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IRAN: UN ANNO DOPO MAHSA AMINI

I fatti nella stampa italiana

Adnkronos: “Iran, nuova stretta contro le donne che non portano il velo: Sanzioni sempre più severe in Iran per le ragazze e le donne che violano il rigido codice di abbigliamento, a cominciare dall’obbligo del velo nei luoghi pubblici. Il Majlis, il Parlamento di Teheran, ha votato a favore di un controverso disegno di legge in tal senso, con un periodo “di prova” di tre anni. La nuova legge prevede anche sanzioni pecuniarie per chi “promuove la nudità” su media e social network. Chiunque non osservi i nuovi regolamenti riceverà punizioni che possono arrivare fino a 10 anni di reclusione mentre il regolamento sul velo in vigore precedentemente prevedeva una detenzione da 10 giorni a 2 mesi.”

Repubblica: “Iran, pene più dure per le donne che non indossano il velo o lo criticano online. “Carcere se lo fanno in combutta con media o governi stranieri”.

Sky tg24: “Iran, la rivoluzione dopo Mahsa Amini. Masih Alinejad: “Velo simbolo apartheid di genere”: Intervista all’attivista iraniana Masih Alinejad, una delle donne del 2022 per il Time. “La rivoluzione delle donne dopo Mahsa Amini non è solo una lotta contro il velo obbligatorio: le iraniane vogliono una democrazia laica in cui la religione sia separata dalla politica”. Esiliata negli Usa dal 2009 e costretta a vivere sotto scorta, per la giornalista la risposta internazionale è arrivata troppo tardi: “I leader dei Paesi democratici dovrebbero tagliarsi anche le cravatte, non solo i capelli”

 

Breve considerazione dell’intervistatrice

Numerosi sono i titoli dedicati alla recente notizia proveniente dall’Iran, ma si è voluto raccogliere brevi tratti particolarmente “sensazionalistici”. Cercando notizie più particolareggiate non mi è stato possibile risalire al testo di legge originale pertanto ho deciso di chiedere delucidazioni ad una delle persone più competenti sulla Repubblica Islamica dell’Iran.

 

Intervista a Hanieh Tarkian:

Quali sono i tratti salienti che emergono dal testo di legge varato dal Parlamento iraniano?

Innanzitutto vorrei ringraziare il Talebano per l’opera di informazione che sta svolgendo. Di questi tempi è molto importante offrire ai lettori la possibilità di sentire anche l’“altra campana”, come si suol dire, non necessariamente per far cambiare idea a qualcuno, bensì per avere una visione più ampia e vedere da una prospettiva diversa quello che succede nel mondo. I media mainstream si sono purtroppo dimostrati inaffidabili, in particolare in merito alle questioni del Medioriente, basta ricordare come i terroristi in Siria ci venissero presentati come “ribelli moderati per la democrazia”, e questo con il fine di destabilizzare uno Stato sovrano e indipendente che non voleva e non vuole cedere alle politiche di ingerenza delle superpotenze. Pertanto anche quando si parla di un altro Stato indipendente e sovrano come l’Iran, molto spesso presentato come Stato canaglia per eccellenza, è importante capire quale sia il vero scopo del voler metterlo in cattiva luce.

Per comprendere l’Iran è necessario avere una visione ampia, altrimenti risulta impossibile penetrare nella realtà di un paese così complesso, in particolare quando il tema verte sul velo in Iran: esso non riguarda una mera questione religiosa, né tantomeno la copertura del capo. Per comprendere bene questo argomento dobbiamo ricordare che il popolo iraniano, nel 1979, diede luogo a una rivoluzione per cacciare lo Scià, un burattino degli Stati Uniti che opprimeva il proprio popolo e faceva gli interessi delle potenze estere invece di quelli nazionali. Inoltre, tra le politiche avviate dallo Scià ve n’era una volta a distruggere l’identità religiosa e culturale degli iraniani, prendendo esempio dalle politiche attuate in Occidente, che hanno poi portato le società europee al degrado morale odierno. Possiamo a tutt’oggi osservare come in nome di una falsa libertà vengano ancora imposti slogan “politicamente corretti”, che non hanno fatto altro che distruggere la società, la famiglia e la morale.

