SULLE TRACCE DI UN’ ANTICA SAPIENZA. EMANUELE FRANZ IN VIAGGIO – PARTE PRIMA
La mia missione di fede
Nel novembre del 2022 avevo scalato in solitaria il Monte Sinai, in Egitto, per chiedere a Dio
l’unità dei cristiani. La primavera successiva mi sono fatto murare vivo come gesto di protesa
contro le divisioni sociali e per invitare all’unità e all’empatia reciproca. Questa volta ho deciso di partire dal mio piccolo paese di montagna, in Friuli, per arrivare a Samarcanda, crocevia di terre, sapori, leggende e, soprattutto, di sapienza sacra. Opificio del mondo, Samarcanda è stata ed è il centro di tradizioni e identità millenarie. Misero qui il passo prima di me Alessandro Magno, Gengis Khan, Marco Polo, Tamerlano. La leggendaria via della seta.
L’ispirazione ad andare a Samarcanda mi venne un pomeriggio a Palmanova quando lessi su un
libro delle gesta del Profeta Daniele che, dal racconto biblico, apprendiamo essere un vero eroe della Fede che, a sprezzo della vita, rifiutò di obbedire agli ordini del potere politico per prestare fede al suo Dio. Come è noto Daniele era profeta di corte quando Dario il medo, istigato dai nemici di Daniele che volevano eliminarlo per il suo forte carisma, imposero al sovrano un editto che Daniele non avrebbe mai potuto rispettare. Impose cioè il divieto di pregare… se non l’imperatore.
Chiaramente Daniele non rispettò il divieto di pregare Iddio e, a rischio della vita, pregò il suo Iddio facendosi prima arrestare e poi tumulare vivo in una fossa piena di leoni che, come si aspettavano gli avversari del profeta, avrebbero dovuto sbranarlo senza pietà. È qui però che avviene un miracolo enorme, i leoni non sfiorano Daniele con una sola unghia e al mattino seguente il profeta viene trovato intonso. Il sovrano si convince del miracolo e che Daniele è protetto da Dio, e tutti i
nemici di Daniele vengono fatti giustiziare. Quello di Daniele è uno degli esempi più grandiosi e commoventi di quanto possa la Fede sovra ogni circostanza a di quanto Iddio venga prima, e oltre, a ogni potere politico. Grande fu la forza dell’esempio tanto che lo stesso San Paolo, commosso dalla forza di Daniele, ne encomiò le gesta quando scrisse:
“Per fede conquistarono regni, praticarono la giustizia, ottennero l’adempimento di promesse,
chiusero le fauci dei leoni, spensero la violenza del fuoco, scamparono al taglio della spada,
guarirono da infermità, divennero forti in guerra, misero in fuga eserciti stranieri.”
San Paolo di Tarso, Lettera agli Ebrei 11, 33-34
Decisi di partire per la lontana terra dell’Uzbekistan per Daniele perché seppi che, per volere del grande Tamerlano, la tomba del Profeta venne fatta trasferire a Samarcanda da Susa perché vi fu la convinzione, veritiera, che il corpo sacro e vivente di Daniele avrebbe reso immortale la città e reso giustizia, saggezza e forza a chiunque vi fosse transitato vicino, e così è stato. Venerato da ebrei, cristiani e musulmani, che attualmente detengono e gestiscono il mausoleo di Daniele, il profeta è
conservato il un mausoleo nella periferia di Samarcanda su una rocca sacra, nei pressi di una fonte che si ritiene sorgiva di grazia e miracoli, e, soprattutto, è lunga ben 18 metri perché si crede che il corpo del grande Daniele continui a crescere di un centimetro all’anno. Uomini di fede e uomini illustri si sono genuflessi a venerare questo luogo imperituro, anche il Patriarca della chiesa ortodossa russa e di tutte le Russie Kirill si è recato in pellegrinaggio in questo luogo.
Io, saputo questo, sentii fortissimo in me il richiamo di andare là sulla sua dimora e dirgli “grazie” per la forza dell’esempio, per quello che ha fatto per tutti noi.
I segni premonitori
Vi furono un sacco di segni che accompagnarono l’inizio del mio viaggio. Anzitutto il giorno prima
della mia partenza casualmente in un ufficio in cui mi ero recato per una pratica noto su una
scrivania una statua in bronzo che raffigura un volto o una maschera che pone il dito a indicare il silenzio. In aeroporto il giorno seguente a Venezia un bambino mi passa davanti con sulla maglietta scritto in stampatello maiuscolo “Silenzio” e subito dopo una ragazza con tatuata donna sulla spalla che indica il silenzio col dito.
