SOMALIA: IL NUOVO CENTRO DEL TERRORISMO JIHADISTA MONDIALE
Nel quasi totale silenzio mondiale, le elezioni presidenziali e parlamentari che si sarebbero dovute tenere il 25 luglio sono state rimandate senza che una data sia stata fissata.
La Costituzione redatta nel 2012 ed entrata in vigore nel 2016 prevede la suddivisione della nazione in cinque stati federali: Puntland, Galmudugh, Hirshabelle, Somalia sud occidentale, Jubaland. La colpa del ritardo elettorale è stata imputata al fatto che queste regioni non siano riuscite a presentare in tempo le liste dei candidati. Il complesso sistema elettorale prevede che dei rappresentanti (o meglio delegati) dei diversi clan delle cinque regioni siano incaricati della selezione dei parlamentari, responsabili a loro volta della scelta del presidente.
Fonti non ufficiali sostengono che i ritardi siano stati dovuti alla diretta manipolazione degli jihadisti di Al-Shabaab attraverso un audio messaggio di Ahmed Umar Abu Ubaidah, capo del gruppo terroristico.
Il 2021 giunge ormai a conclusione e le elezioni non sono state riprogrammate. La causa da addurre per il caos creatosi nel paese è direttamente collegato al termine del mandato (febbraio 2021) del presidente Mohamed Abdullahi Mohamed. Per arginare la crisi si era suggerito che la carica potesse essere estesa oltre i termini previsti, ipotizzando un ulteriore biennio. La crisi che è derivata dalla bocciatura di tale proposta ha coinvolto ogni singolo apparato del paese: tutto ciò ha giovato considerevolmente alla popolarità di Al-Shababb che da anni cerca di impadronirsi dell’intero potere.
Da quanto sommariamente descritto si intuisce quanto il gruppo terroristico si sia trasformato nell’ “ago della bilancia” non solo della Somalia, ma dell’intero assetto jihadista.
Come ho avuto più volte modo di sottolineare, la disgregazione dell’Isis ha portato alla ricerca di nuovi orizzonti e i nuovi sviluppi in Afghanistan hanno sicuramente minato le certezze qaediste. Al-Shabaab è una realtà riconducibile ad Al-Qaeda che, attualmente, oltre ad essi, può “affidarsi” con ragionevole certezza unicamente ai rivoltosi yemeniti. Ciò che ha sparigliato le carte è l’annessione, seppur in corso, alla galassia del Califfato di Boko Haram. Sembra quasi che le “piccole” ma potenti cellule locali non abbiano più possibilità di sopravvivere autonomamente dato che per mantenere viva un’organizzazione terroristica sono necessari proventi considerevoli. Alla luce di ciò c’è da chiedersi se Al-Shabaab miri ad essere la terza sigla fondante il terrorismo islamico o se stia “unicamente” trattando il prezzo della propria potenza con i due capisaldi fondamentalisti. Le due ipotesi infatti trovano conferma nel fatto che i guerriglieri somali siano assolutamente capaci di valicare i propri confini nazionali e che, dopo un primo periodo iniziale di finanziamento per mezzo della pirateria, siano giunti a compiere azioni di “altissimo” livello: massacri violentissimi di civili e rapimenti (il caso di Silvia Romano è ancora fresco nelle nostre menti).
Anche gli Stati Uniti, che sicuramente ultimamente non sono celebrati per lungimiranza geopolitica, hanno compreso la gravità della situazione e hanno deciso di bloccare i finanziamenti a Danab (parte dell’esercito nazionale somalo, Sna, addestrata da Washington) perché rimasti coinvolti in alcuni scontri con la milizia Ahlu Sunna Wal Jama’a (Aswj, gruppo paramilitare contrario al salafismo radicale di Al-Shabaab in quanto di ispirazione sufi). L’intento americano infatti era quello di sostenere i Danab per confinare i rivali, ma non era certo previsto o gradito che si “immischiassero” con altre cellule rivali.
Alla luce dei fatti è ragionevole ipotizzare che Al-Shabaab troverà presto un’intesa con gli eredi dello Stato Islamico in un’unione strategicamente vincente: i primi hanno un controllo territoriale saldo ed importante, i secondi hanno mezzi e finanze per realizzare progetti ambiziosi. Al Qaeda rimarrà in “silenzio”? Probabilmente no, ma la vigile attesa è l’unica chance per poter accogliere chi non si troverà rappresentato da questo progetto.
Arianne Ghersi
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