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L’ERASMUS AI TEMPI DELLA BREXIT

Come ben sapete nelle scorse settimane la Gran Bretagna, con l’elezione di Boris Johnson a Primo Ministro e l’affermarsi del partito Conservatore, ha votato favorevolmente per la Brexit che potrebbe entrare ufficialmente in vigore il prossimo 31 Gennaio. A questo punto, vista la fuoriuscita del paese dall’Unione Europea i nostri studenti non potranno più scegliere come meta di periodi di studi all’estero le mete inglesi, tra le più ambite del programma Erasmus? Cerchiamo di fare chiarezza e non traiamo conclusioni affrettate e inesatte rispetto al quadro generale.

Attraverso i diversi programmi di exchange e mobilità studentesca, tra cui l’Erasmus, c’è la possibilità di andare a studiare per per periodi dai 3 ai 12 mesi, in capitali o città al di fuori dell’Unione Europea(America su tutte), attraverso degli accordi stipulati tra i paesi in questione. Negli scorsi giorni è circolato subito l’allarme che la Gran Bretagna uscisse, oltre che dall’Unione Europea, anche dal programma Erasmus, ma cosi non sarà, soprattutto per quanto riguarderà il 2020 poiché la Gran Bretagna fa parte dell’accordo comunitario pluriennale(2014-2020) firmato per avviare il progetto Erasmus+: sicuramente si dovrà provvedere a stipulare contratti e accordi vantaggiosi per i paesi che vorranno continuare a mantenere attivi gli scambi con la Gran Bretagna, anche perché gli stessi studenti inglesi si vedrebbero privati di un’opportunità di crescita importante.Per prima cosa capiamo meglio in cosa si traduce il programma Erasmus e cosa offre agli studenti.

Erasmus, Comenius, Leonardo da Vinci e tanti altri sono programmi europei per la mobilità studentesca che offrono opportunità sia in termini di studio (esami, didattica, etc.) sia di scrittura della tesi all’estero presso atenei Europei e Mondiali. Attraverso dei bandi emanati ogni anno, intorno al mese di Gennaio, ogni studente può fare domanda per fare questa esperienza attraverso la vincita di borse di studio emesse dagli atenei di appartenenza. Per il sestennio 2014-2020 è stato istituito dall’Unione Europea il progetto Erasmus+ che garantisce programmi di mobilità studentesca, tirocini formativi, redazione di tesi sia per gli istituti superiori che per quelli universitari.

Quindi l’Erasmus è una buona cosa giusto? Come ogni cosa ha i suoi pro e i suoi contro e sicuramente va fatta un’analisi critica di questo fenomeno.Nel 2020 è giusto garantire agli studenti la possibilità di usufruire di questi programmi di mobilità studentesca: il programma, infatti, è nato per creare una rete di studenti che possano condividere le loro esperienze di vita, professionali e crescere insieme. 

Ad oggi, a mio avviso, questa rete e questa condivisione viene fatta ma solo parzialmente: gli studenti Erasmus hanno l’opportunità di imparare nuove lingue, di conoscere studenti internazionali e confrontarsi con loro, di rendersi più indipendenti per affrontare la vita, di conoscere e apprendere il pensiero didattico di altri paesi. Oltre questo, secondo me, ogni studente dovrebbe scoprire e trovare dentro di sé la voglia di sentirsi “Europeo” riscoprendo le tradizioni e la storia di ogni città in cui si reca; dovrebbe apprendere dalla propria esperienza i metodi di insegnamento, di erogazione degli esami, di didattica frontale e blended per poterla condividere ed arricchire, di conseguenza, il suo ateneo di appartenenza e di riflesso anche il suo paese, nel caso gli esempi vissuti possano tramutarsi in un miglioramento. Naturalmente lo studente non può scoprire da solo tutto ciò e per questo, ogni ateneo, dovrebbe incoraggiare anche questo tipo di conoscenza in modo da uscirne arricchito.

