Nelson Mandela, l’eroe a metà (parola di uomo nero)
“Unitevi! Mobilitatevi! Lottate! Tra l’incudine delle azioni di massa ed il martello della lotta armata dobbiamo annientare l’apartheid!” diceva dal carcere Madiba, il leader Xhosa simbolo della lotta all’apartheid, che ieri ha compiuto 95 anni – da un letto di ospedale – omaggiato da tutto il mondo. Dal carcere parlava, il leader dell’African National Congress (ANC) che si opponeva alle politiche si separazione razziale messe in atto dal Partito Nazionale, perchè è da lì che assistette a gran parte della lotta all’apartheid. Mandela, simbolo di quella lotta perchè la sua scarcerazione del 1990 fu l’atto ‘espositivo’ della fine di quel periodo.
Mandela che, per questo, è eroe bipartisan, per bianchi e per neri. Cosa che può apparire strana in un contesto sudafricano uscito – in fondo – solo di recente (13 anni) da quella fase e che quindi – si immagina – ancora ne porta evidenti le cicatrici. In un paese con un tessuto sociale ancora profondamente lacerato in due, ci si può domandare come sia possibile un apprezzamento comune di un personaggio così caratterizzante in due parti opposte. Specialmente se poi si scopre che forse, addirittura, è maggiormente omaggiato dai bianchi che dai neri.
Un giorno a Città del Capo, trovai un sessacinquenne mussulmano di colore e di cultura, che visse in toto quel perido, che inaspettatamente non adorava e idolatrava Madiba. Perchè, spiegava lui, in realtà non è stato in grado di compiere quel cambiamento eroico per cui è ovunque omaggiato. Mandela ha fallito, clamorosamente e quasi stupidamente. L’elemento che lo ha incoronato simbolo non è stato – come già detto – la lotta in piazza ma la permanenza in carcere, il momento topico la sua uscita. Ma è proprio questo istante a decretarne, per il nero, il flop: la rivendicazione che il nero – in quel momento – auspicava, era l’avvio di un processo di redistribuzione delle ricchezze del territorio, un ‘togliere ai ricchi per restituire ai poveri’ che il pìo Mandela ha disatteso, con un atteggiamento di ingenuoa carità che lo ha indotto ad assolvere dai peccati l’uomo bianco, per raggiungere una riappacificazione sociale.
Ma la riappacificazione sociale non può prescindere da un mutamento delle condizioni economiche e sociali. L’ANC, il partito di Mandela che dagli anni ’90 ad oggi ha governato il paese, è costantemente al centro di episodi di corruzione che in Sudafrica raggiungono livelli altissimi. E, oltre al tema della detenzione delle risorse, l’aspetto più allarmante è quello dell’educazione, “il grande motore dello sviluppo personale” grazie al quale “la figlia di un contadino può diventare medico, il figlio di un minatore il capo miniera o un bambino nato in una famiglia povera il presidente di una grande nazione” (cit. Mandela). Eppure lo stato della scuola pubblica sudafricana è tragico, con una capacità formativa vicina allo Zero, tanto che il governo – per giungere ad una percentuale di diplomati accettabile – ha dovuto abbassare la soglia della sufficienza. Ciò comporta due risultati: da una parte, l’ovvia conseguenza che chi ha la possibilità economica dirotta verso istituti privati, mantenendo e acuendo il divario culturale; dall’altra, la necessità di importare dall’estero le menti in grado di fornire conoscenza e opera utile a far crescere il paese.
Risultato a meno di vent’anni dal termine dell’apartheid, è un apartheid di fatto, nonchè un colonialismo di necessità. Alimentato dall’ingenuo affidarsi dei neri ad un partito salvifico nel loro immaginario, corrotto e connivente nella loro realtà. E’ questo, per il nero, rendere non troppo eroe Nelson Mandela, a permettere – sempre secondo il nero – al bianco di festeggiare senza rancore il leader Xhosa.
Estoy de acuerdo con el Talebano. No fue un santo, ni un genio politico. Y Sud Africa es un pais con miseria difundida, sin educacion, con una sanidad lamentable y tanta criminalidad.