IL RIPOSO? ORMAI È UN VERO ATTO POLITICO!
Avrei mai pensato di difendere Giorgia Soleri? Assolutamente no, eppure quel giorno è venuto.
La scrittrice e influencer e nota anche (vorrei dire soprattutto, ma c’è stata una polemica anche su quello, per cui evitiamo) per essere la fidanzata di Damiano dei Maneskin, gruppo che tendenzialmente si è distinto per sostenere istanze LGBT, gender fluid e altre cose sicuramente molto divertenti che ho avuto il buon gusto di risparmiarmi. Ma torniamo a Giorgia.
Di recente, l’influencer ha ricevuto numerose critiche sui social per aver postato delle foto in vacanza a Ibiza, ma al di là della polemica in sé, piuttosto banale e sterile, è interessante la sua risposta:
“In una società che ritiene la performance, l’iper-produttività e il sacrificio dei propri desideri per aderire a standard inumani dei valori da sfoggiare, il riposo è un atto politico.”
Il riposo un atto politico? Effettivamente sì. Oserei dire religioso: la prescrizione biblica del sabato come giorno di riposo è uno dei precedetti più antichi e serve proprio a ribadire la necessità per l’uomo di avere del tempo libero, in quanto l’essere umano non si esaurisce nel suo lavoro e le sue esigenze non sono quelle puramente materiali, almeno non esclusivamente.
Prescrizione per il riposo che, tra l’altro, è trasversale e si applica anche ai servi, per cui non è un semplice non lavorare demandando il lavoro ad altri.
Per cui sì, effettivamente il riposo è un atto politico. Siamo in un’epoca in cui, assurdamente, la mancanza di tempo è ritenuta un vanto. Chi ha una vita piena è mostrato come un modello e anche i periodi di vacanza vengono pensati come momenti da riempire di attività.
A Natale, o in generale durante le feste, sui media torna fuori ciclicamente qualche esempio di lavoratori “modello” dedica alla propria professione anche questi giorni.
È il modello della società consumista e liberale, dove il fine ultimo è produrre e ogni pausa o momento di riflessione viene stigmatizzato e sminuito.
Ma anche il viaggiare in sé è un atto politico, per diversi motivi. Qualcuno parlerà del viaggio che “ti apre la mente”, del fascismo che “si cura leggendo e viaggiando” o della generazione Erasmus che parte, va nelle grandi capitali europee e si evolve, diventando al ritorno fedele elettrice di Emma Bonino e gente simile. Mai capito quanto sia vero questo stereotipo, io so solo che personalmente quando sono andato a studiare a Londra sono partito conservatore moderato e sono tornato ultrareazionario, ma probabilmente non faccio testo.
Il viaggio è il momento in cui, staccando dalla routine e dal quotidiano, la nostra mente rielabora, approfondisce, sviluppa senso critico. È anche il momento in cui viene definita la propria identità, attraverso l’incontro con realtà diverse davanti a cui per similitudine o opposizione ci autodefiniamo, capendo meglio chi siamo e le nostre peculiarità.
In una società massificante, egualizzante e incline al sogno della iper-produttività conseguita con ogni mezzo, poche cose rimangono un atto politico forte e netto come un viaggio di riposo.
Andrea Campiglio
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