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PER CAPIRE CHI CI COMANDA, BASTA VEDERE CHI NON CI È PERMESSO CRITICARE

Qualche appunto sui pomposi proclami a favore della libertà di stampa e pensiero, tanto di moda in questi giorni

Se non altro, oltre a conseguire quello che si erano prefissati gli esecutori o gli eventuali mandanti di Parigi -terrorizzare, confondere e invocare una guerra di tutti contro tutti, delle cui cause e fazioni i più sono tenuti all’oscuro – gli attentati hanno reso patente la concezione “occidentalista” della cosiddetta libertà di espressione secondo il laicismo progressista perfettamente realizzato.

Questa si può infatti riassumere così: “ognuno è libero di pensare ciò che vuole e di manifestare ciò in cui crede, a patto che pensi e manifesti ciò che è “corretto” e consentito (dal pensiero dominante propagandato). Altrimenti sei [neologismo/etichetta arbitrario a preferenza, tra i tanti che continuamente fioriscono nella “neo-lingua”] e non hai il benché minimo diritto a dire o pensare ciò che credi”.

Soprattutto, è ora più evidente che mai il profilo dei nemici: le religioni (in specie Islam e Cristianesimo). Tranne una: quella più preponderante, totalitaria, assolutistica, intollerante e pervasiva, di cui è impregnato lo Spirito del tempo odierno da cinquant’anni a questa parte, nel cosiddetto Occidente. Il laicismo progressista, appunto. L’ateismo di stato di sovietica memoria è perfettamente funzionale infatti a una realtà dominata dispoticamente e compulsivamente dalla creazione di un “uomo nuovo” per un “mondo nuovo” (come anticipato da Aldous Huxley). I prodromi della nuova religione – laica, ateista e prometeica – del Progresso (realizzato oggi in chiave consumista e anarco-capitalista) e del paradiso in Terra, hanno dato molti frutti significativi nel corso della storia moderna: dal genocidio rivoluzionario in Vandea a quello armeno da parte dei Giovani Turchi, dai lager nazisti all’Holodomor sovietico, dalle decine di milioni di vittime delle politiche economiche maoiste agli Khmer rossi cambogiani, arrivando alle recenti guerre neo-coloniali, alla democrazia a domicilio di “bombe intelligenti”, droni, colpi di stato, terroristi e “rivoluzioni colorate” assortite made in USA. Tutte ricorrenze in cui si sta compiendo l’esportazione del modello occidentale totalitario, ultima evoluzione del credo progressista in salsa teocon.

Montagne di morti sacrificati nel nome della religione atea del progresso e della “libertà”, che ha avuto nell’Illuminismo la sua fondazione. E il clero intellettuale di regime ciancia di diritti umani e di libertà di espressione come valori sacri, mentre vediamo che l’unica libertà concessa oggi è quella di insultare, infangare e bestemmiare tutto ciò che non rientra o è contrario ai dogmi del politicamente corretto. Come le religioni, appunto.

Le becere e recidive vignette anti-Islam hanno provocato, negli ultimi giorni, la distruzione di otto chiese e diversi morti in Niger, nonché violenti scontri e proteste in molti paesi islamici. Ma la libertà di insultare la fede non può certo lasciarsi turbare da simili episodi, così come le duemila vittime di Boko Haram in Nigeria – durante la passerella dei potenti a Parigi – sono passate sotto silenzio. Loro non erano satirici illuministi, ma straccioni africani, cristiani e musulmani, quindi non meritano l’attenzione degli Charlie.

Ecco allora che il grande apparato mediatico illuminato non esita a serrare i ranghi, bastonando i nemici che si oppongono al credo occidentalista. Così, nel “mondo libero”, un anchorman e grande inviato della CNN con 34 anni di esperienza, Jim Clancy, viene licenziato in tronco per aver osato esprimere, su Twitter, il proprio punto di vista filo-palestinese (è successo il 16 gennaio). Il comico franco-senegalese Dieudonné viene arrestato per un tweet provocatorio -“io mi sento Koulibaly”- nel quale esprimeva il proprio disagio per l’ostracismo e la censura, da parte delle istituzioni, dei propri spettacoli satirici. Sorte simile toccata nientemeno che a un vignettista di C.H., Siné, licenziato dal libertario foglio nel 2008 per aver osato fare dell’ironia sulla conversione all’ebraismo del figlio di Sarkozy, prima di sposare la fidanzata, un’ereditiera israelita. “Farà strada nella vita, il ragazzo”, ha scritto. Non avesse mai osato! Antisemita! Non parliamo di storici revisionisti (non già negazionisti, ai quali sono accostati) che osano credere nella libertà di ricerca: imprigionati, ostracizzati, licenziati e demonizzati, per aver creduto che il compito di ogni serio studioso -analizzare fatti storici oggettivamente e senza un partito preso- fosse da applicare a ogni fatto storico. Invece la versione di alcuni fatti come la Shoah, sembra somigliare più a un dogma religioso (dato una volta per tutte e non sottoponibile a ulteriori analisi, ricerche e rettifiche) che a un fatto storico come tutti gli altri.

Come scrive Marcello Veneziani, “non si può scherzare sull’omofobia o su altri tabù storici ed etnici, si incorre in reati fino al carcere, e invece non solo è permesso denigrare Dio, la fede, i suoi profeti e dissacrarne simboli, storie e tradizioni ma farlo diventa addirittura esempio e modello di riferimento per l’Occidente”.

Libération, giornale simbolo della gauche caviar, non trova di meglio da fare che titolare una prima pagina con una sequela di bestemmie. Esercizio sciocco e puerile, finalizzato a rialzare una tiratura in caduta libera. Le Monde avverte preoccupata che c’è anche una Francia “che non è Charlie”, che ha ancora rispetto per il sacro e per la tradizione, e che non gode nel veder insultato Dio, Allah o la Santa Vergine. Nathalie Saint Cricq, una giornalista francese, è arrivata a dire su France Télevision che “occorre identificare e ‘trattare’ i francesi che non sono Charlie” (cioè i 61 milioni che non sono andati alla sfilata di Parigi).

I soliti vaneggiamenti e le cretinerie contro le religioni-responsabili-di-tutte-le-guerre si sprecano anche sulle pagine dei giornali italiani, da parte di sedicenti intellettuali e di tristi comici.

Presto potrebbero aprirsi liste di proscrizione per chi non abiura alla propria fede religiosa e non si converte, tramite autodafé, al credo del “mondo nuovo”. Ma, del resto, per questo già basta e avanza l’odierna libertà di espressione del mondo libero.

Il ministro francese della Giustizia, Taubira (quella che ha imposto il mariage pour tous e avallato l’arresto di manifestanti pacifici che gli si opponevano) ha affermato: “la Francia è il paese di Voltaire e dell’irriverenza. Abbiamo quindi il diritto di ironizzare su tutte le religioni”. Lo stesso Voltaire a cui si attribuisce con ipocrisia la falsa citazione “non sono d’accordo con quello che dici, ma darei la vita perché tu lo possa dire”, e che, se vivesse oggi, sarebbe messo a tacere e censurato per antisemitismo.

Lo stesso filosofo, infine, che scrisse (sempre che anche questo non sia apocrifo) “per capire chi ci comanda basta vedere chi non ci è permesso criticare”. Ecco, appunto.

Lorenzo Burlini

 

1 Comment on PER CAPIRE CHI CI COMANDA, BASTA VEDERE CHI NON CI È PERMESSO CRITICARE

  1. un altro bell’orango……

1 Trackback / Pingback

  1. Associazione Tatarella – I poteri forti di oggi? Quelli che non si possono criticare…

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