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NUOVI EQUILIBRI IN MEDIO ORIENTE?

An Israeli flag is seen near the Dome of the Rock, located in Jerusalem's Old City on the compound known to Muslims as Noble Sanctuary and to Jews as Temple Mount December 6, 2017. REUTERS/Ammar Awad

Il nuovo governo, che si prospetta per Israele, ha già dato vita a vari conflitti e controversie interne; formatosi dall’accordo raggiunto tra Naftali Bennett, leader del partito Yamina ed ex-alleato di Benjamin Netanyahu, e Yair Lapid, leader del partito Yash Atid, pare quindi così fragile da non essere certi della sua durata. Lapid è arrivato secondo alle elezioni e ha ottenuto diciannove seggi, undici in più rispetto a Bennett, tuttavia ha lasciato a quest’ultimo il privilegio di assumere per primo la leadership del governo, infatti, come riportato dai media israeliani, ciascuno di loro ricoprirà un mandato di due anni come primo ministro: Bennett sarà primo ministro fino al 2023 e Lapid dal 2023 al 2025.

Negli ultimi 3 anni, ossia da quando il 34esimo governo sionista si è sciolto nel novembre 2018 con Lieberman, nessuna delle fazioni politiche è stata in grado di formare un gabinetto nelle quattro elezioni che si sono tenute. Per questo motivo, fazioni politiche opposte sono state costrette a formare governi fondati sulla coalizione di entrambe e con il ruolo di primo ministro suddiviso in due: il leader di una fazione primo ministro per la prima metà del mandato e il leader della seconda fazione per la seconda metà. Ciò dimostra la debolezza del sistema politico e dei partiti politici israeliani nell’ottenere seggi sufficienti per la formazione di un governo.

Anche l’ultimo gabinetto temporaneo di Netanyahu, che è stato primo ministro per undici anni, il periodo più lungo dalla fondazione del regime sionista, era nato nell’aprile 2020 con un accordo tra lui e Gantz. Tale accordo prevedeva che Netanyahu sarebbe rimasto in carica per due anni, dopodiché sarebbe toccato a Gantz per altri due. Tuttavia, come previsto da analisti e media israeliani, le divergenze hanno portato allo scioglimento del gabinetto e Gantz non ha avuto la possibilità di diventare primo ministro. Le divergenze erano talmente profonde da non riuscire nemmeno ad approvare il bilancio annuale.

Il Gabinetto Lapid-Bennett è formato da due fazioni che vengono considerate l’una completamente opposta all’altra. Lapid si è separato dal partito Likud ed è uno strenuo oppositore di Netanyahu, ha una visione diversa in ambito sociale ed economico, ed è molto lontano da coloro che sostengono con forza la base religiosa di Israele, al contrario di Naftali Bennett.

Per altro la coalizione Lapid-Bennett è formata da altri sei partiti, tra cui il Partito laburista e la Lista Araba Unita, e questo rende l’equilibrio della stessa ancora più debole. Infatti, soprattutto la presenza dei palestinesi è considerata una linea rossa tra i partiti politici israeliani: questo è il primo governo nella storia israeliana ad avere nella maggioranza un partito palestinese.

Bennett ha detto che si opporrà con forza all’accordo nucleare con l’Iran, tuttavia da ciò che è stato detto pare che la sua priorità dovrà essere la politica interna per riuscire a mantenere l’equilibrio tra le fazioni ed evitare che il suo governo venga sciolto. Anche il principale sostenitore di Israele, gli Stati Uniti, non si trova in una situazione migliore da un punto di vista della politica interna dopo la profonda scissione che si è creata tra democratici e repubblicani, grazie anche all’amministrazione Trump. Mentre invece sull’altro fronte osserviamo un rafforzamento della così detta “Asse della Resistenza”: completa coordinazione tra forze della resistenza palestinesi, Hezbollah e Iran durante la recente escalation di maggio iniziata con le provocazioni da parte israeliana; Assad eletto nuovamente a presidente della Siria, dopo essere riuscito a debellare la maggior parte della presenza terroristica nel suo paese; l’elezione dell’ayatollah Raisi, sostenitore di un Iran forte e indipendente, a presidente della Repubblica Islamica dell’Iran. A livello internazionale sarà interessante osservare come si svilupperanno eventuali nuovi equilibri e quali Paesi saranno veramente in grado di soddisfare i rispettivi interessi nazionali.

Hanieh Tarkian

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