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Vivere per un’idea: Hiroo Onoda

Non ci sono più gli uomini di una volta. Oppure alcuni uomini nascono, appunto, una volta.

La storia di Hiroo Onoda è a tanti nota: inviato nel 1944 come membro dell’esercito giapponese a combattere su un’isola filippina vi rimase ben dopo l’armistizio con alcuni commilitoni, dai diversi destini.

Nonostante vari tentativi di convincerlo che le ostilità fossero finite egli pensò sempre a tentativi degli alleati di farlo venir meno al compito che gli era stato insegnato valere la sua vita: obbedire agli ordini. E l’ordine era di difendere la piccola isola di Lubang.

Dopo trent’anni dalla fine della guerra viene arrestato e riportato in patria, accolto con gli onori, e ricondotto alla vita civile. Era il 20 febbraio 1974.

Magari la sua è una storia grottesca, o ridicola, o folle. O tutt’e tre. Per una volta però concediamoci un punto di vista differente. Un uomo si è identificato con un’idea, con un ruolo: sono un soldato, combatto. Il mio cuore mi dice di andare avanti, e io lo faccio. Contro tutti gli altri, e contro la storia.

Nei nostri giorni di grigezza e piattume ideale dedichiamo un pensiero a chi, iniziando a vivere con un’idea, ha finito col vivere per quell’idea.

Per questo ricordiamo Onoda non il giorno della sua morte fisica, ma quella della sua morte diciamo spirituale. Lo ricordiamo nel giorno in cui il mondo gli impose di porre fine alla sua battaglia.

Per assurda che ci possa sembrare, era tutto quello che aveva.

Andrea Carbone

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