CONGO: LA NUOVA FRONTIERA DEI COLPI DI STATO MILLANTATI
Nelle ultime settimane abbiamo apaticamente ascoltato notizie riguardanti colpi di stato consumatisi in Africa e, quando in qualche chat Telegram e qualche sito minore, è apparso l’ennesimo annuncio riguardante la Repubblica del Congo la sensazione che si trattasse di uno strano “contagio” ha lasciato indifferenti i più.
I colpi di Stato vanno così “di moda” nel continente africano che sono ormai anche oggetto di fake news. Domenica 17/09 è rimbalzata la notizia di un nuovo golpe che avrebbe colpito la Repubblica del Congo, meglio noto come Congo-Brazzaville per distinguerlo dal Congo-Kinshasa. Dalle prime indiscrezioni i militari avrebbero preso il potere nella capitale approfittando dell’assenza del presidente Denis Sassou-Nguesso in viaggio per New York per partecipare all’Assemblea delle Nazioni Unite. La notizia è rapidamente rimbalzata sulla rete che ha moltiplicato le casse di risonanza di questo evento che arrivava in uno dei momenti più delicati della recente storia del continente africano. Contattati nella serata alcuni giornalisti congolesi si è subito scoperto che la notizia era priva di fondamento e che la situazione a Brazzaville era tranquilla.
La Repubblica del Congo ha visto il suo vicino Gabon preda di un golpe poche settimane fa ed il contagio pare inarrestabile. Questo aveva fatto pensare che la notizia potesse essere credibile e che anche il “regno” di Denis Sassou-Nguesso fosse giunto al termine. Il presidente congolese è infatti al potere da ben 26 anni nei quali ha ininterrottamente gestito il paese africano come una proprietà privata. Tutto molto simile al clan Bongo nel confinante Gabon dove un colpo di stato in seno alla famiglia ha pensionato Ali Bongo, stanco e malato. Denis Sassou-Nguesso è un uomo di 80 anni che detiene il potere con un piglio di ferro e che si muove agilmente nelle alleanze internazionali. Proprio lui in qualità di generale dell’esercito congolese nel 1979 prese il potere a Brazzaville cambiando il nome dello stato in Repubblica Popolare del Congo schierandosi con l’Unione Sovietica e proponendo una politica di stampo marxista-leninista. Al collasso del blocco sovietico il Congo cambiò nome e dal 1992 si tennero elezioni democratiche, ma nel 1997 scoppiò una guerra civile orchestrata da Sassou-Nguesso che fu eletto presidente. Da quel momento iniziò una gestione personalistica del paese che continua anche oggi.
La Repubblica del Congo appare uno stato legato a vecchi schemi con l’opposizione perseguitata ed un despota che governa con il pugno di ferro, una situazione insostenibile nell’Africa moderna e che aveva fatto pensare alla reale possibilità di un colpo di stato. Come il Congo anche il Camerun vive una situazione molto simile. A Yaounde il presidente Paul Biya ha già compiuto 90 anni e detiene il potere dal 1982. Rieletto nel 2018 con forti accuse di brogli e la denuncia di Amnesty International di violazione dei diritti umani, la presidenza di Biya si trova ad affrontare una guerra a bassa intensità nell’ovest del paese, in quello che viene chiamato ex Camerun Britannico. Come il Gabon, il Congo e la Guinea Equatoriale, il Camerun è diventato un possedimento personale della famiglia Biya che ha occupato tutte le posizioni chiave nel governo e nell’economia. Un’Africa centrale esplosiva dove vecchi politici screditati non rappresentano più le nuove generazioni e che difficilmente potranno continuare a gestire i loro paesi come vere e proprie tiranniche satrapie.
Nel momento in cui si è resi conto dell’”abbaglio” geopolitico, molte sono state le analisi ipotizzate e quella che sembra maggiormente diffusa è stata ampiamente riportata da “Il Fatto Quotidiano”: “Ma quali sono invece le nuove influenze sul Congo Brazzaville e chi avrebbe interesse a scalzare la Francia anche da qui? Può esserci qualche gioco di potere o influenza dietro le fake news che in queste ore hanno generato dubbi e confusione? Spiega Catalano Gonzaga: “Non è una novità che account filorussi conducano campagne di disinformazione finalizzata a creare instabilità e tensione. L’obiettivo potrebbe essere proprio quello di creare apprensione nell’Occidente.”
