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Polonia, mia dolce colonia (ma non più)

Riceviamo e, con piacere, pubblichiamo estratti dal reportage di Andrea Tarquini (uscito sul numero di Limes del mese scorso) riguardante la Polonia: terra densa di storia fino a venticinque anni fa, oggi al centro di una crescita in controtendenza rispetto al resto d’Europa, divisa  al suo interno tra filoeuropeisti estremisti e moderati, quindi sempre più ago della bilancia geopolitica europea.

Villini a schiera, nuovi quartieri di case unifamiliari o di dignitose palazzine degli operai del nuovo ceto medio, la trafficatissima autostrada per Berlino e la ferrovia dove il Berlin Warszawa Express, il treno veloce delle PKP (le ferrovi ancora statali polacche) trainato da una locomotiva Siemens da 11mila cavalli corre tranquillo dalla Vistola alla Sprea a 220 km/h. Ecco cosa scorgi dall’oblò dell’aereo che si prepara ad atterrare. Più lontano i grattacieli delle multinazionali, simbolo del trionfo pacifico sul vecchio sistema, si tengono a distanza da Stare Miasto, la splendida città vecchia distrutta da Hitler con il beneplacito di Stalin (visto che l’Armata Rossa era appena oltre il fiume) e fedelmente ricostruita. Ma nascondono ormai all’orizzonte il Palazzo della Cultura e della Scienza, l’enorme e goffo edificio simile al ministero degli Esteri di Mosca, regalo non voluto della fu Unione Sovietica.

Intanto a bordo del nuovissimo Embraer 190 della Lot (le aerolinee polacche) la voce gentile della hostess annuncia in più lingue l’imminente atterraggio all’aeroporto Fryderyk Chopin – dov’è le valigie arrivano sul nastro prima dei passeggeri – e informa sulle coincidenze per l’Est post-sovietico, per le Americhe, per il Golfo e per l’Estremo Oriente. Questo il primo assaggio di un paese dinamico, la cui corsa verso il futuro rievoca il finale di un filme di Krzysztof Zanussi dedicato ai giovani che si vissero la repressione del Sessantotto, con il protagonista che dice “Vivo correndo e morirò correndo”.

Eccoci in Polonia una generazione dopo. Centri storici stupendi e ben tenuti, infrastrutture rinnovate cogliendo al balzo gli Europei di calcio 2012, nuovi quartieri con giardinetti e asili per un nuovo ceto medio. Ovuunque giovani poliglotti e qualificati, non pochi emigrati dopo la svolta e oggi tornati a casa. La Polonia è uno dei paesi che crescono di più nell’Unione Europea colpita dalla recessione e ossessionata dal rigore fiscale a oltranza in stile Bundesbank persino in società impoverite come la Grecia, dove il ceto medio dà i figli in adozione. Qui no, qui il ceto medio cresce. La capitale guidata dal sindaco ed ex governatrice della Banca Centrale Hanna Gronkiewicz-Waltz, di Piattaforma civica (il parito del premier), è il cantiere edile più grande d’Europa: nuovi grattacieli, la seconda linea della metropolitana, tram, scuole e ospedali.

Il referendum contro madame le maire indetto dall’opposizione nazional-conservatrice è fallito: troppa poca gente si è lasciata convincere ad andare a votare[…]. Qui la corruzione è combattuta molto meglio che altrove all’Est, con un corpo di polizia speciale (una specie di Fbi locale antitangenti) che fa paura a tutti e una polizia tributaria non meno seria di quelle svedese o tedesca. “Al momento qui tutto va bene” dice Adam Michnik, veterano del Sessantotto e poi dell’Ottantanove. La nuova Polonia è già oggi un paese che dal punto di vista geopolitico, economico e militare conta più della Spagna. Un paese in attivo commerciale grazie soprattutto all’export industriale.
Eppure quest’anno e nel 2015, in occasione (rispettivamente) di elezioni europee, poi presidenziali e politiche, il paese è chiamato a scelte importanti: continuare sulla via della crescente integrazione nell’UE, puntando a entrare nell’euro e approfondendo la relazione speciale con Berlino, come propongono l’attuale premier Tuska e il ministro degli Esteri Radosław Sikorski; o prendere le distanze dall’Europa germanocentrica, come suggeriscono gli alti esponenti del PiS (Prawo i Sprawiedliwość),l’opposizione nazional-conservatrice guidata da Jarosław Kaczyński.

