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RIVOLUZIONARI IN VENDITA

In una situazione di grave incertezza come quella che grava puteolenta e plumbea su tutta l’umanità
in questi tempi è inevitabile che la persona che non abbia ancora perduto un minimo di senso critico rivolga le sue attenzioni e la sua ricerca a coloro che, nell’ambito della cultura e del pensiero, si oppongano alla gestione oppressiva che il sistema perpetua quotidianamente. Si cerca, detto
altrimenti, quegli individui che si distinguono per la loro capacità di mettere in discussione, di porre
all’indice proprio quegli elementi istituzionali che arrecano tanta incertezza e timore nella
popolazione. Individuata la rosa dei “rivoluzionari”, degli intellettuali controcorrente, si apre dapprima un varco di speranza, confidando che essi, per coraggio e assoluta integrità morale, non vengano a compromesso alcuno con quel potere graveolento che opprime e seduce, che schiaccia e scarnifica ogni elementare libertà dell’uomo comune.
Quale amara sorpresa però, quando fra essi si constata, più che un genuino amore per l’uomo, una tal boria, una tal pomposa estimazione di sé da vederli dal basso verso l’alto, assisi nel loro scranno, a mille miglia dall’uomo comune, rilucenti di quella albagìa che li illumina di luce fittizia, una luce che non è del sole, ma di una lampadina al neon. Loro si fanno chiamare dottori, onorevoli, luminari, a volte pure beati e perfino maestri, e sono attorniati dalla servitù che li riverisce: segreterie, avvocati, rappresentanti, ufficio stampa, autista, interpreti e ambasciatori. La poltrona in prima serata alla Tv è sempre calda per loro, le pagine dei quotidiani nazionali un tiepido riparo sempre pronto a codesti rivoluzionari “contro” il potere. Alberghi pagati, voli in prima classe eporta borse pronti a ricamare quella che, a torto, viene definita, ma che dico, osannata come cultura controcorrente, come controinformazione, come quella che eroicamente si oppone alla neghittosa gestione dell’emergenza, che non tiene conto del popolo e della sua sofferenza. Ecco allora che si erigono questi professori, questi intellettualoni a salvaguardia della popolazione, che gridano, si infuriano, declamano parole come “potere al popolo!” e poi hanno la parcella milionaria per il loro bel discorso fatto alla televisione.
Sono questi, i rivoluzionari? Sono questi gli intellettuali dell’opposizione?
Un abisso li separa dall’uomo comune, dal postino, dal lattaio, dal fruttivendolo, dal panettiere,
dall’operaio che ogni giorno paga le bollette, porta i figli a scuola, fa la fila alla mensa dei frati, dorme in macchina, lotta ogni giorno contro la disperazione. L’uomo, quello vero, quello che soffre, quello per il quale un piatto di minestra, un pezzo di pane non è scontato, come può essere difeso e rappresentato da dottori e opinionisti che chiedono mille, duemila, cinquemila euro per un
intervento alla televisione, ad un convegno, ad una conferenza?
Questa è l’anti-cultura dei ricchi: un mercimonio di cervelli dove cultura e contro-cultura, informazione e contro-informazione, sistema e opposizione sono distinti unicamente e solamente da una virgola, mentre la parcella delle loro prestazioni è ben presente e gonfia in entrambi i casi. Blog, contro tv, piattaforme controcorrente, che, lamentandosi di essere censurate dal potere, sono le prime a censurare, a escludere, a selezionare cosa è lecito dire e non dire. Mentre chi ha la retta visione delle cose viene censurato dal potere e dall’anti-potere, dal sistema e dall’anti-sistema.
Chi è nella verità viene censurato dai censurati, escluso dagli esclusi, emarginato dagli emarginati.
Viviamo in un mondo in cui le idee sono in vendita, vuoi una carriera come opinionista, come
dottore illuminato? Scegli da che parte stare, avrai il tuo salario. Vuoi fare quello che sta dentro o

che sta fuori? Meglio un sapore di eversivo, bene, ti spieghiamo noi come fare l’eversivo, ti paghiamo per fare il rivoluzionario, ti scriviamo noi i discorsi, salvo poi che, fatto il tuo pubblico, passi un due o tre messaggi che ti daremo noi. In cambio ti garantiamo Tv, giornali, i migliori editori nazionali e una carriera assicurata.
E il patto con il Diavolo è fatto.

Questi, ahimè, sono i cosiddetti intellettuali dissidenti. Questi sono coloro che si oppongono alla emergenza sanitaria, alla emergenza di valori che divora e inghiotte l’uomo. Ed ecco statistiche,
analisi sociali, mediche, fitte e intricate disquisizioni sulla geopolitica internazionale per
concludere, a voce grossa: “il popolo ha fame, il popolo ha diritti” e povero, il popolo, cosa deve
fare se non applaudirli? Mentre loro intascano e ingrassano per le loro analisi di cui nessuno capisce nulla, il popolo rimane ancora più impaurito, più al freddo, più disperato.
Delle loro aride e algide analisi il popolo non sa che farsene, che se ne fa infatti il padre di famiglia
rimasto disoccupato, senza riscaldamento, che dorme su una branda, delle dotte disquisizioni dei
dottori dell’alta cultura d’opposizione? Nulla hanno questi sapienti di umano, nulla fanno per
l’uomo, nulla possono per l’uomo.
Io personalmente non credo in una teoria, non devo dimostrare una tesi, non sono affascinato da una filosofia, non ritengo di aver tratto una deduzione, a seguito di un ragionamento: quando io vedo un uomo soffrire, semplicemente lo copro e lo curo.
Nessuna dottrina o teoria, per me, può essere autentica se dimentica l’uomo, e non un uomo astratto, separato dal vivere carnale e terreno ma l’uomo reale e unico.
Se trovassi un uomo al freddo e al suo fianco una statua di legno raffigurante la verità, non esiterei a
bruciare al rogo questa stessa verità per scaldare un uomo che soffre.
Qualsiasi verità che dimentica l’uomo è infatti una menzogna.


Emanuele Franz
Tratto dal testo: “Io nego. Pensieri di un filosofo davanti al Covid.” Audax Editrice 2021

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