Invece che l’orsa, uccidete il vostro modo di vivere la Natura
La colpa è dell’orsa che difendeva il suo territorio e i suoi cuccioli o di chi l’ha prima cacciata e poi resa simbolo di un ripopolamento green?
La morte di Andrea Papi è una immane tragedia per la sua famiglia e per la sua comunità, una giovane vita, senza colpe, stroncata. Una morte senza una spiegazione che possa colmare il vuoto lasciato ai vivi.
Non è possibile immaginare il dolore di una madre, di un padre, della famiglia tutta e degli amici. Quando si è diffusa la notizia il mio primo pensiero istintivo è stato:
“L’orsa va uccisa perché è pericolosa per l’uomo”.
L’orsa è il carnefice l’uomo la vittima. I giorni passano, i dettagli della vicenda si arricchiscono di nuovi elementi. Primo fra tutti il perché l’orsa fosse lì.
Il principale motivo è lo sviluppo di programmi di ripopolazione animale promossi dall’Unione Europea, in particolare Life Ursus e Pacobase, che sono all’origine della presenza degli orsi in Trentino e che hanno causato negli anni l’aumento incontrollato della popolazione degli orsi, con un numero di esemplari molto più alto di quanto previsto rispetto all’area di riferimento.
Ora il Tar ha deciso per la cattura di “Jj4”, questo il nome dato all’orsa, ma il dibattito tiene ancora banco sui social e a livello politico con voci favorevoli e contrarie al suo abbattimento. Qualcuno dice di non lasciarsi influenzare da sentimenti ambientalisti, il pensiero si può riassumere:
“Anche se l’orsa era lì per responsabilità umana, alla fine la colpa è dell’orsa che quindi va uccisa”.
Il suddetto pensiero, proveniente da più voci politiche, unito alla notizia che a quanto emergerebbe dalle più recenti ricostruzioni quest’orsa stesse difendendo i suoi cuccioli nel suo territorio, mi ha fatto riflettere su alcune contraddizioni facendo emergere dubbi e domande che hanno iniziato a farsi strada in quello che inizialmente era un pensiero chiaro: “L’orsa deve morire”.
Se un animale difende i suoi cuccioli, in quello che è il suo habitat naturale, stiamo davvero pensando che la soluzione sia uccidere l’animale? Chi doveva controllare i programmi di ripopolazione per limitare il rischio che questa tragedia avvenisse? Abbiamo davvero tutto sotto controllo? E’ giusto pensare un ripopolamento degli orsi e poi lamentarsi se gli stessi hanno un comportamento per loro naturale? Punendo Jj4 gli altri orsi capirebbero qualcosa?
Da diversi anni ormai stiamo assistendo ad un fenomeno pervasivo, il controllo sembra la soluzione di ogni cosa in ogni ambito della società umana: il cibo, il clima, la salute, ogni merito è da attribuire al controllo, mentre la colpa non è mai del controllore.
Quello che appare essere sempre più il pensiero comune è che si possa controllare ogni cosa nella sfera naturale come dire:
“La colpa è dell’orsa che difendeva quello che considerava il suo territorio e i suoi cuccioli, non di chi l’ha prima cacciata e poi resa simbolo di un ripopolamento green”.
La soluzione è l’abbattimento? Di fatto non è una soluzione e non sarà efficace nel prevenire altri episodi, suona più come un umanissimo sentimento di vendetta, perché non dimentichiamoci che la responsabilità è dell’uomo se l’orsa non c’è, e dell’orsa se l’orsa c’è.
Quale messaggio può passare da un’azione del genere? L’epoca in cui viviamo è piena di contraddizioni, declamiamo la volontà a vivere in modo sostenibile, quasi fosse una religione, ma non capiamo di fatto cosa questo comporti: vogliamo aumentare la popolazione degli orsi, ma quando scopriamo che l’orso è un animale e da tale si comporta lo vogliamo uccidere, la madre difende i cuccioli: deve morire.
Allo stesso modo le contraddizioni aumentano cambiando il livello e l’ambito: vogliamo diminuire il nostro impatto ambientale, ma promuoviamo l’estrazione di gas tramite fracking (Ndr: l’induzione di micro-terremoti legati alla zona di estrazione. Questo può causare stravolgimenti del sottosuolo dell’area di interesse, alterando inevitabilmente l’ecosistema locale), che significa distruggere la terra; vogliamo diminuire la Co2 con interventi pervasivi sulla casa, sul lavoro, sulle libertà, sui comportamenti, senza valutare le conseguenze; siamo in crisi di natalità e cerchiamo di togliere i termini “madre” e “padre” dalle istituzioni, tanto siamo tutti surrogati.
Questo ovviamente è un fenomeno guidato convintamente solo della cosiddetta “civiltà occidentale”, la stessa che sta avendo uno dei peggiori momenti di crisi demografica (e culturale) proprio nei giorni in cui l’India supera la Cina per numero di popolazione. La colpa è dell’orsa.
Come può combaciare un ragionamento del genere con l’ambientalismo spinto in cui l’Uomo sembra essere un deus ex machina, senza considerare i principi stessi della natura di cui egli stesso fa parte? E allora insieme figurativamente uccidiamo una madre, e diamo valore ad un “green pensiero” che immagina un mondo dove tornare alla natura senza l’uomo dentro, che responsabilizza l’animale, dotato di istinto e non l’uomo, dotato di raziocinio, che premia il controllo come successo a prescindere, senza valutarne le conseguenze.
Ormai siamo ad un punto in cui l’Uomo è considerato al di fuori della natura, quando invece ne fa pienamente parte, ne subisce le conseguenze, come comprimario o come protagonista a volte riesce a domarla e a volte ne esce sconfitto.
E allora dove ci porta tutto questo? Ci porta a perdersi in uno strano dualismo in cui uomo e natura sono staccati, alieni, in alcuni casi dominatori. Tutto si perde in un maelstrom di idee o ideologie come le si voglia chiamare, ma il riflesso sulla società è evidente: la madre in difesa dei cuccioli diventa un problema? Cancelliamo la madre. Uno sciatore viene sommerso da una slavina? Colpa del cambiamento climatico. E se dicessimo che il maggior produttore di Co2 è l’uomo semplicemente respirando?
Questa consapevolezza non dovrebbe mai abbandonarci, ma se succede…la colpa è dell’orsa.
Massimo Mattia
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