Dalla risposta questo dilemma dipenderà in certa misura il futuro del Vecchio Continente. Gia oggi i sondaggi indicano il PiS in vantaggio e rivelano che una maggioranza dei polacchi nell storiche “Due Polonie” (quella moderna e globale delle città e quella tradizionale delle campagne) rigetta l’ingresso nell’euro. Un “No” polacco alla moneta unica sarebbe uno schiaffo non da poco per la Banca Centrale Europea, per il rating della divisa comune e per la Germania.

Un tale peso geopolitico della Polonia in Europa davvero non era scontato, viene da pensare passeggiando nel centro di Varsavia tra negozi lusso, auto di grossa cilindrata, la filiale Ferrari che occupa la ex sede del partito comunista. Non era scontato quando nell’Europa divisa, col muro di Berlino ancora in piedi e Gorbaciov contestato a Mosca dai falchi sovietici e dai paesi satelliti, da Honecker a Ceaucescu, qui sulla Vistola accadde qualcosa: con il consenso dei “quattro generali” e addirittura di Wojciech Jaruzelski, capo del Consiglio militare di salvezza nazionale al potere dal golpe del dicembre 1891, l’intellettuale cattolico liberale Tadeusz Mazowiecki, amico critico di Papa Wojtyla, fu chiamato a guidare il primo governo liberamente eletto.

Oggi nel Sejm, il parlamento polacco regno un’atmosfera tranquilla: liberali al governo e nazional-conservatori all’opposizione. Da un’elezione all’altra tutto può cambiare, come nel Regno Unito, in Giappone o in Canada. Da un gruppo parlamentare all’altro, chiunque ti riceve tranquillo esponendoti le sue opinioni e i piani dei due schieramenti per il futuro.

Ma in quel giugno del 1989, mentre in un mondo ancora senza internet quasi senza cellulare giungevano da Pechino le notizie del massacro di piazza Tiananmen, da Praga quelle degli arresti di massa condotti dalla Stb e da Bucarest quelle delle retate commesse dalla Securitate, Mazowiezcki si presentò ai nuovi legislatori. Fu un discorso impietoso, lo ascoltai seduto nei banchi del pubblico in piccionaia, accanto al generale Czesław Kiszczak, ministro dell’Interno uscente e numero due del Wron (Wojskowa Rada Ocalenia Narodowego, Consiglio militare per la salvezza nazionale). Sorrideva contento, il generale, ascoltando l’ex nemico Mazowiezcki pronunciare la priorità assoluta: “Dobbiamo colpire al cuore l’iperinflazione galoppante al 2200%, o l’iperinflazione finirà per uccidere il nostro paese”.

Sorrideva il generale Kiszczak senza rilasciare commenti. Gli leggevi negli occhi il ricordo della rivolta non violenta di Solidarnosc, contro la penuria sistematizzata, che passeggiando nella grigia e triste Varsavia di ieri saltava agli occhi. Cominciando dalle splendide e dignitose ragazze polacche: andavano università o lavoro con una borsa piena di mele regalate o comprate a poco prezzo dai contadini, per combattere morsi della fame. Quelle mele simboleggiavano il fallimento del socialismo reale. Era una Varsavia in cui all’ingresso degli hotel per occidentali medici e professori universitari mendicavano aspirine o antibiotici per i figli o nipoti malati quella in cui Jaruzelski lanciò il golpe “con il cuore pesante” per evitare un sanguinoso intervento armato sovietico e tedesco orientale, come mi ha confessato di recente”.

Oggi il governi di Donald Tusk (all’opposizione durante l’adolescenza, giovane esponente della minoranza dei casciubi concentrata attorno a Danzica e immortalata da Günter Grass nel Tamburo di latta) appappare in difficoltà e questo condiziona le scelte geopolitiche future del più “pesante” tra i paesi della Mitteleuropa. Si colgono segni di stanchezza verso l’attuale maggioranza nell’opinione pubblica e nell’economia: sotto il coperchio la pentola bolle. La coalizione tra Piattaforma civica e Psl (Polskie Stronictwo Ludowe, Partito popolare polacco), al potere dal 2007, registra un preoccupante calo di popolarità. La prospettiva di un cambio di maggioranza dai liberal-europeisti (e grandi amici della Germania merkeliana) ai nazional-conservatori preoccupa molti in Europa: da Berlino a Parigi, da Londra a Roma. Il PiS annuncia infatti revisioni fondamentali della postura geopolitica polacca, se vincerà.

