto nello scacchiere regionale e riprova di ciò è il fatto che la quasi totalità dei Paesi del Golfo stanno intessendo legami sempre più stretti con Damasco. L’obiettivo è infatti allontanare la Siria dall’influenza iraniana che ha sostenuto il governo di Assad durante il conflitto.
La scorsa settimana può essere definita come la “settimana della pace”. Le visite ad alcuni stati sono state fondamentali: Mohammed bin Salman (principe ereditario saudita) ha incontrato Recep Tayyp Erdoğan (presidente della Turchia), Tamim bin Hamad al-Thani (emiro del Qatar), Abdel Fattah al Sisi (presidente Egitto), Abd Allah II (re della Giordania).
Il Qatar, dopo la frattura dovuta ai legami con Teheran e l’accusa di “spalleggiamento” del terrorismo, è stato recentemente riammesso al Consiglio di Cooperazione del Golfo (GCC).
L’erede al trono saudita ha voluto far visita ai paesi strategici (e potenzialmente fragili) del Medio Oriente prima che lo facesse Biden; l’obiettivo è quello di poter garantire al regno un ruolo come interlocutore privilegiato. Per quanto concerne la Giordania, il tentativo diplomatico assume un sapore particolare: nel 2021, dopo che il fratellastro del re tentò di ordire un colpo di stato, fu coinvolto Bassem Awadallah (ex capo della Corte reale hashemita) che aveva prestato servizio come consigliere di Mohammed Bin Salman.
Questo caotico quadro di alleanze e rappacificazioni ci spinge a dedurre come il conflitto Russia-Ucraina stia dando modo ad altre autorità statali di riorganizzarsi. Soprattutto l’Egitto, se non venisse aiutato dai ricchi Paesi del Golfo, cadrebbe vittima di una crisi idrica (la diga Gerd è l’ultimo tassello che aggrava una situazione drammatica), alimentare (il grano ucraino è di primaria importanza) ed economica (Al Sisi sta compiendo numerosi passi per ammodernare il paese, ma questo ha esposto le casse dello stato) senza ritorno. Il reale rischio è che siano salvati solo i “paesi utili” e che le nazioni meno strategiche del Nord Africa siano lasciate in balia del terrorismo e delle proteste. L’Europa dovrà fare i conti con una nuova ondata migratoria senza precedenti e, se le autorità europee non dimostreranno maggior capacità pragmatica, si potrebbe realmente arrivare al collasso del vecchio continente.
Arianne Ghersi
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