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Dell’Utri è vivo e lotta insieme a noi

Sono sempre i migliori che se vanno

Personalmente, non riesco a non simpatizzare per Dell’Utri.

Vivendo fuori dal mondo, non so nemmeno che faccia abbia, quale fosse il suo mestiere prima della politica o quali atti scellerati abbia commesso per essere ricercato dall’Interpol (quella dell’ispettore Zenigata, per intenderci). Però, i titoli dei telegiornali lo dipingono come uno che, quando non è in Parlamento, fa dentro e fuori di prigione (tipo me a Monopoli) per i soliti reatuncoli politici, per i quali in principio hanno ingabbiato Gramsci, poi Guareschi, poi Sofri e infine, anche se di galera non si tratta, il Silvio Nazionale. Il tutto a settant’anni suonati, ossia l’età approssimativa in cui liberano gli infanticidi con una pacca sulla spalla e un “Adesso, però, fai il bravo” sussurrato dal celerino di turno. Questo so di Marcello Dell’Utri.

E che è scappato in Libano.

Porca bestia, in Libano! Fuggire in Libano nel 2014 ha lo stesso fascino romantico di andare a prendere la morosa in carrozza – l’altroieri, con mia madre, ho visto un film nauseabondo su RaiUno, NdA -. Insomma, rubare una barca sul Lach Magiùr e scappare in Svizzera come Hemingway o cacciare il gatto nello zaino e filare in Danimarca con Cèline son buoni tutti, ma mollare capra e cavoli per dirigersi in un paese mediorientale in cui buona parte dei tuoi contatti è morta in modo alquanto violento e in cui gli unici connazionali hanno appiccicata la scritta UNFIL è tutt’altra storia.

Oltretutto, a sottolineare l’inesorabile decadenza nel ridicolo della “giustizia” italiana, Dell’Utri non ha dovuto approfittare di una notte senza luna o del caotico andirivieni di una Parigi liberata, ma si è semplicemente recato in aeroporto, ha comprato il biglietto di un volo di linea e ha passato piacevoli giornate in un albergo del centro di Beirut: suo il nome, autentico il passaporto, sua la carta di credito. Alla luce del sole. Per trovarlo, sarebbe bastato chiamare la moglie (“Ciao, Miranda, ho provato a chiamare Marcello, ma Vodafone mi dice che non è raggiungibile”, “Sì, certo, sta a Beirut. Ti do il numero della sim libanese. Hai carta e penna?”), invece, la magistratura italiana, memore forse del  figurone rimediato coi servizi segreti kazaki (leggansi tre tizi in giacca e cravatta che mangiano pecore e litigano col barbiere), ha sgiunzagliato i temibili servizi segreti nostrani (leggansi sei tizi in giacca e cravatta che mangiano pasta al sugo e hanno fatto amicizia con la pomata per capelli), probabilmente immaginando una fuga rocambolesca e pregustando i conseguenti titoloni in prima pagina.

Invece, il buon Dell’Utri, alla  visita della polizia libanese, si è identificato immediatamente e con la calma che la sua matura età gli ha conferito, ha seguito pacatamente gli agenti fino al locale posto di polizia e ai suoi provvisori carcerieri ha chiesto solo i farmaci per curarsi e dei libri.

Dei libri.

Li avevano chiesti anche Gramsci, Guareschi e Sofri. Il Silvio Nazionale, se mai farà un giorno di galera, probabilmente chiederà un kit da prestigiatore e una chitarra, ma ci piace lo stesso.

Walter Quadrini

PS: il Talebano sta prendendo accordi con Otto Skorzeny e una divisione di paracadutisti tedeschi per una “missione umanitaria” a Beirut. Ci vediamo tra qualche giorno sulla pista dove atterreremo col nostro aereo cicogna.

3 Comments on Dell’Utri è vivo e lotta insieme a noi

  1. Horacio Teodoro Parenti // 16 Aprile 2014 a 14:37 // Rispondi

    Non vi vergognati? Del Utri è un delinquente, come Berlusconi, ed in piu un amico della Mafia

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