In che modo?Ad oggi, all’interno dell’esperienza dell’Erasmus, è somministrata ad ogni studente la compilazione di tre questionari che rientrano nel “Learning Agreement”: “Before Mobility”, “During the mobility” e “After Mobility”. Questa ultima parte riguarda l’esperienza vissuta, i giudizi e la possibilità di migliorare il periodo di studi. Sicuramente sarà stato fatto in alcuni atenei (spero nella maggior parte) ma andrebbero studiati ed analizzati i vari questionari compilati dagli studenti, in commissioni interne alle Facoltà, in commissioni di ateneo come avviene a Siena e in altre atenei italiani attraverso la Commissione Divisione Relazioni Internazionali ed anche in organi nazionali come il CNSU e il CRUL, per poter migliorare, notevolmente, l’esperienza Erasmus in modo che si riescano a risolvere alcune difficoltà importanti che vengono riscontrate dai ragazzi. Ne riporto alcune tra le più significative: mancanza di omogeneità nel riconoscimento dei CFU al termine dell’Erasmus in dipendenza all’ateneo di appartenenza; difficoltà nel trovare l’accomodation ed esami equivalenti tra università italiane ed estere con discrepanza tra i CFU erogati e quindi la necessità di dover fare integrazioni una volta rientrati in patria; mancanza di comunicazione tra le università Italiane, in particolare quelle pubbliche, e quelle estere; ritardi nella pubblicazione dei bandi con conseguenza di rischiare di non essere accettati da altre università poiché non si sono rispettate le tempistiche; differenze nella gestione del semestre; carenza di sinergie con i vari atenei Europei e mondiali nel fornire, ad esempio, una lista di esami corrispondenti a quelli inseriti nel piano di studio dello studente Erasmus per garantire una continuità di studi e un’ottimizzazione della scelta degli esami da parte dello stesso studente.

In aggiunta a quanto detto appena sopra ogni ateneo, sulla base dello studio ed analisi dei questionari, ha anche la possibilità di apprendere informazioni sulla didattica, metodi di studio, erogazione di corsi ed esami, vita universitaria, presenza di incubatori/startup, delle altre università che hanno aderito al progetto e di conseguenza provare, qualora venga ritenuto corretto e giusto, a portare innovazione all’interno delle strutture, della didattica e della vita dell’università.Facciamo un passaggio anche sulla modalità di erogazione delle borse di studio per gli studenti vincitori del bando Erasmus: si basano su fondi forniti ad ogni ateneo.

Nella maggior parte dei casi questi fondi non bastano a coprire la spesa che uno studente ha nei mesi di permanenza all’estero. Inoltre non c’è una corretta distribuzione dei fondi a livello nazionale alle nostre università: alcuni atenei hanno difficoltà a distribuire tutte le borse di studio per tutte le mete previste ed in questi casi le risorse assegnate all’università devono essere restituite al MIUR e non possono essere riassegnate ad altri vincitori o spalmate per altre destinazioni che risultano più frequentate. Altre università invece non hanno borse di studio a sufficienza per tutti coloro che sono idonei ad affrontare questo percorso di studi all’estero.Per ovviare a queste mancanze in alcuni atenei, come quello di Roma Tre, l’università offre un sovvenzionamento maggiore in base all’ISEE di ogni studente. Questa è una buona trovata perché permette di avere fondi extra per gli studenti che hanno un reddito più basso: oltre il criterio ISEE si potrebbe pensare di premiare, con un gettito extra, anche il merito degli studenti. Non basiamoci solo sul reddito ma anche sul merito dei partecipanti, per incentivare le nostre eccellenze a partecipare al bando e ad effettuare questa esperienza.

Inoltre, per la problematica dell’assegnazione dei fondi, occorrerebbe una rivalutazione e ridisegno dei criteri di assegnazione fondi alle università e una redistribuzione dei fondi non utilizzati verso le mete più frequentate oppure una redistribuzione dei fondi agli studenti più meritevoli e con ISEE più basso.

Naturalmente per attuare queste mosse serve un cambio di trend, al più presto, da parte dello Stato, ricominciando a spendere soldi investendo su università e ricerca.Erasmus si quindi, possibilmente andando verso una nuova direzione però che possa privilegiare: la riscoperta dei valori alla base delle nostre tradizioni come insieme dei “popoli europei”; un programma costruttivo, sulla base alle esperienze degli studenti negli atenei internazionali, che provi a dare innovazione alla nostra didattica e al nostro sistema universitario mantenendo i nostri metodi e programmi di studio che da sempre ci hanno contraddistinto come eccellenze; una nuova sinergia tra i vari stati partecipanti al programma per stabilire insieme delle linee guida unitarie, a livello europeo almeno, per una corretta assegnazione dei CFU e una migliore gestione della programmazione del soggiorno di studio(definizione piani di studio, esami comparati accessibile attraverso delle piattaforme ad-hoc, puntualità nella pubblicazione dei bandi, coincidenza tra i semestri delle università in modo da dare possibilità agli studenti di scegliere l’ateneo di maggior interesse); miglioramento e ridisegno della gestione dell’assegnazione dei fondi secondo quanto sopra affermato. Tutto ciò sperando che, prima o poi, qualcuno decida di re-investire nuovamente su Scuola, Università e Ricerca..

Claudio Cocciatelli

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