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SOSTITUZIONE ETNICA? SIAMO SOLO ALL’ INIZIO

Basta farsi un giro in Francia per vedere quello ci aspetta

Sono di qualche giorno fa le parole con cui il ministro Francesco Lollobrigida auspica un aumento delle nascite per evitare una “sostituzione etnica” in Italia, ovvero la prospettiva per cui la popolazione autoctona si andrà man mano estinguendo, sostituita da masse importate da altri continenti.

Come era prevedibile, si è alzato subito un vespaio da parte di sinistra e media, accuse di razzismo e complottismo, riferimenti al cosiddetto piano Kalergi con il ministro costretto a una precipitosa e confusa retromarcia.

In realtà, questa dinamica non è nuova, anzi ricalca quanto successo in Francia alcuni anni fa, non a caso uno Stato dove il processo di immigrazione è precedente al nostro. Qui interi quartieri si sono andati svuotando e la popolazione è stata sostituita, in tempi anche piuttosto rapidi, da immigrati, soprattutto provenienti dalle ex colonie del Nord Africa, creando un fenomeno di sostituzione abbastanza vistoso.

Tutto ciò è avvenuto nel silenzio quasi generale dei giornalisti e dei media che lo ritenevano argomento tabù. Tra i primi a parlarne esplicitamente e con continuità ci sono autori (quindi esterni alla politica, almeno in quel momento) come Houellebecq e Zemmour, i quali parlano esplicitamente di Grand Remplacement, riprendendo il termine da Camus. 

Anche lì la prima reazione della sinistra è stata tentare di soffocare il dibattito con accuse di razzismo, tuttavia, a livello mentale, la popolazione francese accoglie favorevolmente la rottura di questo tabù, la fine di questo elefante nella stanza della politica che bisognava fingere di non vedere. I libri di Zemmour e Houellebecq divengono best seller e così il precedente Campo dei Santi di Raspail (scritto nel 1973 e ambientato in un futuro utopico dove masse di immigrati dal continente indiano mettono in crisi la Francia).

Dopo una fase di demonizzazione, quindi, il tema entra nel normale dibattito e gli stessi media prima avversi riconoscono che Zemmour è stato in grado di imporre qualcosa che la gente viveva, ma che non trovava uno spazio nella discussione politica, anche perché si era scelto volutamente di ignorarlo.

Ma spaziando un po’ in Europa, chiunque abbia viaggiato sa che questo tema è trasversale ed è ancora tabù per molti. Chi scrive è stato colpito da due episodi: il primo nell’aeroporto di Gatwick, dove nella ex cappella, ora generica “sala di preghiera”, si possono trovare a disposizione decine di copie del Corano e solo una Bibbia; il secondo a Vienna, dove durante gli Europei di calcio notai che interi quartieri periferici vedevano esposte bandiere turche sulla quasi totalità dei balconi, rendendo le strade più simili a quelle di Ankara che a quelle di una città Mitteleuropea.

Ma anche in Italia questo timore esiste ed è diffuso, come testimoniato da un sondaggio di Termometro Politico, secondo cui le parole del ministro Lollobrigida sono condivise da circa il 46,5 % della popolazione italiana. Un dato da non sopravvalutare.

Per concludere, tornando sul caso francese, un film molto interessante a questo proposito è La crisi!, che già nel 1992 affronta i disagi e l’impatto di un’immigrazione incontrollata, ritraendo con crudo sarcasmo l’arroganza e i complessi di superiorità dell’allora grande Partito Socialista, attraverso la figura di un avvocato progressista che gira accompagnandosi suo malgrado con Michou, un uomo semplice che si trova senza fissa dimora anche a causa di una situazione di disagio familiare, capace però con la sua sincerità di squarciare il velo di ipocrisia che ammanta il mondo radical-chic.

Uno degli episodi salienti del film (e che si trova anche su YouTube, per chi fosse interessato) si ha nel confronto tra un ricco politico socialista che accusa in modo supponente e paternalistico Michou di essere razzista e di simpatie lepeniste, mentre Michou con semplicità osserva che è facile parlare di accoglienza abitando nel ricco comune di Neuilly, mentre è più difficile farlo a Saint Denis, dove abita lui, e dove la percentuale di cittadini stranieri è cresciuta in modo esponenziale. 

Bisogna “stringersi per fare posto”, ma finora gli unici ad averlo fatto sono quelli di Saint Denis… e mentre lo fanno devono continuare a sorridere, per non rischiare di essere accusati di essere immorali e razzisti da chi quelle dinamiche non le subisce, come il ricco deputato socialista che dalla sua villa si scaglia con orrore contro i lepenisti.

Tra l’altro, con crudele ironia, mentre si svolge questo dibattito in salotto, la moglie del politico è in cucina a sproloquiare sui limiti e i difetti delle proprie cameriere, basandosi sulla loro “razza” di appartenenza. 

In altre parole, già nel ’92 la situazione di disagio in alcune zone della Francia era molto alta, ma doveva essere taciuta per non incorrere nell’accusa di razzismo da parte di una élite progressista che non viveva sulla propria pelle questi problemi.

Ci sono voluti anni perché questa tematica fosse riconosciuta come reale. Succederà lo stesso anche in Italia, prima che sia troppo tardi?

Andrea Campiglio

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