STERILITA’ E SCEMENZE. IL DIBATTITO POLITICO ITALIOTA

MATTEO SALVINI MATTEO RENZI

Pubblichiamo una graditissima risposta di Marco Della Luna al nostro articolo di ieri. Restate collegati..

Al fondo della evidente sterilità del pubblico dibattito sociopolitico vi è un malinteso che si compone solamente, appunto, rendendo quel dibattito un esercizio inerte di inganni e autoinganni.

Verso l’attività politica interna e internazionale, istituzionale, economica, la sensibilità della gente ha richieste di trasparenza, correttezza, legalità, rispetto, moralità di fondo, e di una giustizia che operi gratis et amore legis.

Per contro, l’attività politica, istituzionale, economica, è una competizione in cui, per non perdere, è indispensabile ricorrere alla segretezza, alla scorrettezza, alla slealtà, all’inganno, al ricatto, alla violenza, alla violazione delle regole, alla strumentalizzazione del potere giudiziario.

La sensibilità popolare continua, pertanto, a richiedere alla politica, alle istituzioni (compresa quella giudiziaria), all’economia, ciò che esse per loro natura non possono dare, fare, essere. Tra le varie pretese, continua ad avanzare quella che la competizione politica e la competizione economica si facciano senza commettere reati, cioè rispettando le norme, mentre il vantaggio competitivo viene in gran parte proprio dalla superiore capacità di sottrarsi alle norme rispetto ai concorrenti, e ancor più, specie nell’attuale società di mercato, dalla capacità di comperare o altrimenti condizionare il legislatore e il governo al fine di ottenere scelte fatte a proprio vantaggio, nonché i tribunali al fine di ottenere una giustizia di favore per sé, e repressiva verso i competitori, come ampiamente spiego nel mio Le chiavi del potere (Aurora Boreale, 2019).

La composizione di questa oggettiva divergenza tra le esigenze della sensibilità etica da una parte e le regole della realtà dall’altra, avviene in quanto, da un lato, il potere costituito, le istituzioni, l’economia, controllando i mass media, riescono a dare di se stessi un’immagine più o meno accettabile e che nasconde il peggio della realtà, le cause vere dei mali, offrendo spiegazioni ingannevoli, capri espiatori, nemici esterni e prospettive di giustizia e miglioramento; mentre, dall’altro lato, la sensibilità della gente mal sopporta la consapevolezza della sgradevole realtà suddetta, quindi è predisposta ad accogliere quell’immagine rassicurante, a credere nelle spiegazioni fornite, a prendersela con i capri espiatori e i falsi nemici, a sperare nella giustizia e nei miglioramenti.

Così avviene che il dibattito per l’opinione pubblica continua a cibarsi di scemenze quali sono le campagne di moralizzazione della politica e dell’economia mediante provvedimenti come la legge Severino, lo Spazzacorrotti, il blocco della prescrizione, e via blaterando. Continua, perché la maggioranza della gente non apprende da tutte le numerose e multiformi esperienze che ci hanno mostrato che non si vince se non si viola le regole, se non si ruba per alimentare le clientele, e se non si serve ai poteri forti fuori dello Stato, che altrimenti ti abbattono a colpi di rating, di spread, di Colle, di mass media, di avvisi di garanzia. E che vogliono papparsi fino in fondo quel che si può togliere all’Italia.

Alla luce di queste considerazioni, evoco qui Fabrizio Fratus, che, nel suo sagace pezzo odierno La politica è un po’ come Diletta Leotta: bella ma finta (https://iltalebano.com/2020/02/13/lezione-di-realismo-politico/#prettyPhoto/0/) dice cose non solo condivisibili, ma anche molto utili; solo che non parla propriamente della politica, bensì del teatrino e dei teatrinanti dietro cui sta e agisce la politica vera, quella che decide le cose grandi e non si lascia discutere in piazza né in tribunale. Fratus parla di un oramai incessante, camaleontico, proteiforme “adattarsi [nonché] rimodellarsi all’occorrenza” dei partiti politici. Questo modo di procedere, che non si cura della coerenza, è chiamato realismo politico, però non sempre paga. M5S, PD e Lega si sono esibiti in ripetute giravolte e contraddizioni totali. Il primo, quando ha visto che da solo non poteva fare un governo, è passato dal rifiuto aprioristico di ogni alleanza, al governo con la Lega; poi, per restare al governo, è passato dal rifiuto assoluto di accordi col PD a un abbraccio col PD; e in generale da posizioni anti-sistema a posizioni intra-sistema per conservare la poltrona. Risultato: crollo dei consensi, perché il suo elettorato disapprova le contraddizioni e le confusioni. Similmente, il Partito Democratico, “che negli ultimi 14 anni è stato al governo per ben 11,5 anni”, per riprendersi il potere e per tema di una vittoria salviniana, si è inciuciato col M5S, mentre prima, a testa alta, stava ai suoi antipodi. Salvini -spiega Fratus- sa che neppure con la Lega al 55% potrebbe governare, perché i mercati lo affonderebbero; perciò si è rimangiato tutto su UE ed EURO, dicendo che dobbiamo tenerceli perché utili all’Italia; ed è anche virato verso il centro politico, si è dato alla ricerca assidua del Washington consensus; e, peggio di tutto -aggiungo io- ha invocato Draghi a Palazzo Chigi: sembra quasi che voglia proporsi al posto del PD come partito di servizio del tirbocapitalismo finanziario.

Ingenuo allora meravigliarsi di un abboccamento Salvini-Renzi: i due già hanno in comune frequentazioni verdiniane e il progetto di abbattere Conte. Il disegno politico dei due Mattei, secondo Fratus, è di sostituire il Bisconte con un governo tecnico Lega-FI-IV fino ad eleggere un nuovo presidente della Repubblica -lo correggo: presidente del Protettorato-; poi andare al voto col proporzionale, e formare un governo Lega-FI-IV con un Giorgetti a capo. Ma Fratus ritiene probabile che a uscir vincitore sarà invece Giorgia Meloni, siccome è l’”unica che da anni e piano piano stia realmente costruendo un progetto politico valido e coerente, mentre Matteo Salvini non è considerato autorevole e soprattutto non ha appoggi all’estero.  Giorgia Meloni è in forte crescita, è più stimata di Salvini, è donna e ha ottimi rapporti con i conservatori americani ed europei. Soprattutto non è percepita come un pericolo.”

In realtà nessuno dei predetti protagonisti andrà al potere. Il potere -cioè quello che decide e impone per es. l’euro, certi modelli finanziari e socioeconomici, la liquidazione degli Stati nazionali, le migrazioni di massa, etc.- non è alla loro portata, ed essi devono addirittura astenersi dal criticare a fondo le sue scelte, se vogliono entrar nell’area di governo e infilare le dita nel vaso delle caramelle (solo chi non aspira a far ciò può essere e restare liberamente critico verso il sistema e i suoi interessi). Il potere vero non si mette certamente in gioco nel voto popolare. Lo si vede anche dalla facilità con cui tiene il PD al governo e al Colle praticamente sempre, anche col solo 20%, e anche se il PD apertamente inchioda il Paese alla recessione per favorire la campagna di acquisti da parte dei capitali stranieri.           

Marco Della Luna per il suo blog

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