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PALESTINA-ISRAELE: I VECCHI SCHEMI SONO SALTATI?

 

Il conflitto russo-ucraino aveva forse spinto il mondo occidentale, in particolar modo l’Europa, a pensare che, seppur nell’eterna altalena di alleanze, l’equilibro bipolare (non in termini medici, ovviamente) fosse salvo e che il rischio di un potere multi-polarizzato fosse solo una nefasta congettura di qualche intrepido analista.

Quanto sta avvenendo invece in Medioriente scompagina l’assunto appena menzionato e dimostra come il popolo europeo sia frammentato: da un lato gli indefessi difensori di Israele che condannano qualsiasi opinione non affine e la tacciano di antisemitismo, dall’altra i sostenitori della causa palestinese che ci vengono proposti dai media televisivi come un incongruo amalgama di terroristi (in quanto sostenitori di Hamas) e fascisti (non è chiaro se l’epiteto sia da ricondurre ad un astio verso il popolo ebraico o per altri fattori non meglio chiariti).

In questa caleidoscopica e sconcertante frammentazione, è stato totalmente “dimenticato” il vecchio detto “ad ogni azione corrisponde una reazione”; ovvero che mentre gli occhi del mondo sono puntati su un ristretto lembo di terra, vengono assolutamente ignorate azioni collaterali o posizioni emerse in seguito a quanto avvenuto il 7 ottobre.

Il discorso di Antonio Guterres

Il segretario generale delle Nazioni Unite, viene tacciato di “giustificare i massacri di Hamas” (citazione del titolo di “Open”):

  • “È importante riconoscere che gli attacchi di Hamas non sono arrivati dal nulla”
  • “Il popolo palestinese è stato sottoposto a 56 anni di soffocante occupazione”
  • “Le sofferenze del popolo palestinese non possono giustificare gli spaventosi attacchi di Hamas”
  • “Quegli attacchi spaventosi non possono giustificare la punizione collettiva del popolo palestinese”

In un intrepido talkshow televisivo di cui volutamente non faccio menzione per evitare di attirare le ire funeste di qualsivoglia personaggio, si fa precisa menzione del fatto che Guterres sia stato “costretto” ad assumere una posizione “ibrida” perché la Nato avrebbe al suo interno componenti vicini alla causa palestinese. 30 sono gli stati membri: Albania, Belgio, Bulgaria, Canada, Croazia, Danimarca, Estonia, Francia, Germania, Grecia, Islanda, Italia, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Macedonia del nord, Montenegro, Norvegia, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo, Regno Unito, Repubblica Ceca, Romania, Slovenia, Slovacchia, Spagna, Stati Uniti, Turchia, Ungheria. 11 sono i membri associati: Armenia, Austria, Azerbaijan, Bosnia Erzegovina, Finlandia, Georgia, Moldova, Serbia, Svezia, Svizzera, Ucraina. 4 sono i membri associati del Mediterraneo: Algeria, Giordania, Israele, Marocco. Scorrendo “semplicemente” la lista non è del tutto chiaro quale sia il paese così “pericoloso” da spingere il segretario nella dissimulazione della propria opinione: risulta quindi evidente che quando un membro dell’establishment mondiale esprime una posizione scomoda alle elitè della comunicazione sia più comodo tacciarlo di servilismo verso un incognito potere forte.

La Turchia, parte della Nato

“Hamas non è un gruppo terroristico, ma un gruppo di liberatori che proteggono la loro terra”. In un discorso al parlamento di Ankara, il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha difeso i carnefici nel massacro del 7 ottobre e sferrato un attacco a Israele, accusandolo di commettere a Gaza “crimini contro l’umanità premeditati”. Immediata, ancor più dopo le parole di Antonio Guterres, segretario generale delle Nazioni Unite, la reazione del governo israeliano: “Hamas è una spregevole organizzazione terroristica peggiore dell’Isis”, ha tuonato Eli Cohen, ministero degli Esteri. “Le parole del presidente turco non cambieranno questo fatto inequivocabile né gli orrori che il mondo intero ha visto” quel giorno, ha aggiunto.

Erdogan ha annunciato anche di aver cancellato la sua visita prevista in Israele. “Non abbiamo problemi con lo Stato di Israele ma non abbiamo mai approvato le atrocità commesse da Israele e il suo modo di agire, simile a un’organizzazione più che uno Stato”, ha accusato il sultano, impegnato a casa sua a combattere “i terroristi del Pkk”, paragonando lo Stato ebraico a un gruppo non meglio identificato. Il leader turco ha quindi accusato le Nazioni Unite di “impotenza” di fronte alla “brutale uccisione dei bambini” palestinesi, chiedendo “a tutti i Paesi con mente e coscienza di fare pressione sul governo di Netanyahu affinché abbia un po’ di buon senso”. E invocando un cessate il fuoco sulla Striscia di Gaza, ha proposto “una conferenza tra Palestina e Israele” offrendo proprio la Turchia come uno dei garanti di “un meccanismo per la risoluzione del problema”.

Erdogan, che con impegno e dedizione cerca da tempo di costruirsi il ruolo di leader del mondo sunnita, è a capo di un paese della Nato. Se questa istituzione è stata teoricamente pensata in chiave valoriale, come possono oggi interagire Israele e Turchia?

