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L’ IPOCRISIA DEMOCRATICA

Il 9 e 10 dicembre dell’anno che si è appena concluso l’Italia ha partecipato al Summit per la Democrazia, convocato dagli Stati Uniti “per riaffermare la democrazia in patria e affrontare le autocrazie oltre frontiera”.

Da quando si è insediato alla Presidenza del Consiglio, Mario Draghi ha ribadito l’orientamento atlantista del nostro Paese, collegandolo ad una scelta di tipo valoriale, in contrapposizione ad altri modelli politici, economici e sociali.

Nel suo primo discorso alle Camere, il premier ha denunciato le “violazioni dei diritti dei cittadini in Russia”.

Poi, dal G7 in Cornovaglia, ha definito la Cina “un’autocrazia che non aderisce alle regole multilaterali, non condivide la stessa visione del mondo delle democrazie”.

Secondo la narrazione sostenuta dal premier e rilanciata dall’adesione italiana al summit di dicembre, l’assetto democratico del nostro Paese sarebbe minacciato dall’esterno, principalmente dall’influenza di Mosca e Pechino.

Eppure, se il popolo italiano oggi teme per la sopravvivenza della propria democrazia, non è certo per Cina e Russia, ma proprio per le politiche intraprese dal governo Draghi.

Come diretta conseguenza delle misure di questo governo, oggi almeno il 20% della nostra popolazione è sistematicamente escluso dall’accesso ai mezzi di trasporto pubblici, all’istruzione, ai luoghi di cultura, allo sport, al lavoro, alla sanità, in quella che costituisce la più estesa violazione dei diritti umani fondamentali che non si vedesse in Europa dalla fine della Seconda Guerra Mondiale.

Ogni giorno contro questa minoranza assistiamo, da parte anche delle massime cariche dello Stato, all’utilizzo di toni violenti, ricattatori, minacciosi, indegni di un paese moderno, che vorrebbe ergersi a modello di democrazia, e che ricordano piuttosto una nazione sull’orlo della guerra civile. La manifestazione pacifica del proprio dissenso rispetto alle politiche discriminatorie di Draghi è impedita da una repressione poliziesca brutale, assolutamente sproporzionata e senza precedenti nella storia repubblicana, che non si pone più l’obiettivo di tutelare l’ordine pubblico ma piuttosto quello di terrorizzare i manifestanti con ogni tipo di intimidazione per far sì che non scendano più in piazza.

Per il quadro che ho appena descritto, l’Italia di Draghi costituisce un grave imbarazzo per le democrazie occidentali nello scontro con le cosiddette “autocrazie”.

Infatti, se l’Italia dovesse dare il proprio appoggio a nuove sanzioni o risoluzioni di condanna contro Russia e Cina, potrebbero verosimilmente invertirsi le parti ed essere l’Occidente a finire sul banco degli imputati.

Non è fantascienza pensare che presto, come noi tutti in Italia conosciamo la storia del dissidente russo Navalnyi o le vicissitudini degli studenti di Hong Kong, così in quelle terre lontane possano conoscere le incredibili e aberranti violazioni dei diritti umani che avvengono in Italia con il pretesto dell’emergenza sanitaria.

Una volta che le due potenze eurasiatiche decidessero di replicare all’Occidente con lo stesso metodo con cui l’Occidente le attacca, avrebbero soltanto l’imbarazzo della scelta, tanti sono i casi di oscena limitazione delle libertà fondamentali che si susseguono nel nostro Paese.

La Russia potrebbe portare all’attenzione della comunità internazionale il caso delle due sorelle manifestanti che, alla fine di un corteo a Milano, sono state portate negli edifici della Questura, costrette a denudarsi e minacciate di perquisizione corporale, o del dodicenne che in provincia di Como la Polizia ha fatto scendere dall’autobus con cui andava a scuola.

La Cina potrebbe sollevare il caso di quegli abitanti della Sardegna divenuti prigionieri nella propria isola, che non possono lasciare nemmeno per curarsi sulla terraferma, in barba ad ogni convenzione internazionale, o di quei pazienti in lista di attesa per un intervento chirurgico che, quando arriva il loro turno, vengono rifiutati da uno degli ospedali più prestigiosi d’Italia.

Se non bastassero questi casi particolarmente vergognosi, presto potrebbero essere centinaia di migliaia i lavoratori sospesi senza stipendio nel nostro Paese.

Risulta difficile pensare che queste persone, private dei servizi pubblici fondamentali per cui pagano le tasse, e a cui il proprio Stato nega anche il pane, sosterrebbero con entusiasmo un eventuale coinvolgimento dell’Italia in avventure militari all’estero, magari con le parole d’ordine, che per loro suonerebbero come una presa in giro, della difesa della democrazia dalle dittature. In un mondo interconnesso e multipolare come quello di oggi, Draghi si illude di poter sottrarre una situazione di simile gravità allo sguardo delle altre potenze, di quelle alleate come delle rivali, e non si accorge di quanto ipocrita risulti l’indirizzo di politica estera che ha impresso al nostro Paese, non appena esso venga confrontato con la politica interna di apartheid che ha inaugurato..

Isaia Uslenghi

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