LE INTERVISTE TALEBANE: CARLO PALA
…E paremi vedere fera dismisuranza, chi buon uso e leanza voglia a lo mondo giamai mantenere, più che ‘n gran soper chi anza torna per me piacere,e ‘n gran follia savere ,perch’io son stato, lasso, in grande eranza…
Bondie Dietaiuti poeta del XIII secolo, probabilmente fiorentino, appartenente ai cosiddetti “siculo-toscani” rimatori (il più noto dei quali fu Guittone d’Arezzo) considerati di transizione tra la Scuola Siciliana e lo Stilnovo, in questo Sirma solleva svariate riflessioni sulla decadenza e l’erosione dei valori. Parrebbe un’impresa impossibile, secondo la sensibilità dell’autore, conservare un atteggiamento di lealtà. Era il 1200 dopo la nascita di Cristo e le tematiche della decadenza umana erano quelle tipiche: il mal di vivere e l’Uomo non essere umano ma Lupo per l’uomo. Bondie Dietaiuti con l’ausilio di metafore dove il piacere muta in offesa e la conoscenza diviene follia, narra una metamorfosi dei costumi del tempo che ben si sposa con la critica della Fede nel progresso di cui parla il filosofo tedesco Walter Benjamin: entrambe le narrazioni esortano al risveglio della Coscienzaai fini di una redenzione dell’umanità.
Coscienza, Risveglio, Redenzione appaiono elementi necessari alla fattispecie narrativa propria de Il Talebano, think tank da anni attivo sul territorio nazionale: tematiche interessanti che provano a narrare l’esigenza del ritorno alla Comunità laddove mainstream si porta avanti una comunicazione divisiva ed estraniante. Il Comunitarismo nella sua declinazione etnoregionale, fattispecie politologica con cui Filippo Tronconi classifica una moltitudine di soggetti (autonomisti, federalisti, indipendentisti), ci appare opportuno a valorizzare il concetto di appartenenza ad un territorio, viscerale quasi epidermico, con una sua specificità storica culturale. I concetti sociologici di autonomia e indipendenza sono frutto di una dialettica moderna che fa comunemente parlare di Nazioni senza Stato: le radici di certe rivendicazioni dimostrano che la dimensione etnica non muore mai e, al contrario, si trasforma nei vari passaggi della Storia.
Emblematico in Italia il caso della Sardegna fiera patria degli Shardana, Popolo del Mare.
Noi Talebani, membri fervidi e attenti, riteniamo portare avanti una narrazione approfondita che sviluppi sempre al meglio la tematica dell’Italia e dell’Europa dei Popoli e nella fattispecie abbiamo ritenuto opportuno rivolgerci allo studioso Carlo Pala, politologo dell’Università di Sassari.
Il professore Carlo Pala, classe 1975, originario di Orune ma residente a Nuoro, è un politologo dell’Università di Sassari. Ha conseguito il Dottorato di Ricerca in Scienze Politiche all’Università di Firenze ed è Visiting Fellow all’Institut d’Etudes Politiques di Rennes (Francia). Si occupa prevalentemente di cleavage centro-periferia, partiti etnoregionalisti, indipendentismo, Nazioni senza Stato, primarie dei maggiori Partiti politici italiani, politica nazionale e locale. Il professore Carlo Pala è mente interessante con cui discutere di storia politica sarda dalla prima Repubblica sino ad oggi.
Professore Pala, nel 2016 ha scritto il libro “Idee di Sardegna autonomisti, sovranisti indipendentisti oggi” un lavoro imprescindibile per capire il fenomeno del sardismo. Come illustrerebbe il contenuto del libro ai nostri lettori?