[…]

Non sono solo i nuovi ricchi a profittare dell’economia di mercato. Sono soprattutto imprenditori e ceto medio, classi giovani, ma ambiziose, colte e temerarie. Le quattordici zone economiche speciali dove il capitale globale investe in regime fiscale privilegiato, soprattutto intorno a Cracovia, Wrocław, Poznań e Varsavia, apportano fondi esteri per 14 miliardi di euro all’anno. La borsa di Varsavia, la prima dell’Europa centro-orintale, sta per rilevare quella di Vienna e punta a costruire una realtà finanziaria da City londinese dell’Est. Una sfida alla Russia di Putin e ai suoi satelliti, sostenuta dai numeri: l’interscambio Germania-Polonia vale circa il doppio di quello Germania-Russia, malgrado la crescita dell’import tedesco di gas sull’onda dell’addio al nucleare. La spesa pro capite polacca per istruzione batte quella Germania […].

Appiattirsi sulla Weltanschauung dell’Europa germanocentrica è errato, suggerisce però Krzysztof Szczerski, tra le voci più importanti del PiS. Un sonoro schiaffo alla strategia diplomatica che il giovane ministro degli Esteri Radosław Sikorski illustrò a sorpresa a Berlino, dicendo di temere una Germania inerte molto più di una Germania forte. Secondo l’opposizione, occorre invece un riorientamento della politica estera, che pensi alla Polonia non più come paese sempre più integrato nell’UE (e domani nell’Eurozona), bensì come potenza regionale. “La politica verso il nostro Est cambierà in caso di cambiamento del governo a Varsavia”, spiega Paweł Kowal, una delle menti del centro-destra nazional-conservatore. “Pensiamo ad accordi di associazione all’UE con la Georgia; per la Moldova giudichiamo addirittura maturi i tempi per l’abolizione dei visti”.

[…]

Il riorentamento geopolitico sembra una certezza in caso di vittoria dell’opposizione alle europee di quest’anno e alle politiche e presidenziali del 2015. Sarà un problema serio per Berlino, ma anche per l’intera Unione Europea e al limite per la NATO. Durante la guerra russo-georgiana del 2008, la Polonia dei gemelli Kaczynski appoggiò Tbilisi senza riserve e secondo diverse fonti assicurò alle piccole forze armate georgiane rifornimenti e armi.

In generale, i nazional-conservatori non sposano l’idea di una crescente integrazione europea. Qui risorgono le antiche divisioni interne alla politica e alla società polacche tra pragmatici e idealisti, tra romantici e rassegnati, tra europeisti e patrioti nostalgici. Uno spartiacque che dai secoli d’oro del Regno di Polonia e Lituania, fino alle tragiche spartizioni del paese tra Prussia, Austria e Russia zarista, ha segnato costantemente la storia polacca.

[…]

Le obiezioni dei conservatori non risparmiano il rapprto con la Russia. Mentre Adam Michnik, padre della rivoluzione del 1989, elogia il carattere “calmo costruttivo e realista” impresso dal governo Tusk alle relazioni con il Cremino e mette in guardia dalla “russofobia isterica” del PiS, la destra solleva obiezioni: “Non dobbiamo aspettarci miglioramenti finché l’era di Putin durerà”, osserva Kowal. Ai gesti amichevoli di Tusk il Cremlino sinora non ha risposto in modo convincente, nè prima della sciagura aerea di Smolensk, nè dopo. Una pagina aperta quella di Smolensk: tra accuse della destra polacca, un film in uscita a Varsavia che adombra l’ipotesi del complotto e la mancata collaborazione da parte russa, il tragico incidente aereo resta un macigno sulla via della riconciliazione tra i due paesi.

A breve, dunque, la maggioranza di governo – e con essa le strategie fondamentali della Polonia – potrebbe cambiare. Tocca anche all’Europa aiutare Varsavia a evitare bruschi strappi. I tradimenti storici dell’Occidente – dal settembre 1939, quando Parigi e Londra ignorarono il patto di non aggressione e di assistenza reciproca con Varsavia abbandonandola a Hitler e a Stalin, fino a Jalta, dove la Polonia, quarto belligerante della coalizione alleata per soldati ed armi, fu lasciata in preda all’espansionismo staliniano – restano vivi nel ricordo. Varsavia ha ripetutamente smentito i pessimismi storici (spesso un po’ razzisti) della Germania verso la Polonia. Oggi con il boom economico, ieri con la sua capacità di risorgere dopo esperienze dolorose e tremende, di cui l’aggressione nazista-sovietica e il regime filo-russo dopo il 1945 sono solo le ultime.

C’è da sperare che del passato più recente della Polonia restino anche immagini come quella in bianco e nero di lech Walesa sorridente all’ospedale militare, al capezzale dell’ex nemico moribondo Jaruzelski.

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