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CRISI ECONOMICA: NON ERA COLPA LORO

Anzi, quasi quasi..

Basta chiedere a qualunque italiano per strada per averne la conferma. Che sia un fruttivendolo o un manager, un notaio o un netturbino, tutti ti diranno la stessa cosa: “ I politici ladri si sono mangiati tutto. Lo stato è marcio e l’Italia è il paese di Bengodi, dove la carta igienica in comune costa 100 euro a pacco e le cene del politico di turno le paga sempre il contribuente, bisogna mandarli tutti a casa, a casa! Sono loro che ci hanno portato a questo punto”.

Il semplice ragionamento dietro questa idea è che il motivo per cui siamo in crisi è essenzialmente legato alla classe politica italiana, che negli ultimi 10, 15, 20, 30, 40 anni ha derubato e disastrato lo stato con spese pazze, inciuci, ruberie e mala gestione. Tale interpretazione della crisi economica non ha però alcun tipo di riscontro, nella realtà quanto nei dati: cosa ancora più grave, le conclusioni alle quali si arriva da questa interpretazione portano a strade ancora più pericolose ed erronee.

Ma andiamo con ordine, cerchiamo di capire esattamente se l’idea per cui siamo in crisi a causa della politica sia vera.

La crisi nella quale ci troviamo è una crisi di debito privato; la colpa principale della crisi è imputabile al cambio fisso, che ha provocato la creazione di un sistema distorto in cui gli squilibri tra economie nazionali non sono stati sanati. Al contrario, hanno debilitato l’economia europea al punto da rendere sufficiente l’esplosione di una crisi di debito privato negli Stati Uniti ( 2008) per far crollare l’economia di tanti stati d’Europa nella crisi più duratura dalla fine della seconda guerra mondiale.

Eppure a dire che la crisi economica in cui ci troviamo non è colpa degli stati ma del settore privato e della moneta unica, non sono persone di poca importanza, ma grandi economisti e politici di primo piano.
Ad esempio, il vice presidente della BCE, Vitor Constancio, il 23 maggio 2013 ad Atene affermava: «Penso che per avere un’idea più accurata riguardo le cause della crisi non si debba guardare solo alle politiche fiscali: gli squilibri si sono originati per lo più dalla crescente spesa nel settore privato, finanziata dal settore bancario dei Paesi debitori e creditori».

Siamo in crisi economica per colpa del mancato funzionamento del cambio fisso, che ha provocato differenziali inflattivi tra i vari paesi europei. Questi hanno privato i paesi più “arretrati” della loro competitività e contemporaneamente il metodo di gestione del cambio fisso ha creato un’enorme bolla di debito privato, che, implodendo poco dopo la crisi di debito statunitense, ha dato il via alla crisi economica attuale.
Prendiamo ad esempio del malgoverno la percentuale di debito sul pil (cavallo di battaglia della teoria del se so magnati tutto).

Rapporto Deficit\PIL 2007 2008
Italia 103,60% 106,30%
Grecia 95,56% 99,19%
Spagna 36,6% 39,72%
Irlanda 25,04% 44,37%
Portogallo 62,73% 65,35%
Germania 64,91% 66,35%

Fonte: International Monetary Fund data and statistics

I valori del debito pubblico in percentuale sono assolutamente diversi per due paesi in crisi come Italia e Spagna. Prendendo ad esempio di buon governo la Germania con il suo 65% di debito pubblico, vediamo come Italia e Spagna abbiano valori completamente agli antipodi; se il problema fosse la mala gestione dello stato che porta all’accumulo di debito pubblico, ( diamo per scontato il fatto che la corruzione provochi l’accumulo di debito pubblico) allora come è possibile che la Spagna sia anch’essa in crisi nonostante avesse un 36,6% di rapporto debito\PIL?

La totalità degli economisti oggi ammette che la colpa della crisi non è dovuta alla politica, ciò nonostante ancora oggi in tanti sono propensi ad accettare un’idea del genere, senza basarsi sui dati e su quanto lo studio dell’economia ha dimostrato, fermandosi al “ se so magnati tutto”.

