Ultime notizie

TUNISIA, SVOLTA AUTORITARIA?

(141025) -- TUNIS, Oct. 25, 2014 (Xinhua) -- A security guard looks out from the entrance of a conference hall in the media center for 2014 Tunisian parliamentary elections in Tunis, capital of Tunisia, on Oct. 25, 2014. Tunisian parliamentary elections will be held on Sunday. (Xinhua/Pan Chaoyue)

Ad 11 mesi dalla sospensione del Parlamento tunisino (avvenuta il 25 luglio 2021) non ci sono segnali di una normale ripresa delle attività. Anzi, il Presidente Kais Saied ha sciolto l’organo legislativo, presieduto dal suo principale rivale Rached Ghannouchi (leader di Ennahda), il 30 marzo 2022 e ha rimosso dal suo ruolo Hicham Mechichi (premier).

Le prime reazioni a quanto avvenuto sono scaturite dalle Nazioni Unite e dagli Usa: sono state sollevate forti preoccupazioni verso l’unico paese che ha drasticamente cambiato la propria politica interna successivamente alle cosiddette “Primavere Arabe”. Ned Price (portavoce del Dipartimento di Stato Usa) e Farhan Haq (portavoce del Segretario generale delle Nazioni Unite) ha espresso pubblicamente le proprie perplessità e ha provveduto a sollecitare più volte le autorità tunisine affinché ogni decisione sia presa in maniera democratica, a seguito delle necessarie consultazioni, così da non rendere il presidente l’unico capace di intraprendere azioni concrete.

Lo scioglimento del Parlamento da parte di Kais Saied è avvenuto in seguito ad una riunione “segreta” tenutasi in videoconferenza tra i parlamentari: ciò è stato interpretato come un tentativo di colpo di stato o comunque una forma di cospirazione per destabilizzare la sicurezza dello stato.

Kais Saied sa avvalersi degli strumenti giuridici in suo possesso per trovare legittimità al suo operato:

– l’art. 72 della Costituzione tunisina contempla lo svolgimento delle elezioni legislative in un periodo variabile tra i 45 e i 90 giorni dalla data del provvedimento che scioglie il Parlamento. Queste elezioni sono state promesse dal presidente già ad inizio anno, dovrebbe quindi essere solo una conferma delle intenzioni espresse

– l’art. 80 della Costituzione tunisina consente al presidente l’esercizio di poteri eccezionali in caso di “pericolo imminente” per l’autorità statuale e la sua funzionalità per un periodo di trenta giorni, ha ora la possibilità di governare per decreto durante il periodo di transizione che terminerà quando proporrà una nuova costituzione che dovrà essere approvata per mezzo di consultazione popolare.

Dalla riunione “segreta” è emerso che 116 deputati su 217 hanno votato affinché siano annullati i decreti del presidente dato che, de facto, conferiscono potere assoluto in capo ad esso. Ghannouchi, in un’intervista concessa ad Al-Jazeera, ha più volte sottolineato la portata della decisione di Saied perché, a suo avviso, essa rappresenterebbe una minaccia per lo stesso stato.

Non solo Ennahda, ma anche altri importanti attori dello scenario politico tunisino si sono schierati contro quanto deciso: Moncef Marzouki (ex presidente) ha invitato i deputati ad ignorare lo scioglimento e ad intraprendere ogni azione per arrivare ad un quorum capace di rendere Said impossibilitato a prendere altre arbitrarie decisioni. La stessa posizione è stata consigliata dagli esponenti del partito Corrente Democratica tunisina. Il 18 giugno il Partito Destouriano Libero (Pdl), capeggiato da Abir Moussi, ha guidato un’importate manifestazione nella capitale per esprimere la contrarietà allo svolgimento del referendum sulla costituzione previsto per il 25 luglio.

Quanto avvenuto a marzo è solo l’ultimo episodio che spinge a sospettare che la Tunisia si stia trasformando in un’autocrazia; dallo scorso anno il presidente ha congelato la camera, ha cambiato il primo ministro, ha rifiutato la Costituzione varata nel 2014 (di cui egli stesso era promotore), ha destituito il Consiglio superiore della magistratura.

Il dissenso politico però sembra non coincidere con quello sociale, pare infatti che l’operato del presidente sia apprezzato dalla popolazione.

Mentre potrebbe essere soggettiva ogni valutazione politica, appare però incontrovertibilmente disastrosa la situazione economica del paese. Nel 2021 lo stato ha registrato un debito pubblico che ammonta a 107,8 miliardi di dollari (circa l’85,8% del Pil); dai dati emerge chiaramente il costante deterioramento economico della Tunisia rispetto agli anni precedenti.

Le prossime settimane saranno determinanti per capire quale piega prenderà lo stato nordafricano che maggiormente viene percepito come “limitrofo” all’Italia. Indubbiamente Ennahda, accusato di essere finanziato da attori internazionali dalle “dubbie intenzioni”, cercherà di tornare protagonista. Sarà responsabilità di Kais Saied ricordare gli errori di Ben Ali e far sì che le mosse accentratrici siano solo un mezzo per giungere ad una vera rappresentanza politica e non un modo per garantirsi un potere che “sicuro” non può dirsi.

Arianne Ghersi

Rispondi

%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: