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JIHAD, WAGNER, EUROPA: LA GRANDE PARTITA GLOBALE SI GIOCA NEL SAHEL

Il Sahel è un territorio che capace di giocare un ruolo fondamentale nello scacchiere del potere jihadista infatti, proprio in quell’area, Al-Qaeda nel Maghreb Islamico (AQMI) ha delle basi logistiche fondamentali. Tale affermazione è confermata dal fatto secondo cui gli europei rapiti nel recente passato fossero detenuti in questi luoghi, con la complicità della popolazione locale.

Nella suddetta zona è presente quella che viene ritenuta la casa del popolo Tuareg, costoro si ritiene abbiano stretto una forte collaborazione con il Fronte Polisario, la cui sede si trova nella provincia algerina di Tinduf.

Tale regione è denominata Azawad ed è rimbalzata agli onori delle cronache nel periodo della destituzione di Mu’ammar Gheddafi: il Movimento Nazionale di Liberazione dell’Azawad (Mnla) avrebbe fornito un numero ingente di combattenti per infoltire le file dei fedeli al leader libico. Il Movimento si è sempre impegnato nel richiedere l’indipendenza di tre regioni del nord del Mali: Timbuctu, Gao e Kidal.

Azawad, propriamente termine geografico, si può assumere che oggi venga utilizzato per riferirsi alla regione popolata da individui di lingua Tamashek, la lingua dei Tuareg. Tale rivendicazione non è sfuggita alle alte sfere di Al-Qaeda che ha così stretto contatti con le tribù locali a sostegno della causa e per trovare un nuovo appoggio a carattere esclusivo.

Anche se la cronaca europea è stata fortemente carente, dal 2011 ad oggi gli scontri nella zona sono stati forti e decisivi. Infatti, dopo l’agognata conquista dell’indipendenza della regione dell’Azawad, i movimenti jihadisti non hanno interrotto le loro attività e si sono profusi in grandi sforzi per assicurarsi il controllo delle principali città del nord del Mali.

A detta di un giornale algerino (Ech-Chourouk), Timbuctu sembra sia ormai stata trasformata nella prima città del nuovo Emirato Islamico del Sahara. L’agenzia di stampa porta a paragone le similitudini che intercorrono tra le modalità di dominio di parti del territorio afghano e quelle presenti in città, arrivando fino a parlare di “talebani africani” (appartenenti al gruppo salafita Tuareg chiamato Ansar Eddine).

Questa complicatissima vicenda è stata arginata (ma non risolta) all’inizio del 2013, quando l’ex presidente maliano ha chiesto soccorso ad una coalizione internazionale: è intervenuta l’Onu (Risoluzione 2056) e numerosi stati europei si sono impegnati a ristabilire l’ordine nella città simbolo di Timbuctu, sia per mezzo di raid aerei sia attraverso grandi sforzi diplomatici.

Numerose sono le compagini terroristiche presenti nella zona:

  • il Movimento Nazionale di Liberazione dell’Azawad (Mnla) composto da nazionalisti Tuareg, teoricamente “laico”, formato a due ali interne: una politica, l’altra militare
  • Ansar Eddine, sempre Tuareg, ma fortemente religioso. Il nome significa “seguaci della religione”. Ha carattere salafita ed i suoi membri hanno sostenuto militarmente Gheddafi fino all’ultimo; si ipotizza abbiano posto in essere una forte collaborazione con Al-Qaeda
  • Il Mujao, Movimento per l’Unicità e il Jihad nell’Africa Occidentale, è l’alternativa araba di Ansar Eddine, infatti la loro creazione è pressoché avvenuta nello stesso momento storico e si presume siano nati da una scissione interna ad al Qaeda nel Maghreb Islamico
  • Il Movimento Figli del Sahara per la Giustizia Islamica è nato dall’unione di piccoli gruppi a carattere integralista. Collaborano con Al Qaeda e si possono identificare come protagonisti nella “conquista” di Timbuctu
  • Al Qaeda nel Maghreb Islamico, le cui tre cellule principali nel Sahara sono: la Brigata al-Furqan, la Brigata al-Mulathamin e la Brigata Tareq Bin Zayed
  • Il Fronte Nazionale di Liberazione dell’Azawad (Fnla), gruppo armato relativamente indipendente che si è auto insignito del compito di proteggere la regione

