EMIRATI E IRAN: INCONTRO STORICO PER IL FUTURO DEL MEDIORIENTE
La notizia di questo incontro era ipotizzata da tempo. Due storici rivali sederanno allo stesso “tavolo”, la data precisa non è ancora stata diffusa. Il consigliere diplomatico del presidente degli Emirati ha confermato quanto trapelato, tradendo anche una certa impazienza; in una conferenza stampa ha dichiarato: “Prima è, meglio è, e spero che tutti i nostri amici ne siano consapevoli”.
L’incontro è da inquadrare in una dinamica regionale che si sposa alla perfezione con le intenzioni emiratine: è ormai chiaro agli occhi del mondo l’intento statunitense di disimpegnarsi dal ruolo di stabilizzatore del medioriente e, allo stesso tempo, l’Arabia Saudita soffre da tempo il proprio impegno che costringe lo stato a compiere azioni richiedenti uno sforzo esagerato per la propria struttura organizzativa e burocratica interna.
Ali Bagheri Kani (vice ministro degli esteri e capo negoziatore su ciò che è inerente al nucleare iraniano) e Anwar Gargash (consigliere diplomatico del presidente degli Emirati) si sono incontrati il 24 novembre alla presenza di altri alti funzionari; già questo primo contatto è da considerarsi “storico” ma, allo stesso tempo, è opinione diffusa che Abu Dhabi stia impiegando ogni cellula del proprio capitale politico al fine di diventare il nuovo protagonista capace di attirare la “simpatia” del resto del mondo. Indubbiamente la guerra in Yemen gioco un ruolo di primo piano dato che molte avversità nei rapporti sono conseguenti agli “incidenti” registratisi nel corso degli ultimi anni ai danni di navi delle super potenze dei paesi del Golfo che, immancabilmente, subivano attacchi dai ribelli yemeniti sovvenzionati dai Pasdaran iraniani.
Questo riposizionamento gioca sicuramente a favore di Teheran che, attualmente, si trova in una delicata fase di pressoché totale isolamento e che potrebbe quindi puntare a riallacciare i legami con i paesi limitrofi in chiave della creazione di rapporti più distesi con gli Usa, valutando quindi i corregionali come intermediari. È importante tener presente, inoltre, che gli Emirati sono stati tra i primi a sottoscrivere gli accordi di Abramo (volti al riconoscimento della nazione ebraica) e proprio ciò potrebbe agevolare un rapporto, sempre estremamente indiretto, tra Israele e Iran.
Recentemente si è registrato un importante riavvicinamento degli Emirati verso la Siria, giudicato “eccessivo” da parte degli Usa. Quanto avvenuto non è certo un fatto nuovo in quanto già nel 2019 importanti rappresentati emiratini avevano partecipato ad un evento tenutosi alla fiera di Damasco anche se in tale occasione questo avvicinamento non ha portato a reali effetti distensivi. Il principale motivo era forse da imputare ancora all’eccessiva instabilità del paese ma, conseguentemente alle elezioni presidenziali e alla vittoria nella guerra civile ormai conclusasi, Bashar Al Assad ha potuto nuovamente porsi agli occhi dei corregionali come figura solida alla guida del paese. La “conclusione” delle vicende siriane apre inoltre importanti percorsi economici legati alla ricostruzione del paese: le attenzioni in tal senso di Russia e Cina sono fatto noto, ma è indubbio che anche gli Emirati siano interessati a presentarsi come “volto amico” della nuova stabilità creatasi. È stata proprio la creazione di un “terreno comune” tra Pechino, Mosca ed Abu Dhabi a preoccupare Washington: se i rapporti si intensificassero non solo in campo economico, ma anche in campo geopolitico, gli Usa rischierebbero di diventare succubi del loro stesso piano di “abbandono”. L’imbarazzo legato alle posizioni di Assad preoccupano molto Biden che ha sempre puntato alla creazione di un dialogo improntato su una base valoriale comune: molti sono i dossier che interessano il presidente siriano e che porrebbero in imbarazzo gli Stati Uniti.
A conferma di questo sospetto dobbiamo ricordare che il dissidente siriano chiamato con il pseudonimo “Caesar” è riuscito ad ottenere protezione internazionale dal paese a stelle e strisce. Il rifugiato, ex appartenente alla polizia militare siriana, è riuscito a portare con sé molte foto delle atrocità subite dai prigionieri nelle carceri e questo materiale sembra sia riconducile anche al periodo precedente alla guerra civile. Indubbiamente questo aspetto noto alla cronaca mondiale renderebbe impossibile per Biden accettare una fraterna amicizia tra Abu Dhabi e Damasco.
Arianne Ghersi
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