Successivamente, durante il viaggio, mentre stavo per superare il confine fra Uzbekistan e Tajikistan, vedo stampato su un palo della strada un volto che con il dito fa il segno del silenzio.
Un destino iniziatico pertanto mi attendeva e un compito che non riguardava la mia volontà, ma quella dell’Altissimo. Il silenzio dell’ego e delle voluttà umane è fondamento della missione, perché la nostra forza viene dalla fedeltà all’Altissimo.
Оче наш који си на небесима, свети се име твоје
Stava scritto in serbo sull’anello al medio sinistro che avevo con me e che ho portato tutto il viaggio, ovvero: “Padre nostro che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome”, a memoria del mio battesimo ortodosso, che mi ha fatto nascere all’unica vita, quella in Dio e per Dio.
Per questo dovevo partire, per chiedere a Dio la forza di lottare per quella Unità perduta nel nome di Cristo, e chiedere a Daniele di imprimermi il suo sigillo nell’anima, il sigillo della tenacia, dell’inflessibilità di fronte ai leoni, il marchio a fuoco della Fede pura e sincera. Il progetto di dialogo nel nome di Cristo che stavo conducendo da mesi richiedeva maggior forza ed elevazione e non c’erano se e ma, dovevo partire.
“Non siete voi che avete scelto me, ma sono io che ho scelto voi”
Giovanni 15,16
La partenza e l’arrivo al Mausoleo del Profeta Daniele
Forze avverse hanno reso difficile la partenza se, arrivato il 15 giugno all’aeroporto Marco Polo di Venezia (ma da quale altro aeroporto si poteva partire andando a Samarcanda!?) scopro, con amara sorpresa, che il volo era prenotato il 16 e non il 15 giugno 2023. Come era possibile? Ero diventato scemo all’improvviso? Purtroppo, si è trattato di un equivoco, più un errore di trascrizione. La prenotazione all’hotel prevedeva ingresso il 16, per cui, essendo che arrivavo di primo mattino ora locale a Samarcanda, ho supposto che sarei dovuto partire il 15, anche il transfer aeroporto hotel era previsto il 16 mattina per cui solo il 15 sarei potuto partire a queste condizioni, e invece il volo era il 16, questo perché pur arrivando il 17 mattina la notte in hotel era pagata contando la notte fra il 16 e il 17, per cui solo idealmente ingresso il 16 e transfert come conseguente errore di trascrizione.
Poco male: dove c’è un equivoco c’è un Dio. Rientrato a casa e indomani mattina ripartito senza problemi questa volta. Scalo a Istanbul e poi dopo 22 ore di viaggio consecutive metto piede in quella terra di eroi e magi. Frastornato dal fuso orario e dalla mancanza di sonno mia accorgo subito del caldo spietato dell’ambiente, 40 gradi all’ombra, e dell’aria dolciastra, ma, anzitempo, sono crollato in un sonno plumbeo di sei ore senza pensare ad altro.
Alzatomi, senza pensare nemmeno di bere o mangiare qualcosa, ancora barcollante dallo stato d’oniromanzia in cui mi trovavo, mi incammino subito, senza indugio, verso la rocca sacra dove riposava il Profeta Daniele, foss’anche l’unica e la sola cosa che mi fosse rimasta da fare in Uzbekistan. Palpitavo e pure lacrimavo salendo gli scalini della rocca e quando me la trovai davanti, quella dimora del vivente lunga un intero edificio, crollai dall’impeto, mi inginocchiai davanti al Profeta, piansi e baciai pure la terra che sorreggeva il mausoleo più e più volte.
“Il mio Dio ha mandato il suo angelo che ha chiuso la bocca dei leoni; essi non mi hanno fatto nessun male perché sono stato trovato innocente davanti a lui”
Daniele 6,23
La Potenza della Fede: non remissione e rassegnazione, ma perseveranza fino alla Vittoria.
Mentre ero genuflesso davanti al Mausoleo e baciavo quel suolo sacro irrorandolo con le mie
lacrime mi accorgevo che una pietra mi era rimasta in mano, un pezzo di un mattone dello stesso mausoleo che reggeva il profeta vivente, così, ne vidi un segno e cinsi quella pietra sacra al petto, vicino al cuore, e la baciai, perché era essa stessa il Tempio del profeta, ora giunto nella mia mano cristiana e la portai con me come la tengo con me tutt’oggi venerandola e facendola venerare ai giusti. Pieno di quella estatica emozione mi incammino e giungo al centro di Samarcanda e, trovandomi di fronte al complesso del Registan ho sentito alle mie spalle i millenni, davanti a me l’ignoto, e al centro un uomo che cerca risposte ai confini del mondo. Grazie alla vita che mi ha permesso di vivere e osare e di arrivare a tanto. ( Continua )
Emanuele Franz
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