Detto questo, voglio aggiungere che il velo faceva parte del codice di abbigliamento dell’Iran da secoli, ben prima della Rivoluzione islamica e dell’avvento dell’Islam. La maggioranza degli iraniani hanno poi scelto di preservare le proprie tradizioni religiose attraverso il sostegno alla Repubblica Islamica; perché vengono ora costretti – attraverso la propaganda mediatica e la pressione politica – ad adattarsi al cambiamento di costumi avvenuto in Occidente?

Il popolo iraniano ha scelto la Repubblica Islamica in un referendum che si è svolto subito dopo la vittoria della Rivoluzione e dove ha vinto il sì con il 98% dei voti. Il sistema della Repubblica Islamica prevede la partecipazione e la sovranità del popolo nella gestione dello Stato con libere elezioni, pertanto il sistema legislativo è fondato su principi democratici, poiché il popolo stesso sceglie i propri rappresentanti. Le norme legislative riguardanti la pudicizia e il codice di abbigliamento, come qualsiasi altra legge stabilita in questo sistema, sono quindi democraticamente legittime, similmente alle leggi riguardanti il codice di abbigliamento che esiste negli altri Stati con un sistema democratico e libere elezioni, anche se i criteri per stabilire queste norme sono ovviamente diversi. Infatti in Iran i criteri sono quelli di una visione islamica, poiché il popolo ha scelto la Repubblica Islamica, non è che tutti devono scegliere di vivere secondo i principi occidentali e liberali (che poi in realtà si sono dimostrati essere molto poco liberali…).

L’importanza e la vastità della questione, che in Occidente viene presentata in modo molto riduttivo come “questione del velo”, può essere ben compresa leggendo il primo articolo del nuovo disegno di legge che porta il seguente nome: “Disegno di legge in difesa della famiglia attraverso la diffusione della cultura della pudicizia e del codice di abbigliamento”. Esso recita:

1- “La famiglia, come nucleo principale della crescita, dello sviluppo e della tranquillità dell’essere umano, rispetto all’individuo e alla società, è fondamentale, e ogni comportamento, nello spazio reale o virtuale, tra cui nudità, non rispetto del codice di abbigliamento, abbigliamento scorretto al di fuori dello spazio privato e l’incoraggiare o diffondere ciò che mina la tranquillità della donna e dell’uomo nella famiglia, che diffonde il divorzio e danni sociali, e diminuisce il valore della famiglia, è considerato violazione dei paragrafi 1 e 7 del terzo e del decimo principio della Costituzione e secondo le norme della Costituzione e le altre leggi è vietato”.

Da questo primo articolo si può comprendere perfettamente come la questione di un abbigliamento consono e del rispetto del buon costume e di alcuni principi morali siano considerati aspetti fondamentali e necessari per preservare e proteggere la famiglia, e quindi anche l’individuo e la società. Come già spiegato, in Iran il velo è parte del codice di abbigliamento da secoli; si può non essere d’accordo con questa visione, e io capisco bene che per un individuo cresciuto in Occidente è difficile comprendere come il velo possa essere parte del codice di abbigliamento e come per una donna musulmana mostrare i propri capelli equivalga a denudarsi, ma nessuno ha mai detto che tutti debbano adattarsi alla visione occidentale e moderna che vede il velo come un accessorio.

Quali sono le interpretazioni che rendono dissimile quanto sottolineato dalla stampa e ciò che è stato promulgato?

