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INTERVISTA A FLAVIO GRISOLIA

In pochi se ne ricorderanno, ma tra i Leghisti del Giuramento...

I nostri lettori sapranno che uno dei filoni al quale il Talebano si è dedicato è la riscoperta del concetto di patria come terra dei padri distinta dal nazionalismo giacobino. In un epoca dove si parla spesso di “neonazionalismo” e di sovranismo, in modo per noi spesso confuso, è un bene ripercorrere la riflessione culturale con questi temi. Lo faremo questa volta con il confronto dell’ amico Flavio Grisolia,con un passato di collaboratore originale ed inteligente dei “Quaderni Padani” autore di libri d’indubbio interesse per il tema che porta avanti il Talebano, dove la dimensione del legame con la terra, con il proprio lignaggio familiare e la religione dei nostri avi è affrontato con schiettezza, rigore, e soprattutto attualità, pur essendo scritti non recentissimi, il che a nostro avviso li rende più interessanti in questo confronto

Grazie caro Flavio di aver accettato questa intervista per Il Talebano. Potresti gentilmente raccontare al nostro pubblico la tua esperienza nel mondo culturale leghista e in particolare l’ esperienza di “Trincea d’ Europa”

Prima di narrare sinteticamente la mia esperienza con la Lega, credo sia necessario fare un breve excursus sui fatti che l’hanno preceduta. Nel 1992 fondai un’associazione culturale denominata Liga de San Zorzo (Lega di San Giorgio) con l’intento di evidenziare e diffondere le peculiarità del popolo ligure, in contrapposizione al modello leghista, omologante in chiave padana. Da lì l’anno seguente, nacque un movimento politico locale chiamato Liguri, che partecipò alle amministrative del 1995, in verità con scarso successo. Nel frattempo fui nominato Coordinatore per la Liguria dal Comitato per le Celebrazioni del Bicentenario delle Insorgenze Antigiacobine, presieduto dal professor Franco Cardini. Sempre in quel periodo, scrissi e pubblicai, grazie al compianto editore Piovan, un volumetto dal titolo: Il Popolo Ligure tra Etnia e Nazione, che destò un certo interesse negli ambienti legati al localismo etnolinguistico. Ancora nel 1995, mi avvicinai al mondo leghista e una mia intervista da parte di Carlo Stagnaro, fu pubblicata sul nascente quotidiano La Padania. Di lì a breve, sempre con Carlo Stagnaro, fui convocato nella sede della Lega in via Bellerio, dove Gilberto Oneto ci presentò il progetto riguardante la terza pagina culturale della Padania, a lui affidata e a cui eravamo invitati a partecipare. Questa collaborazione si estese da subito ai Quaderni Padani, di cui in seguito divenni redattore. Furono anni molto proficui e costruttivi, ricchi di scritti, convegni e dibattiti, che allargarono notevolmente i confini dell’ambiente culturale leghista, portando alla luce tematiche sino ad allora appannaggio unicamente dei ristretti ambiti della Destra tradizionalista cattolica. A livello ligure organizzai, sotto l’egida della Libera Compagnia Padana, “O Revegio” (Il Risveglio) serie di convegni itineranti all’aperto, atti alla conoscenza della storia del nostro popolo, a cui parteciparono tutti i più importanti dirigenti leghisti e spesso lo stesso Oneto.
Col passare degli anni e col crescere dei consensi, ritenni a un certo punto arrivato il momento di giungere ad una sintesi, che potesse esprimere anche in termini politici un’azione compiuta, al fine di dare una decisa svolta all’intero Movimento. Una prima occasione ci fu col progetto di Costituzione Padana, a cui partecipai con la pubblicazione sui Quaderni Padani della mia “Proposta per uno Statuto Etnonazionalista Padano” e con un articolo sulla Padania, che destò l’attenzione preoccupata di Oneto a causa dei contenuti non troppo politicamente corretti. Da qui la mia decisione di fondare un’associazione a cui diedi il nome di Trincea d’Europa, che avrebbe dovuto raggruppare al suo interno le diverse anime della destra e dell’etnonazionalismo, con lo scopo ultimo di dar vita a un nuovo nazionalismo etnico, in grado di unire i popoli italiani e in prospettiva europei. Questo avveniva nel 1999 e da subito coinvolse, oltre naturalmente che esponenti leghisti, anche aderenti al Fronte Nazionale, l’intero Movimento Autonomista Toscano e individualità sparse del variegato mondo etnonazionalista e del Tradizionalismo cattolico. Inoltre già in precedenza mi ero messo in contatto, in una prospettiva di reciproca collaborazione con associazioni di estrema destra e coi dirigenti della nascente Forza Nuova.
L’associazione purtroppo ebbe vita breve, a causa del fuoco incrociato dei media di regime all’esterno e della dirigenza leghista all’interno. Inoltre l’alleanza con Berlusconi che in contemporanea avvenne, mi fece capire che i tempi non erano ancora maturi per un simile progetto e deluso e disgustato, decisi perciò lo scioglimento di Trincea d’Europa dopo solo due anni di vita.

