Una chiccherata con MASSIMO FINI
Giorni addietro i ragazzi di Sintesi hanno incontrato Massimo Fini, qui di seguito il resoconto della serata.
Di Andrea Carbone.
La chiacchierata inizia con un argomento di stretta attualità cioè sui dubbi della tenuta del Governo italiano. Scopriamo un Massimo Fini convinto che Berlusconi abbia sicuramente dimostrato di avere molte vite, e che nessuno possa dire con certezza se cadrà il Governo, e neppure il contrario. Continua identificando l’ago della bilancia con la Lega, una Lega che si è già snaturata nell’allearsi con lui, specie con riferimento alle sue posizioni filoamericane, e che per questo motivo forse vede allentarsi la presa sull’elettorato.
Si passa poi ad alcune considerazioni su Steve Jobs, la cui figura è considerata dal giornalista come valida fin quando egli rimane un ragazzo con la passione dell’informatica che coltiva nel garage di casa. Citando il proprio articolo in proposito, ricercabile sul Fatto Quotidiano, racconta di essersi azzardato a paragonarlo a San Francesco, che è veramente geniale nel suo opporsi al sistema e allontanandosene definitivamente, mentre il fondatore della Apple si limita ad uno scontro meramente iniziale.
Di qui ad una discussione sull’attuale modello tecnocratico il passo è breve. In una analisi originale Fini sostiene che nel diciottesimo secolo era senz’altro condivisibile una fiducia cieca nel progresso, che fattualmente elevato di molto, in una finestra temporale ridotta, le condizioni di vita dell’uomo. Segue pero’ una sottolineatura del passaggio da tecnica come strumento a tecnica come fine autoreplicantesi: siamo forse giunti a delegare anche la sfera del pensare alla scienza. Considerazione definitiva è che ad oggi una fede totale nel progresso è già sorpassata, inattuale.
Procedendo poi verso orizzonti più economici della discussione la profondità delle considerazioni cresce ulteriormente. Muovendo le mosse dalla constatazione che il capitalismo estremizzato attuale ha dalla sua due caratteristiche fondamentali, effettualità (esistenza) ed efficacia (percezione di efficacia, meglio), Fini propugna, come leva da azionare nel cercarne un cambiamento, cambiare il rilievo valoriale di questo modello, intervenendo cioè sull’opinione comune riguardo il concetto di efficacia. Una deviazione possibile del capitalismo puro potrebbe per esempio essere in funzione dell’equità. Storicamente non dobbiamo poi dimenticare che un sistema come quello medievale di stretto autoconsumo era meno efficace, ma più vicino all’uomo. Veniamo poi introdotti alla Teoria della Decrescita Economica, del quale il giornalista è sostenitore: essendo il nostro un sistema basato su una crescita esponenziale che necessariamente non può essere infinita, è destinato, di questo passo, ad autodistruggersi. Creare nuova liquidità, soldi non corrispondenti a nulla di reale, come è stato fatto, è in ultima analisi solo indebitarsi per coprire un debito pregresso, e quindi solo un passaggio del circolo vizioso di aumento del debito originario. La soluzione potrebbe essere un ritorno graduale e ragionato a forme di autoproduzione. La parola chiave è autarchia, parola bandita perché cara al Fascismo. Sicuramente non un’autarchia nazionale, che è impossibile per l’Italia, ma una già più ragionevole autarchia europea potrebbe mettere rimedio a diversi dei danni provocati dal processo di globalizzazione.
Pensiero religioso: La religione in sé è essenzialmente ansia della morte. Tuttavia una ricerca, verso una risposta comunque inafferrabile, è indefettibile per l’essere umano, ed è la negazione del paradigma illuminista di un sapere totale virtualmente raggiungibile. Una posizione giustificabile è quella agnostica, ma comunque tesa a cercare una soluzione al rapporto uomo-divinità
Pensiero sulla democrazia: rievocazione del proprio libro Sudditi, in cui è evidenziato il rapporto di subordinazione dell’elettore rispetto all’eletto, che ormai fa parte in una oligarchia solo apparentemente con contrasti interni. In quest’ottica i partiti sono ormai diventati incompatibili con un modello democratico.
Pensiero sulla legge: La Legge è formalizzazione della moralità, che a sua volta è prodotto dell’utilità dell’esistenza di principi di convivenza condivisi: essa non è posta a tutela della maggioranza, ma del ceto egemone. La Legge è quindi sempre essenzialmente autotutela di chi la produce.
Conclusione: Che fare per cambiare il nostro tempo? A livello generale, aspettare. Come detto l’attuale modello è destinato a scomparire, e ne pagherà le conseguenze più di tutti una Cina che finalmente pronta a competere vedrà cambiate le regole del gioco.
A livello personale, cercare di essere solidali e comprarsi un campo da coltivare, magari tenendo qualche arma con sé per difenderlo quando tutti capiranno che è la scelta migliore.
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