Il nuovo disegno di legge consta di 22 pagine, quindi non è certamente possibile analizzare un disegno di legge complesso di questo tipo in un breve articolo di giornale, come hanno fatto i media mainstream, e in ogni caso la chiave di lettura, come ho spiegato, non è la questione del velo, ma la salvaguardia di determinati valori attraverso il rispetto di norme riguardanti la morale e il codice di abbigliamento. Farò un esempio per chiarire meglio: l’articolo 36 del disegno di legge afferma “ogni individuo che con la collaborazione di Stati, reti, canali, gruppi o enti stranieri o ostili, o individui ostili legati ad essi oppure in modo organizzato si rende colpevole della diffusione e propaganda di nudità, impudicizia, mancato o scorretto rispetto del codice di abbigliamento è condannato alla reclusione di quarto grado [da cinque a dieci anni] e una sanzione pecuniaria di terzo grado”. Non stiamo quindi parlando solo del non portare un “pezzo di stoffa sul capo” ma di divulgare nella società dei disvalori che portano a quello che viene considerato degrado morale, e le pene sono pesanti perché viene fatto in modo organizzato e con il sostegno di enti e organizzazioni stranieri e ostili. E sicuramente da più di quarant’anni, ossia dalla vittoria della Rivoluzione islamica in Iran, di nemici che hanno cercato di destabilizzare il paese non ne sono mancati.

Ancora una volta è importante sottolineare che il rispetto del codice di abbigliamento è considerato necessario per preservare i valori morali e la famiglia; se non si comprende questo aspetto, anche tutto il resto viene frainteso. Per altro è interessante sottolineare, a dimostrazione del fatto che non si tratta solo di velo, che l’articolo 47 del disegno di legge parla non solo del codice di abbigliamento femminile ma anche di quello maschile.

Com’è possibile che venga equiparato l’indossare o meno il velo ad un atto terroristico?

Nessun articolo del disegno di legge contiene un’affermazione di questo tipo.

È trascorso un anno dalla morte di Mahsa Amini: ci sono stati cambiamenti nel paese? Il consenso per il governo guidato dagli ayatollah ha subito battute d’arresto?

Secondo la mia opinione il consenso popolare verso l’ordinamento della Repubblica Islamica non è cambiato, e questo è dimostrato dalle decine di manifestazioni di sostegno che si svolgono regolarmente in Iran, ma che vengono censurate dai media mainstream. Sicuramente c’è del malcontento, ma non è dovuto alla “questione del velo”, quanto ai disagi economici e io auspico che il governo di Raisi, che si è presentato come un governo a sostegno del popolo, possa implementare le giuste politiche economiche. Da questo punto di vista la transizione verso un mondo multipolare e il ruolo importante che sta avendo l’Iran in ciò possono essere d’aiuto.

Per sottolineare come la “questione del velo” sia l’ennesima scusa dei soliti noti per fare pressione sull’Iran e arrivare alla destabilizzazione dello stesso, è interessante notare che le forze dell’ordine iraniane, nel giorno dell’anniversario della morte di Mahsa Amini, sono riuscite a sventare vari tentativi di attacchi terroristici; intenzione dei terroristi era di approfittare di eventuali situazioni di caos per i propri scopi. In particolare il Ministero dell’Intelligence iraniano ha annunciato la neutralizzazione di 30 esplosioni simultanee a Teheran e l’arresto di 28 terroristi legati all’Isis. Durante l’operazione sono state sequestrate armi di fabbricazione americana con un gran numero di ordigni esplosivi, timer per bombe, modem tipici della regione del Kurdistan iracheno, telefoni satellitari e contanti stranieri.

I terroristi arrestati, con alle spalle esperienze di combattimento per i gruppi estremisti in Siria, erano stati anche in Afghanistan, in Pakistan e nella regione del Kurdistan iracheno. Insomma il solito copione per cercare di destabilizzare un paese indipendente e sovrano.

Arianne Ghersi

Note:

1)https://www.adnkronos.com/multimedia/news-to-go/iran-nuova-stretta-contro-le-donne-che-non-portano-il-velo_nxk6KODJNuMpghkU5Maih

2)https://www.repubblica.it/esteri/2023/09/20/news/iran_pene_piu_dure_per_chi_non_indossa_correttamente_il_velo-415136473/

3)https://tg24.sky.it/mondo/2023/09/21/masih-alinejad-donne-iran-dopo-morte-mahsa-amini

 

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