RUSSIA, TURCHIA E IRAN: IL TRIS E’ SERVITO
Le autorità del vecchio continente, “famoso” per il proprio etnocentrismo, avrebbero sicuramente scommesso che l’inizio del conflitto Russia-Ucraina avrebbe scompaginato lo schema delle alleanze a livello mondiale. Se mai questo scenario fosse stato ipotizzato alla luce delle attuali consapevolezze si profilerebbe l’assoluta erroneità.
Un esempio concreto dell’immutabilità di alcune dinamiche è dato dal Processo di Astana (processo di pace per la guerra civile siriana messo in atto nel 2016 parallelamente a quello ufficiale di Ginevra) che segnò un’inedita fase delle relazioni internazionali tra Russia, Turchia e Iran. Questa iniziativa fu ragionevolmente uno dei segnali principali (sottovalutati) che manifestavano la crisi del sistema internazionale e la sfiducia verso alcuni organismi internazionali. L’intento dei tre stati, infatti, fu quello di fornire una “narrazione” differente rispetto a quella proposta dalle Nazioni Unite che descriveva Bashar El Assad come un leader sanguinario in crisi e che oggi, contrariamente alle aspettative occidentali, esce da quegli anni infelici come vincitore e promotore di una nuova fase di normalizzazione sociale. Russia e Iran non hanno mai fatto segreto di sostenere Damasco in chiave antiterroristica anche se legittimi sospetti hanno sempre fatto emergere l’idea che tacciati di terrorismo non fossero unicamente i seguaci del Califfato, ma più genericamente chiunque si opponesse all’autorità del presidente.
La Turchia all’epoca sosteneva i ribelli siriani nella speranza, nel caso fosse stato destituito Assad, di assumere maggiore controllo della zona settentrionale dello stato (regione a forte prevalenza curda). L’intento era sicuramente quello di destabilizzare l’aiuto fornito ai curdi turchi nel sud anatolico ed il fatto che nel nord della Siria le truppe sunnite fedeli ad Ankara abbiano un ruolo privilegiato è conferma che l’intenzione posta in essere anni prima è stata lungimirante per gli interessi di Erdoğan. Al di là del singolo interesse strategico, la Turchia si “accodò” all’iniziativa russo-iraniana perché consapevole che, seppur sanguinosamente, Assad avrebbe riacquisito potere e alla luce di ciò era importante essere attore in causa e non solo spettatore.
Trascorsi sei anni, il 19 luglio 2022 Vladimir Putin ha incontrato a Teheran Ebrahim Raisi e Recep Tayyp Erdoğan. I temi all’ordine del giorno sono stati: l’approvvigionamento del grano ucraino, il relativo conflitto in corso e gli sviluppi della crisi sociale in Siria. Questo importante vertice consente alla Russia di riaffermare e mantenere il suo ruolo di spicco in Medio Oriente. La Turchia dipende per l’80% dal grano russo e ucraino, non è passato inosservato quindi l’accordo stretto con i due paesi in guerra e le Nazioni Unite per garantire sicuri rifornimenti.
Il vertice è stato anche uno strumento utile agli stati per “spartirsi” le zone di influenza in Siria, soprattutto alla luce dei numerosi attacchi turchi verso le forze curde. Antony Blinken (segretario di Stato statunitense) ha descritto queste azioni come causa di instabilità regionale.
L’aggressività turca nei confronti dei curdi mette però in difficoltà l’Iran che preferirebbe mantenere un rapporto di equilibrio. Proprio per questo, prima dell’incontro, Ali Khamenei (Guida Suprema iraniana) ha messo in guardia Erdoğan dalle conseguenze delle scelte intraprese in tal senso. Forte è la paura che un’offensiva spinga una nuova ondata di profughi in Iraq e il caos conseguente potrebbe facilitare la riorganizzazione delle cellule dormienti del Califfato.
L’incognita turca è strettamente legata al fatto che nel 2023 si terranno le elezioni presidenziali ed Erdoğan vorrebbe puntare la propria campagna elettorale sulle azioni securitarie poste in essere a difesa dello stato. Un altro aspetto importante è legato all’immigrazione siriana in Turchia che aggrava la crisi economica che sta attraversando il paese. Gli attacchi nella zona settentrionale della Siria (a prevalenza curda) potrebbero essere parte dell’idea strategica del presidente anatolico di creare le condizioni ideali affinché gli immigrati riattraversino il confine, sicuri di trovare una zona confacente alla loro ricostruzione sociale. Tale regione, il Rojava, è il lembo di terra che vorrebbero rendere indipendente i curdi siriani e ciò spiega agevolmente le ragioni del conflitto in essere.
A confermare l’alleanza posta in essere è la notizia secondo cui l’Iran avrebbe predisposto dei suoi droni per aiutare i russi nell’avanzata in Ucraina. L’intesa tra i tre stati non è però esente da criticità come ad esempio le tensioni inerenti l’approvvigionamento idrico tra Iran e Turchia. Mosca ha recentemente abbassato i prezzi del petrolio e ciò ha fatto sì che la Cina abbandonasse i rifornimenti iraniani per volgere la propria attenzione al Cremlino; questo fatto non è da ascrivere ad un semplice “sgarbo” di natura commerciale, ma rappresenta un grande problema per Teheran che si trova già a fronteggiare la problematiche inerenti le sanzioni statunitensi.
Arianne Ghersi
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