Fratelli Musulmani e Hamas

Il panorama politico ha subito una trasformazione significativa contro i partiti politici islamisti all’indomani delle rivolte arabe del 2011. L’attacco di Hamas a Israele del 7 ottobre potrebbe comprometterlo ulteriormente oppure migliorarlo. I partiti affiliati ai Fratelli musulmani e quelli con tendenze islamiste hanno già subito sostanziali battute d’arresto sia in ambito elettorale che politico in tutto il Nord Africa e non solo. 

In Turchia, dove il partito di maggioranza di governo è storicamente connesso alle istanze della Fratellanza, si sta propendo a un graduale disingaggio per favorire le riaperture delle relazioni con i mondi del Golfo e con l’Egitto. In Marocco e in Tunisia i partiti nel network della Fratellanza musulmana hanno subito varie battute di arresto nel corso degli ultimi anni.

Ora la possibilità di essere accomunati al gruppo palestinese responsabile di una sanguinosa strage di innocenti potrebbe creare un ulteriore livello di percezione negativa. Ma data la reazione delle collettività arabe potrebbe produrre sul lato opposto anche un nuovo interessamento.

È possibile accumunare il movimento nato dalle intenzioni di Hassan al- Banna in Egitto? La storia sociale del paese dei faraoni, le cosiddette Primavere Arabe, hanno qualcosa in comune con Hamas? La sensazione è che si stia cercando di creare un compatto blocco tra anti/pro e che la semplificazione delle dinamiche strutturali sia confacente unicamente a rendere “tollerabile” la complessità dei concetti agli individui non interessati e che, da questo “accorpamento”, non troveranno giovamento perché la maggior fruibilità può spesso portare alla deformazione dei fatti.

Isis – Hamas

“Hamas è l’Isis”. Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu lo ripete in ogni occasione dal 7 ottobre, quando Israele ha subito un attacco che per violenze, brutalità e spettacolarizzazioni del massacro ha ricordato le mosse dello Stato islamico. Per Netanyahu è un claim ricorrente, diventato rapidamente un hashtag e ripreso anche da altri politici internazionali – perché parte di comunicazioni con cui su X il premier israeliano condivide video come quello in cui viene dettagliato l’uso di ospedali come basi e protezioni da parte del gruppo terroristico palestinese.

Guidato da un credo apocalittico, trascendente, escatologico si era lanciato in una frenesia di uccisioni, torture, macabre esecuzioni e rapimenti di civili dalle comunità di presunti apostati e nemici. I miliziani del Califfo Abu Bakr al Baghdadi, chiamati soldati di Dio, si muovevano nei territori di conquista come se legittimati per volere diretto di Allah, e per conto del Califfato globale. Le testimonianze di ciò che i combattenti di Hamas hanno fatto nelle città e nei kibbutzim del sud di Israele hanno ricordato quella furia iconoclasta, accecata dall’odio viscerale (probabilmente massimizzato da anfetamine come il Captagon) contro il nemico esistenziale.

“Proprio come le forze della civiltà si sono unite per sconfiggere l’Isis, le forze della civiltà devono sostenere Israele nello sconfiggere Hamas”, ha detto Netanyahu. Una settimana dopo il massacro, anche il segretario alla Difesa statunitense Lloyd Austin ha definito ciò che Hamas ha fatto “peggio dell’Isis”. Martedì, è toccato al presidente francese Emmanuel Macron proseguire sul valore di fondo di questa analogia, suggerendo che una coalizione internazionale come quella che ha combattuto lo Stato Islamico dovrebbe ora impegnarsi contro Hamas.

Equiparare l’Isis ad Hamas è un errore gravissimo. Comunque la si pensi, sia che si simpatizzi per Israele che se si empatizzi per la causa Palestinese, il “minestrone” ideologico è sinonimo di fuorvianti considerazioni. L’Isis era “famoso” per essere uno “stato” nato dal “nulla” (non scomoderei in questo frangente il significato escatologico di quella terra) e l’appello del leader era appunto quello di popolarlo: è importante non dimenticare che la sua “cittadinanza” era cosmopolita e proprio per questo nacque il termine “foreign fighters”. Nel caso di Hamas, i membri sono all’apparenza eterogenei e mossi da una precisa e comune esigenza. Perché confondere i principi fondanti differenti? La violenza è il fattore comune?

I quattro fatti sommariamente descritti ci consegnano un’istantanea mondiale nefasta: i professionisti della comunicazione non si impegnano più a “spiegare” i fatti, ma creano situazioni per sostenere una linea editoriale; i leader mondiali vengono tacciati di simpatie suffragate da recondite pressioni non dimostrabili, i movimenti che hanno scatenato improvvisi cambi di governo (Primavere Arabe) tanto acclamati dalla sinistra mondiale vengono oggi guardati con sospetto e “scansionati” alla ricerca di un presunto vantaggio politico; l’Isis, i cui “grandi capi” si presume non siano morti sotto i bombardamenti, viene preso a paragone in qualsiasi occasione si citi un’azione svolta da un gruppo islamico.

La presa di posizione che dovrebbe essere fermamente seguita nel nostro paese sarebbe opportuno fosse quella di spegnere i televisori e leggere ogni posizione inerente un determinato fatto cosicché le idee di ognuno non assumano più i contorni del tifo da stadio, ma di consapevolezze assunte a seguito di serio approfondimento.

Arianne Ghersi

Note:

1) https://www.open.online/2023/10/24/guerra-israele-hamas-24-ottobre/

2)https://formiche.net/2023/10/erdogan-hamas-israele/

3)https://formiche.net/2023/10/fratellanza-musulmana-questione-palestinese/

4)https://formiche.net/2023/10/perche-hamas-non-e-lo-stato-islamico/

 

 

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