Se non bastasse ciò che ci dicono gli economisti di qualunque estrazione e i dati, basterebbe anche il semplice ragionamento logico, per capire come la corruzione e l’incapacità dei nostri governanti non possano essere la vera causa della crisi economica attuale.

Siamo in crisi a partire dal 2009, la classe politica precedente a questa data dovrebbe essere la peggior di sempre, la più corrotta e malavitosa. Eppure tornando indietro di 20 anni non ci troveremmo in una situazione più rosea. Saremmo infatti nel 1995, con una classe politica al governo del paese disastrata e decimata dallo scandalo di Tangentopoli. Se la crisi economica attuale è stata causata dalla corruzione, come è possibile che precedentemente l’Italia sia cresciuta in linea con tutti gli altri paesi europei senza sprofondare in baratri di depressione economica, pur con una tale classe dirigente?

Abbiamo visto, in maniera molto veloce, i motivi per cui l’idea che la crisi economica attuale sia colpa della politica siano infondati. Cercare di risolvere la crisi economica focalizzandosi sui tagli alla spesa pubblica, è quindi poco producente ed anzi dannoso. In momenti di crisi è necessario concentrarsi sui problemi più stringenti dove veicolare le proprie risorse, per poi passare a problemi “secondari” come può essere la corruzione o le sofferenze economiche dello stato.

Oltre che inutile come analisi della crisi, la teoria del “se so magnati tutto” è inoltre anche pericolosa per l’idea che veicola: alla base di essa infatti si cela il concetto per cui il popolo italiano non sia in grado di governarsi da solo. Lo stato unitario avrebbe insomma fallito: ciò di cui avremmo davvero bisogno – secondo questa infausta visione- sarebbe un’entità esterna (la UE) che ci governi facendo rispettare le regole e funzionare l’economia, cose che l’Italia non è in grado di fare autonomamente.

Questa idea, ridicola da un punto di vista storico ed infondata anche nella realtà economica e politica, è profondamente razzista, o meglio auto-discriminatoria. Non esiste nulla che indichi che l’Italia non sia in grado di governarsi da sola: il periodo storico di massimo splendore per la penisola è coinciso con il periodo in cui l’Italia era più frammentata ed ognuno si governava da solo e in autonomia. Nella visione attuale di popolo di “minori” non in grado di auto amministrarsi, ci stiamo consegnando ad un’entità politica esterna, sperando che ci amministri per il meglio, senza una vera garanzia di ottenere risultati.

Ad oggi l’Unione Europea è infatti ben poco democratica, segue interessi economici e politici di nazioni diverse dalla nostra e presenta notevoli problemi perfino nell’ambito della corruzione e della gestione poco chiara della politica: basta guardare al presidente della commissione europea Juncker, presidente per anni di un paese che ha fatto da paradiso fiscale per tutte le grandi aziende a livello mondiale; o al commissario per l’energia e il clima, il petroliere Miguel Arias Cañete, accusato di non poter ricoprire la sua carica senza un conflitto d’interessi fortissimo.

Prima di agire per scegliere quale strada seguire, che siano riforme economiche per risollevarsi dalla crisi, o scelte politiche nell’ambito dell’Unione Europea, dobbiamo riflettere attentamente. Dovremmo capire quanto meno che la colpa della crisi in cui ci troviamo non è dovuta alle spese o all’inefficienza della politica, ma al cambio fisso; e dovremmo anche capire che la politica è l’unico strumento attraverso il quale possiamo perseguire e difendere i nostri interessi nazionali, se non in quanto Italiani, inteso dal punto di vista patriottico, almeno da un punto di vista geografico: cui viviamo tutti nello stesso territorio, ed è meglio se una fabbrica dà lavoro ad Abbiategrasso piuttosto che a Norimberga.

Vittorio Graziano

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