QUESTA GUERRA E’ UNA SCONFITTA PER L’ EUROPA
Mi sono trattenuto dal fare analisi sulla recente situazione di guerra in Ucraina perché credo che per farne una con qualche pretesa di credibilità occorra necessariamente avere un certo distacco e una buona quantità di informazioni per non cadere nella propaganda.
Per quanto sembri paradossale, su questo conflitto abbiamo molte meno informazioni e quindi possibilità di analisi di quante ne avessimo sulla Siria. Per di più queste notizie arrivano in modo quasi esclusivo da parte ucraina, cosa che non aiuta ad avere una visione completa ed esaustiva degli eventi in corso.
Una riflessione, tuttavia, occorre farla: in quello che è l’ambiente culturale da cui provengo (e anche qui, come vogliamo definirlo? Di destra sociale? Identitario?) un tema costante è sempre stato il rilancio dell’Europa come realtà politica, con una sua propria area di influenza, una sua specificità e un’ autonomia dalle potenze extra Europee.
Tradotto nella realtà politica: per alcuni il sogno di un’ Europa Nazione, per altri la visione di un vero e proprio impero unito da Lisbona a Vladivostok, abbastanza forte da essere autonomo dalle superpotenze di Washington e Pechino.
Va da sé quindi che, con tutte le idee e le simpatie che uno può avere, sicuramente bisogna convenire che per chi ha una visione di questo tipo una guerra nel cuore dell’Europa tra popoli europei è una sconfitta. Per giunta tra realtà che hanno al loro interno una forte componente identitaria.
Fa anche un certo effetto vedere ragazzi che si armano e partono per difendere la propria terra e le proprie tradizioni quando qua sembra che l’impegno sistematico da parte delle presunte élite culturali sia proprio distruggere ogni forma di elemento di identità, a livello linguistico (la neolingua neutra), sessuale (genderfluid) e nazionale (no borders).
Ma torniamo all’Europa. È evidente che per il Vecchio Continente sia meglio avere dei rapporti quanto meno di buon vicinato con la Russia, sia per avere le ragioni economiche e di risorse energetiche sia per il fatto che avere una potenza ostile ai propri confini orientali non è mai una bella prospettiva.
Tuttavia, in questa occasione le politiche europee sono sembrate miopi persino per gli standard di un’istituzione come la UE, che ha fatto della miopia in politica internazionale uno dei suoi tratti distintivi. Al lessico solitamente moderato e diplomatico di Bruxelles se ne è sostituito uno insolitamente aggressivo e ostile nei confronti della Russia, di fatto vanificando anni di rapporti intessuti con Mosca, di fatto appiattendosi sulle posizioni della Nato. Almeno ufficialmente.
L’Italia, che era notoriamente uno di quelli con le migliori relazioni con Putin, per bocca di Draghi ha rescisso nettamente ogni legame, di fatto pregiudicando un possibile ruolo di mediazione che sarebbe stato naturale per il nostro paese, alla luce delle sue relazioni con il Cremlino. Non così è stato però altrove: dopo le parole di fuoco uscite dal Parlamento Europeo almeno due attori hanno intrapreso sottotraccia una linea più morbida: il tedesco Scholz e, soprattutto, Macron, che in questo modo si è affermato come il principale interlocutore del Cremlino in Europa.
A prescindere di come la si possa pensare su Putin, anche ammettendo per assurdo che sia un pazzo sanguinario che invade paesi a caso come sostiene una certa narrativa, è ovvio che per porre fine a questo conflitto si debba far leva sulla diplomazia (a meno che non si voglia invadere la Russia -scatenando così un conflitto nucleare- o organizzare un colpo di stato interno su modello delle primavere colorate, ma anche quest’ultimo scenario è destinato a portare una destabilizzazione di livello tale che le conseguenze non sarebbero prevedibili), per cui mantenere aperti canali diplomatici è fondamentale.
Altrimenti il ruolo di mediatori dovrà essere delegato a realtà non europee: Turchia e Israele, con conseguente ulteriore perdita di centralità e di potere politico.
L’Europa dovrebbe agire perciò come attore protagonista in questo scenario per conseguire il comune interesse europeo: pacificare il continente.
Viceversa, vediamo un continente che a livello ufficiale non assume posizioni autonome preferendo agire come dependance della Nato, anche quando queste non ci convengano, per poi lasciare la linea della diplomazia all’iniziativa di singoli capi di Stato.
In definitiva, comunque andrà questa guerra, l’Europa ne uscirà sconfitta.
Andrea Campiglio
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