Oggi si vola – Marco Petrelli e il suo “A difendere i cieli d’italia”
“Eravamo lassù a difendere i cieli d’Italia” gli hanno ricordato i piloti dell’Aeronautica Nazionale Repubblicana (aviazione della RSI, nda) ogni volta che li intervistava.
Umbro, trentuno anni e una laurea in storia contemporanea, Marco Petrelli è il giornalista autore di “A difendere i cieli d’Italia”*, libro che racconta vicende e persone finite nell’oblio al termine della Seconda Guerra Mondiale.
Petrelli, perché parlare dell’ANR oggi?
La domanda è un’altra: perché non averlo fatto prima? E non lo chiedo io: questo quesito mi è stato spesso rivolto dai piloti, ultranovantenni, dell’Aeronautica Nazionale Repubblicana.
Una storia ufficiale dell’ANR la sua?
No, direi invece un diario di viaggio tra i reduci di un’avventura dimenticata. Narrare l’intera storia dell’aviazione di Salò è forse impossibile: parte del materiale documentario è andato distrutto al termine del conflitto o si è perso negli anni dopo il 1945. Alcuni prima di me hanno scelto di ricomporre il mosaico dell’ANR, da parte mia ho preferito intraprendere un’altra strada: quale giornalista ho intervistato i testimoni viventi di quel periodo, dando loro voce attraverso questo libro.
E cosa le hanno raccontato?
Di aver fatto il loro dovere. Erano soldati e i soldati non si battono per un’ideologia, bensì per difendere il proprio Paese e la propria gente. Ed è ciò che i ‘personaggi’ di A difendere i cieli d’Italia hanno fatto. Poi, la sconfitta della RSI, lo scioglimento dei reparti, le epurazioni (alcune delle quali culminate in feroci assassinii), la perdita del grado e delle decorazioni nella ‘nuova’ Aeronautica Miliatare e l’oblio.
Dimenticati perché fascisti?
Vede, analizzato a posteriori l’8 Settembre 1943 ha avuto intepretazioni diverse: per alcuni è stato il momento di riscossa della Patria, per altri il momento più basso della Storia nazionale. Nel corso dei 45 giorni del Governo Badoglio l’Italia, malgrado fosse in contatto con le forze alleate, ha continuato a combattere gli anglo-americani che mitragliavano e bombardavano città e popolazione. Mussolini era caduto, ma la missione dei piloti restava la stessa: proteggere la Penisola dalle incursioni nemiche. E per chi aderì a Salò affrontare i “Bomber Squadron” continuò ad essere un dovere. Ideologia a parte.
Ma la Seconda Guerra fu anche conflitto ideologico…
E così arriviamo al nocciolo della questione. L’ideologia ha contribuito non solo ad offuscare il giudizio critico sulla storia d’Italia tra il 1943 e il 1945, ma ha anche intaccato quella concezione di Patria per la quale gli aviatori della RSI e uomini della Resistenza si sono battuti. Le faccio un esempio: il pilota della Repubblica Sociale che affronta le ‘fortezze volanti’ e il partigiano della Osoppo Friuli che si oppone ai disegni di annessione del Maresciallo Tito sul Confine orientale sono così diversi? No, poiché sono entrambi militari, hanno una divisa e un codice d’onore e credono in un Paese unito, indipendente, integro territorialmente. ‘Fascista’ e ‘antifascista’ sono termini desueti, utili solo a fomentare una diatriba che di storico ha poco e nulla e che presta il fianco alla strumentalizzazione politica, cortina fumogena sull’obiettività delle analisi.
Vuol dirci che non esiste una differenza tra chi sostenne la RSI e chi la combatté?
Voglio dire che la Guerra civile italiana è una pagina di Storia ancora da raccontare e per far ciò occorrono lucidità, freddezza, criterio. Furono decine di migliaia i ragazzi (e anche le ragazze) che aderirono a Salò e non solo per il timore dei ‘bandi Graziani’. Cerchiamo di capire il perché questi italiani scelsero volontariamente la ‘parte sbagliata’, tralasciando le farneticazioni di diciannovenni con la tessera di ‘partigiano’ e dei loro coetanei che alternano la pinta di birra al saluto romano.
Frank Valli
Rispondi