Alla luce di quanto sommariamente sono riuscita a descrivere, credo sia fondamentale porsi alcuni interrogativi. Spesso si parla di Isis in merito al fondamentalismo islamico, ma pochi hanno l’onestà intellettuale di ammettere che coloro sono stati lasciati a combattere fino alla fine in Siria erano sicuramente guerriglieri sacrificabili. Gran parte dell’élite del Califfato si trovava in realtà in Libia e, ora che la disfatta territoriale in Siria è concreta e conclamata, è davvero così impensabile che costoro si riuniscano nel paese nordafricano (contrassegno da incessante instabilità) e che, grazie a una rinnovata alleanza con Al Qaeda e con i movimenti satelliti sopra menzionati, creino una nuova realtà statale nel Sahel? 

L’attuale situazione in Niger sulla scia di quanto avvenuto in Mali e Burkina Faso può, secondo Quirico, sfociare in un conflitto che sicuramente faciliterebbe la galassia jihadista: “I colpi di Stato militari sono stati una benedizione per il jihad: ora tutto è chiaro. Di qua i buoni musulmani, di là gli infedeli con i loro accoliti. Il minacciato intervento militare dei Paesi vicini che la Francia vuole utilizzare per africanizzare la guerra è un altro tassello favorevole. Degli eserciti dei “nostri amici d’Africa” non hanno certo paura. Togolesi, beninois, senegalesi, nigeriani son soldati fiacchi, dalle uniformi flosce come le portano i cattivi soldati. Preoccupano solo i ciadiani, come loro guerrieri del deserto; nella battaglia di Timbuctu contro Abu Zeid il Macellaio furono loro a vincere”.

Il fatto che un gran numero di paesi africani siano ormai da ritenersi degli stati “falliti” ci dovrebbe molto interessare e non solo a livello umanitario: in assenza di leadership forti, con gran parte di cittadini alla fame, la ricetta per un’ennesima catastrofe terroristica alle porte dell’Europa ha trovato gli ingredienti migliori e più prelibati.

Da un anno e mezzo, da quando “i crociati” si massacrano tra loro in Ucraina e coltivano il loro spinoso giardino, per il jihad africano sono tempi fausti. Il Burkina Faso è diventato il cuore del califfato, i militari stufi di essere mal pagati e usati come carne da macello hanno preso il potere, e così hanno perso l’aiuto occidentale, la creazione di milizie di autodifesa a base etnica ha scatenato un favorevole guerra parallela fatta di vendette, odi antichi, prepotenze. Le sciagurate sanzioni che ora colpiscono anche la popolazione del Niger moltiplicano le masse di disperati tra cui si possono distribuire kalashnikov e offrire possibilità di vendetta. Le parole di Quirico ci riconducono ad un altro problema: ciò che dovrebbe maggiormente indignare l’opinione pubblica, anche se disattenta, è il fatto che la comunicazione dei media tratta il territorio africano unicamente come uno scacchiere alternativo dove si “giocano” le sorti del conflitto tra Russia e “mondo occidentale”, come se ogni problematica mondiale fosse ormai riconducibile alla possibile influenza di Putin, della Wagner o di entrambi. 

Il caos agevola ogni forma di terrorismo, in particolar modo quello jihadista. La lezione impartita in Iraq (in cui il cosiddetto “mondo occidentale” tanto si è speso alla ricerca di presunte armi chimiche) dove il post Saddam Hussein ha creato un mix letale di insicurezza da rendere “facile” la conquista di Mosul da parte dei terroristi non rievoca nei nostri ricordi una sensazione di pericolo associabile all’attuale instabilità nel Sahel?

Arianne Ghersi

Note:

1) https://www.echoroukonline.com/

2)https://www.lastampa.it/esteri/2023/08/02/news/il_sahelistan_aspetta_gia_i_crociati_se_intervengono_un_dono_divino-12976803/

3)https://ristretti.org/il-sahelistan-aspetta-gia-i-crociati-se-intervengono-un-dono-divino

 

1 Comment on JIHAD, WAGNER, EUROPA: LA GRANDE PARTITA GLOBALE SI GIOCA NEL SAHEL

  1. corrado marvasi // 12 Agosto 2023 a 13:00 // Rispondi

    Insomma, pare di capire che l’Africa sia potenzialmente una polveriera…

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