E aggiunge: “La Russia sicuramente sta cercando di espandere la sua presenza economica in Congo-Brazzaville attraverso investimenti in vari settori, compresi il petrolio e il gas, l’industria estrattiva e l’energia. Nello specifico, lo scorso settembre i due Paesi hanno firmato una serie di accordi di cooperazione economica, con protocolli d’intesa in diversi settori, come quello delle nuove tecnologie, dell’informazione e della comunicazione, quelli della salute e della ricerca, o ancora le tecnologie e le attività innovative, la cultura fisica e lo sport. Società russe poi sono coinvolte in progetti di esplorazione e produzione di petrolio nella regione. Tuttavia – aggiunge – con gli elementi emersi finora il presunto colpo di stato ad oggi non lo vedo come una minaccia russa. La situazione del Congo Brazzaville è più simile a quella del vicino Gabon: Paesi che sono controllati da decenni da presidenti autoritari che continuano a rimanere al potere. C’è in tutta l’Africa, in special modo nell’Africa francofona, un sentimento anti-occidentale che si sta espandendo, ma soprattutto credo ci sia una vera e propria volontà di cambiamento: a scendere in piazza sono i giovani che non vogliono più al potere governi corrotti”. E non si tratta di modi di dire: la famiglia Sassou-Nguesso è stata più volte sotto indagine negli Stati Uniti e in Francia per reati economici e fiscali. “Certo nel caso in cui ci fosse un vero colpo di stato in Congo è possibile che un eventuale nuovo governo militare metta in crisi il consolidato rapporto con la Francia e non è da escludere che tenda ad avvicinarsi ancor di più alla Russia e alla Cina. Il legame tra Congo Brazzaville e Russia c’è sicuramente anche adesso, ma ad oggi non ci sono fattori che possano confermare un suo eventuale allontanamento dall’Occidente”.
Non è chiaro, alla luce di quanto riportato, il motivo per cui il colpo di stato in Congo avrebbe dovuto ulteriormente destabilizzare gli osservatori occidentali dato che è lampante anche agli occhi dei più “distratti” la fragilità dell’Africa. Dopo anni, anzi decenni, di omertà si può finalmente affermare che la politica estera francese non è mai stata propedeutica alla creazione di stati solidi nel continente a sud del Mediterraneo e che le politiche economiche intraprese sono state finalizzate unicamente al mantenimento di un monopolio economico, servendosi addirittura della diffusione extraterritoriale del franco.
Al di là del conflitto che imperversa tra Russia e Ucraina, se proviamo ad immedesimarci in un giovane africano che non ha visto finire le colonie, ma che ha sempre vissuto in stati fantoccio al servizio dell’Eliseo, perché dovrebbe rivolgere le proprie speranze all’Europa capace di decisioni polverose e “sonnacchiose”? È assolutamente ragionevole ipotizzare che essi volgano lo sguardo verso la Cina (capace di grandi investimenti economici e con la solida intenzione di creare nuove infrastrutture) e verso la Russia (in chiave antagonista alla Francia). Ciò che invece non emerge dal dibattito pubblico è una sana auto-critica centrata su concetti antropologici semplici come, ad esempio, sforzarsi in minima parte di attuare, seppur a “distanza”, uno strumento semplice come l’”osservazione partecipata”. L’errore di fondo, però, risiede anche in quanto appena citato: per comprendere il mondo che ci circonda, a volte, non è necessario “scomodare” nobili discipline, ma basterebbe applicare i consigli “della nonna”, ossia “mettersi nei panni degli altri”.
Arianne Ghersi
Note:
1)https://www.ilriformista.it/il-colpo-di-stato-fake-nella-repubblica-del-congo-prosegue-a-brazzaville-la-dittatura-di-denis-sassou-nguesso-382638/
2) Domitilla Catalano Gonzaga, responsabile del desk Africa per il CeSI
3)https://www.ilfattoquotidiano.it/2023/09/19/golpe-in-congo-brazzaville-annunciato-smentito-rimandato-chi-ce-dietro-lennesimo-tentativo-di-colpo-di-stato-in-africa/7296613/
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