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L’ ALBANIA CONTESA DA CINA, USA E TURCHIA. L’EUROPA RESTA A GUARDARE?

Sembra ormai passata un’eternità da quando nei telegiornali italiani venivano trasmesse le immagini di navi che “attraccavano” sulle nostre coste sud orientali cariche di disperati provenienti dall’Albania.

Negli anni successivi la tendenza è poi cambiata, l’immigrazione è diventata meno incessante (seppur costante) e il fatto di trovare molti giovani albanesi nelle nostre università o lavoratori che, ascoltando in patria la tv italiana, parlano fluentemente la nostra lingua, ha forse spostato l’attenzione da questa “provenienza”. Ovviamente, come in tutte le realtà, la delinquenza è presente, ma seppur corredata da stereotipi, il fenomeno non è più parte centrale delle nostre notizie di cronaca.

Si è parlato lungamente nel passato di un’annessione dell’Albania all’Europa, prospettando partenariati economici estremamente vantaggiosi. L’intento non si è poi tradotto in azioni concrete principalmente per due motivi: l’Albania era impossibilitata a fornire le garanzie economiche richieste per accedere all’Unione e parte della politica del vecchio continente vedeva questo stato troppo “culturalmente a margine”, quasi come se esso stesso delimitasse una linea di confine o meglio un cuscinetto.

Questo ha fatto sì che i riflettori accesi sull’Albania si spegnessero e con il sopraggiungere della pandemia è stato sospeso un gran numero di accordi precedentemente stipulati in materia economica: è una realtà, infatti, che molti investitori europei, ma anche grandi marchi internazionali, fossero interessati all’Albania per quanto riguarda il comparto viaggi (soprattutto colossi specializzati nell’accoglienza in strutture comunemente definite “villaggi vacanze”).

Alla luce di quanto sommariamente descritto, dopo un biennio di assenza di notizie, l’Albania torna in auge sotto una nuova veste: terreno di “gioco” delle super potenze.

La Turchia è un attore primario di questa trasformazione che, dopo aver istituito una base militare in Somalia, aver stretto importanti accordi in merito alla vendita di droni con Marocco e Tunisia, aver reso sempre più “importante” la propria presenza militare in Tripolitania accettando affiliazioni di gruppi di mercenari siriani, ha siglato nei primi giorni di gennaio sette accordi inerenti settori diversi nel corso di una visita ufficiale a Tirana, su specifico invito del premier albanese Edi Rama. Data l’importanza dell’occasione, Erdoǧan è stato accompagnato dai principali ministri del suo governo: Esteri (Mevlut Cavusoglu), Difesa (Hulusi Akar), Interno (Suleyman Soylu), Amibiente – urbanizzazione – cambiamenti climatici (Murat Kurum), Sport e Gioventù (Mehmet Muharrem Kasapoglu), Turismo e Cultura (Mehmet Nuri Ersoy).Le materie su cui vertono i trattati riguardano i media (creazione di un partenariato tra l’agenzia turca Anadolu e l’Agenzia Telegrafica Albanese), il controllo di emergenze e catastrofi, l’archivistica statale, la promozione delle attività sportive, della cultura e dell’arte, la valorizzazione delle capacità dei giovani e ultimo, ma non certo per importanza, la sicurezza.

Erdoǧan ha avuto inoltre occasione di partecipare all’inaugurazione a Tirana della moschea Ethem Bey, recentemente restaurata grazie alla collaborazione dell’Agenzia turca di cooperazione e coordinamento (TIKA).

È facilmente intuibile come tutto ciò sia segnale di un longevo legame tra i due paesi che trova conferma in un articolo pubblicato da Deutsche Welle in cui vengono riportate le fotografie di una visita di Erdoǧan, avvenuta nel 2013, in Kosovo; in tale occasione il presidente turco è accompagnato da Edi Rama, il suo corrispettivo albanese. Si può quindi dedurre che qualsiasi accordo futuro stipulato dall’Albania con altri paesi non recherebbe nessun danno alla Turchia, anzi, si cercherebbe un vantaggio reciproco alla luce di questo gemellaggio de facto.

Il sodalizio tuttavia rischia comunque di incrinarsi in quanto lo stato balcanico è entrato prepotentemente nella sfera di interesse di Cina e Stati Uniti. L’Albania ha già intrapreso una ventina di accordi commerciali con il paese del dragone per un ammontare di circa 32 miliardi di dollari, senza però cadere nell’errore commesso da altri corregionali, evitando di indebitarsi con Pechino. Invece, per quanto concerne il continente a stelle e strisce, già Trump siglò accordi inerenti al 5G in modo da tarpare le ali nel settore ai competitors. Sono noti anche gli investimenti in campo militare e ciò è confermato dal fatto che l’Albania abbia recentemente ospitato operazioni di addestramento riconducibili all’operazione Defender  Europe 21.

L’Albania ha sempre sostenuto una posizione vicina all’Occidente, ma questo non porta allo scoramento delle intenzioni cinesi. A fine ottobre 2021, infatti, Wang Yi (ministro degli Esteri), prima di partecipare al G20 tenutosi a Roma, ha previsto una tappa nel paese balcanico. È fondamentale ricordare l’ambizioso e faraonico progetto della Cina inerente alla Nuova Via della Seta: in tale ottica l’Albania, come le sponde sud orientali italiane, assumono un’importanza strategica determinante come porta di accesso al Mediterraneo.

Valutando attentamente lo scenario internazionale è quindi prioritario che Bruxelles prenda una posizione netta in merito alle richieste mai sopite dell’Albania per l’annessione all’Unione Europea. Se questa ipotesi fosse sottovalutata o respinta si creerebbe un vuoto che difficilmente la Turchia saprebbe colmare da sola. L’influenza cinese assumerebbe il ruolo di avvoltoio e sarebbe una sponda sicura per l’Albania che certamente troverebbe rifugio per i propri problemi interni legati all’inflazione e alla dilagante corruzione.

Arianne Ghersi

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