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DAL BURKINA FASO ALL’ UCRAINA: LA STRATEGIA RUSSA E’ AD AMPIO RESPIRO

Tra il 23 e il 24 gennaio di quest’anno un nuovo colpo di stato è stato perpetrato nel continente africano: il Burkina Faso, uno dei paesi più poveri del mondo, ha visto l’esplosione di una nuova crisi dopo che importanti segnali di cambiamento si erano manifestati con il blocco di internet ad uso civile.

Da lungo tempo sembra che la popolazione vivesse con “esasperazione” il proliferare di gruppi armati che il governo non riusciva ad osteggiare e il culmine è stato raggiunto quando il presidente Roch Marc Kaboré è stato arrestato dai militari che hanno conseguentemente sospeso l’attuabilità della costituzione prendendo in carico la gestione dello stato.

L’esasperazione della popolazione sembra fosse sentita anche dai militari che lamentavano l’assenza di una guida forte capace di condurre il paese ad una nuova stabilità. Conferma di ciò la si può verificare analizzando il profilo Twitter del presidente che, nelle ore precedenti alla sua coatta destituzione, apparentemente ignaro dei successivi sviluppi, manifestava orgoglio verso il popolo a seguito di una vittoria calcistica della propria nazionale con uno stato limitrofo.

Lo stato di insicurezza del paese è precipitato appunto da quando Kaboré è salito al potere nel 2015: si registrano sempre maggiori infiltrazioni di Al Qaeda all’interno del territorio nazionale e fonti non ufficiali hanno costantemente denunciato negli anni la completa ingovernabilità delle zone più lontane dai centri urbani. È stimato che dal 2015 ad oggi, circa 2 mila persone siano morte a causa di attentati ricollegabili al terrorismo di matrice jihadista.

Gran parte dell’instabilità terroristica del paese è dovuta al “licenziamento” post regime Gheddafi che ha portato molti mercenari a non avere più un “impiego” e conseguentemente a rivolgersi alla galassia terroristica per trovare nuovi spazi di reclutamento. Secondo i dati forniti dall’Onu, gli attacchi subiti da civili e militari nelle regioni di prossimità al Sahel sono quintuplicati nel quadriennio 2016-2020. Le zone a nord e ad est del paese hanno visto un incremento di operazioni riconducibili a cellule jihadiste, tra cui: Stato Islamico nel Grande Sahara (ISGS), Jama’at Nasr al-Islam wal Muslimin (JNIM) e al Qaeda nel Magreb Islamico (AQIM).

Gli insorti hanno sostenuto un vero e proprio movimento (Movimento Patriottico per la Salvaguardia e la Ricostruzione – MPSR) formato dai militari golpisti.

Il 9 febbraio è stato eletto nuovo capo di stato il colonnello maggiore David Kabre. Al quotidiano Africa News ha lanciato un appello all’unità nazionale e alle forze armate dichiarando: “per prendere un nuovo impegno con me, per dare un nuovo respiro alla lotta al terrorismo nel nostro Paese” e ha sottolineato che la sua “assunzione del comando avviene in un contesto di sicurezza caratterizzato dalla recrudescenza di attentati terroristici in diverse parti del nostro territorio”.

Quanto descritto trova diretto collegamento con quanto sta avvenendo in Ucraina. Il gruppo Wagner (mercenari russi presenti in tutte le principali aree di conflitto del mondo) sta operando al fine di stringere nuove collaborazioni in territori complessi. Non è certo un mistero la frizione creatasi da tempo tra Francia e Russia in merito all’ottenimento di sempre maggiore influenza nel Sahel.

Riprova di quanto appena asserito risiede nel fatto che il capo dei contractors della Wagner (Evgenij Prigožin, indubbio personaggio russo di spicco) abbia apertamente appoggiato la presa di potere dei militari in Burkina Faso, dando la propria “benedizione” al primo colonello (Damiba) che ha assunto temporaneamente il ruolo di presidente in attesa della presa in carico ufficiale da parte di Kabre.

Nessun dato certo può davvero essere espresso circa la reale “infiltrazione” del gruppo Wagner nel paese. Alcune fonti non autorizzate riferiscono che la definitiva “rovina” del deposto presidente Kaboré sia da imputare al rifiuto netto nei confronti del sostegno offerto dalla Wagner per fronteggiare l’instabilità nella zona settentrionale del paese. A conferma di ciò si registra che in alcune manifestazioni a sostegno del golpe militare sembra siano state sventolate delle bandiere russe.

Al di là di quelle che potrebbero sembrare illazioni e congetture, appare ormai evidente come la Russia punti a coprire tutte le debolezze manifestate da singoli stati del vecchio continente e dall’Unione Europea stessa. Il Sahel è diventato una zona di prioritario interesse russo a seguito dell’annuncio del ritiro francese. La Siria, il cui presidente Assad ancora si affida sostanziosamente alle forze russe per il controllo del territorio, è l’esempio lampante di come la strategia del Cremlino sia quella di aiutare determinate forze di alcuni paesi nel momento di crisi al fine di creare sodalizi duraturi e garantirsi così una presenza costante in svariati teatri. La Russia è in grado di fornire sostegno militare ed economico a paesi che volgendo lo sguardo verso l’Ue non troverebbero pari sostegno.

Non è certo un caso che il capo di stato più attivo nelle relazioni diplomatiche con Putin pre-invasione Ucraina sia stato appunto Macron. La guerra in pieno svolgimento nell’est Europa è sicuramente confacente all’esigenza russa di poter apertamente manifestare la debolezza Nato nei confronti dei paesi del sud del mondo, il Sahel e la Libia rischiano di trasformarsi in un terrificante banco di prova.

Arianne Ghersi

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