Noi crediamo che sia particolarmente di attualità la tua proposta di nazionalismo etnico che coniuga fecondamente radicamento locale, fede religiosa e esigenza sovranista. Parlaci dell’ importanza oggi di questa proposta

R. Vorrei fare una premessa che ritengo fondamentale: parlare di sovranismo senza la volontà di uscire dall’euro ed emettere una moneta a credito ha ben poco senso, poiché senza la sovranità monetaria si è inevitabilmente schiavi del capitale mondialista. Detto questo, il nazionalismo etnico ha la sua radice nella famiglia tradizionale e nelle varie comunità etnolinguistiche che costituiscono ancora la peculiarità principale dell’identità italiana ed europea. A questa componente di sangue e di suolo e in una superiore dimensione spirituale, va aggiunta quella religiosa, che per l’Italia è il Cattolicesimo e più in generale il Cristianesimo per l’intera Europa. Si tratta quindi di una totale inversione rispetto al modello liberal/giacobino attualmente vigente e un preciso ritorno alla società organica presente nel Medioevo. Credo che le Repubbliche Marinare di Genova e Venezia, possano essere un ottimo spunto per riconsiderare in chiave contemporanea il risorgere di una democrazia basata sulla struttura familiare, allargata sino alla dimensione etnolinguista, a cui sovrapporre in chiave sussidiaria uno stato che ne difenda le specificità spirituali e materiali. A livello europeo il progetto finale è quello di un risorto Sacro Romano Impero, dove l’identità di sangue, sia sublimata in quella della romanità cristiana. La tecnologia oggi ci offre strumenti impensabili per raggiungere ogni singolo individuo di questo insieme così variegato e al tempo stesso così omogeneo. Proprio grazie ad essa oggi le idee e le notizie viaggiano a velocità un tempo impensabili e si radicano se portatici di verità, nel cuore e nella mente di tutti gli uomini di buona volontà, creando poi movimenti di pensiero a cui nemmeno le forze mondialiste possono opporsi. Ne abbiamo un chiaro esempio per quanto concerne l’attuale governo giallo-verde, che deve in buona parte il suo successo al diffondersi attraverso internet delle proprie idee. In questa prospettiva è necessario un approccio graduale e consapevole per ricostruire nelle coscienze quelle ovvietà che l’ideologia relativista ha sovvertito. E in questa direzione possiamo notare come Salvini e di Di Maio nel loro agire politico, si compensino a vicenda, neutralizzando gli aspetti più ideologizzati del loro pensiero e trovando nella concretezza del buon senso il loro denominatore comune. Chiaramente questo è solo l’inizio e il percorso intrapreso si svilupperà in parte in maniera conseguenziale e in parte invece dovrà essere guidato da mani forti e pienamente coscienti della rotta da seguire. Sotto questo aspetto Salvini potrebbe essere l’uomo giusto, in quanto cresciuto comunque all’ombra di quel quinquennio di idee innovative, che come detto si svilupparono dal 1995 al 2000. Allora anche lui scriveva sulla Padania, dove si curava della rubrica dei lettori. Al nascere di Trincea d’Europa chiese di incontrarmi tramite un comune conoscente, cosa che avvenne ai tavolini di un bar di Recco. Gli esposi il mio progetto e lui si limitò a dirmi che non condivideva tutto, ma che comunque sarebbe stato pronto sulle comuni basi ad eventuali future collaborazioni. Per la verità neanche io condividevo tutto quello che scriveva in risposta ai lettori e l’impressione fu quello di un giovane politico moderato, non certo quella di un novello Masaniello. A distanza di quasi vent’anni devo riconoscergli una tempra da vero statista e una determinazione non usuale nello squallido teatrino della politica italiana. Cosciente o meno, sta andando nella direzione giusta e ha portato a termine felicemente, il passaggio fondamentale dell’uscita dalla gabbia padana, portando la Lega a una dimensione nazionale. Questo è stato possibile a causa del crescere dell’invasione straniera e delle politiche vampiresche dei governi asserviti alla UE e quindi alla finanza massonica. Su questi due binari si sta muovendo con un consenso sempre maggiore, che stando ai sondaggi ha raddoppiato potenzialmente i voti presi dalla Lega il 4 marzo. Nella speranza che questa marcia non si fermi e che il prossimo governo UE sia su posizioni sovraniste, viene da chiedersi fin dove vorrà spingersi il buon Matteo e se i suoi obiettivi sono in parte assimilabili a quelli del Nazionalismo etnico. L’assenza di un’associazione come fu Trincea d’Europa e la mancanza di quadri politici adeguatamente attrezzati, fanno presagire una fase stagnante o di rallentamento verso il ripristino completo dell’Ordine naturale divinamente voluto. Fortunatamente però credo che difficilmente si tornerà indietro e che l’arretramento del mondialismo e quindi dello strapotere dell’usura sul bene comune, sia ormai irreversibile.

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