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STATO E NAZIONE NEL PENSIERO DI GAETANO SALVEMINI

Anno 1996, 15 settembre: si svolse la più grande manifestazione indipendentista europea. Nasceva il Padanismo con la marcia sul fiume Po. Erano i tempi in cui la Lega Nord catalizzava gli entusiasmi e i timori, al tempo stesso, dell’opinione pubblica italiana. Al di là della comunicazione di profondo effetto, i tempi furono di svolta. Era in atto una rivoluzione conservatrice, sembra un paradosso, ma non si seppe coglierne a pieno l’essenza. Fu messo in discussione il binomio Destra – Sinistra con un unico obiettivo: guardare ad un Europa dei popoli. Ben prima della nascita del Sovranismo si analizzava la crisi dello Stato Nazionale guardando a forme innovative, che per dirla alla Adalberto Albertoni, è stata definita nuova statualità. Dopo quella fase solo Oblio. Sarà per ignoranza? Sarà per malafede?

Una indicazione opportuna, ritengo, possa essere quella di promuovere studi etnoregionalisti per definire le ragioni culturali e politiche delle Nazioni senza Stato. Il punto di partenza deve essere proprio l’Italia. Tutto ciò è di notevole importanza, oggi specialmente, alla luce di spettri come il Grande Reset, la Postdemocrazia, la Biopolitica.

Ma cosa si intende quando si parla di Popoli?

La tematica risulta essere molto ampia. Un aspetto interessante è il concetto di sovranità e l’identità dei Popoli. L’autonomismo e il federalismo sono visti come rivendicazioni particolariste della piccola borghesia del nord, in forma gretta e divisiva. Peccato che tutto ciò sia basato su una ignoranza piuttosto diffusa su questo argomento.

Pochi ricordano come la stella del pensiero federalista in Italia, nel ‘900, sia legata alla figura di Gaetano Salvemini (1873-1956).

Pugliese e meridionalista, Salvemini che criticò molto lo statalismo, il comunismo e il clericalismo, vedeva nel Federalismo (più precisamente, nella sua visione di democrazia partecipativa) la medicina per i guai derivati dall’Unità Italiana.

Salvemini, revisionista del risorgimento, aveva compreso che l’alleanza tra capitalisti del nord e latifondisti del sud avesse danneggiato la realtà napoletana, non solo privandola del suo passato ma creando strutture dannose.

E’ degno di nota come nel 2011, nel dibattito revisionista sui centocinquanta anni dell’unità italiana, sia in ambienti del mondo autonomista ed indipendentista padano che nelle realtà neoborboniche, passando per i Cattolici della Tradizione, emersero dati interessanti.

Ancora oggi le ferite dello Stato Nazionale non sono state superate e la lezione di Salvemini può essere attualizzata. Il comunitarismo mette al centro lo spirito collettivo, la responsabilità pur in un’ottica più articolata, si vedano le opere di Nisbet.

L’analisi e la prognosi di Gaetano Salvemini può essere utile per approfondire una statualità più attenta ai popoli italiani? L’amore alla Terra dei Padri e allo splendido mosaico etnoregionalista che è il DNA puro italiano riuscirà a salvarci?

Paolo Guidone

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