Il libro è un tentativo, che io sappia il primo in chiave politologica, di capire il fenomeno di quello che in letteratura è noto come cleavage centro-periferia, riguardo al caso della Sardegna. Il cleavage centro-periferia è un concetto che il grande politologo norvegese Stein Rokkan introdusse tra gli anni ’60 e ’70 del secolo scorso. Con tale espressione voleva indicare che, nelle varie fasi di costruzione degli stati nazionali europei, ci sono stati dei territori, che avevano una propria identità e una propria storia ben definita, che sono stati “incorporati” dai diversi centri politici a seconda dei contesti. Quei centri, sono centri tuttora. Per questa ragione, alcune regioni/nazioni europee hanno cominciato a sottrarsi a questa appartenenza, perché gli abitanti di queste regioni, a gradi di intensità molto diversi, hanno cominciato a reclamare da una maggiore autonomia fino alla piena indipendenza. Ad ondate più o meno definite, infatti, gli attori politici principali in tali contesti si sono attivati per politicizzare quel cleavage di cui sopra, e lo hanno resto il principale obbiettivo della propria azione politica. Questo è stato così anche perla Sardegna, che anzi vanta il terzo partito etno-regionalista in termini di tempo ancora attivo in Europa: il Partito Sardo d’Azione (PSdAZ), fondato nel 1921. Da queste esperienza se ne sono formate tante altre, fino ad arrivare ai giorni nostri. Il libro è appunto un tentativo di spiegare il cleavage centro-periferia sardo. Dopo aver esplicato cosa debba intendersi con questo concetto (compresi quelli strettamente legati di nazionalismo, regionalismo, etnia, nazione, autonomismo, indipendentismo, ecc.), l’analisi procede con una spiegazione di come e perché sia comparso anche in Sardegna, quali sono le principali teorie esplicative e come abbia reagito a tale fenomeno lo Stato italiano. Il libro si concentra dunque sull’attualità del cleavage oggi, cercando di chiarire quali siano le determinanti, comprese quelle para- o proto-politiche legate ai concetti di storia e lingua sarda, che vengono utilizzate in chiave politica. In questo ambito vengono particolarmente analizzati i concetti di Autonomia, lingua e cultura sarda, identità e sentimento di appartenenza, indipendenza; questi concetti sono stati poi collegati alle varie determinanti nei diversi contesti in Europa, per capire se anche il caso sardo, pur con tutte le diversità visibili o meno, potesse far parte scientificamente del fenomeno più generale. poi il libro si concentra su un’analisi politologica dei principali partiti – esistenti nel 2016, anno di pubblicazione del libro, e ancora esistenti oggi – che “combattono” lungo il cleavage centro-periferia isolano: il Partito Sardo d’Azione, i Rossomori, il Partito dei Sardi (PdS), Indipendentzia Repùbrica de Sardina (iRS) e Progetu Repùbrica de Sardigna (ProgReS). Il libro si chiude con una risposta senz’altro affermativa rispetto al fatto se considerare la Sardegna come luogo in cui sono visibili ancora le caratteristiche del più generale cleavage centro-periferia, sebbene con caratteristiche in parte simili e in parte differenti da quelle esistenti altrove, come è normale che sia.
In una video intervista con il centro studi Dialogo afferma che nel XXI secolo i valori del sardismo, o più in generale del Popolo Sardo, sono un tema su cui anche i partiti nazionali sono sempre più inclini a misurarsi. Vuole spiegare meglio questo concetto?
Dagli inizi degli anni Duemila nasce in Sardegna un nuovo partito indipendentista, iRS. Questo partito, che oggi non conta più i numeri – elettorali e di iscritti – che per quasi un decennio dalla sua fondazione aveva mantenuto in percentuali assolutamente alte, ha contribuito a rinnovare profondamente l’idea di indipendenza e indipendentismo sardo. Tanto che si può dire che la sua nascita ha determinato la creazione di “nuovi indipendentisti”, che magari non hanno mai avuto la sua o altre tessere in tasca, ma che si sono politicizzati su questa idea; questi erano soprattutto giovani intellettuali, spesso emigrati, che stabilirono un nuovo modo di guardare all’isola e alle sue varie realtà. Le idee di questo partito finirono ben presto per uscire fuori dal proprio interno e per circolare con ancor più forza nella società sarda. I media furono in un qualche modo “costretti” a sdoganare il tema, interpretando molto più seriamente (e non solo per le percentuali elettorali di tutto rilievo registrate da iRS) questo gruppo di giovani che hanno influenzato moltissimo il panorama indipendentista isolano. Questi ultimi si sono accorti che in Sardegna ri-circolava nuovamente una certa consapevolezza di popolo, una nuova identità che aspettava solo di essere ri-politicizzata. Le idee si sono dimostrate talmente tanto penetranti nella società sarda che accadde, e in parte ancora adesso accade, un fenomeno che solo un’altra volta nella storia sarda si è determinato: ovvero, che i partiti di ispirazione centrale operanti in Sardegna hanno finito per inseguire i partiti etnoregionalisti sardi che veicolavano idee che non si potevano più circoscrivere. Tanto che partiti come il PD o Forza Italia (PdL) hanno senza dubbio cominciato a inserire nel proprio linguaggio politico, se non la richiesta di indipendenza della Sardegna, com’era ovvio, a diverse misure, i concetti di identità sarda, di riscoperta delle proprie origini, di valutazione dell’autonomia, come percorso politico-istituzionale e storico-ideale. La riscoperta e la difesa della lingua, i temi del territorio e delle basi militari, e tutte quelle che in genere erano tematiche appartenenti alla famiglia partitica cosiddetta etnoregionalista, iniziarono ad entrare con forza nel linguaggio politico dei partiti mainstream italiani operanti in Sardegna. senza dubbio, ancora oggi, nel momento in cui si scrive, si nota e si percepisce benissimo un loro afflato nei confronti di tali temi, anche in un periodo in cui – a parte il caso significativo del PSdAZ che dopo svariati anni guida la Regione Autonoma con il proprio leader partitico – alcuni di quei partiti (soprattutto indipendentisti( hanno decisamente registrato un arretramento nello spazio politico regionale, per i più diversi motivi.
Paolo Guidone
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