La maledizione del petrolio
Dr. Gonzo alias Cristiano Tinazzi
Tripoli ore 07.15. Con i Pixies a manetta per darmi la sveglia, mi ritrovo sul balcone in mutande con la tazza del Nescafè bollente, al 5 piano piano del Radisson blu, detto pure ‘Mehari’. Davanti a me la città. Lo so, non è bello vedere un tatuato in mutande da un balcone di un hotel pluristellato, ma Tripoli di mattina è fascinosa e irrestibile. Nel porto è
ormeggiata una nave da guerra libica. La gente ci può salire liberamente e fotografarla. Prima, solamente fotografarla, significava grane e carcere.
Tripoli è lucente. Non so se è una sensazione falsata ma non riesco a ricordarmela, anche prima della guerra, così vitale. Il grigio e la monotonia del verde utilizzato obbligatoriamente come colore per qualsiasi cosa che potesse essere dipinta, compreso le serrande dei negozi, sono spariti. Il senso di anarchia dei colori. Le facce del Colonnello si sono trasformate in un caleidoscopio pubblicitario e in cartelloni politico-propagandistici. La polvere, che ha coperto la città lasciandola viva ma nello stesso tempo addormentata per 42 anni, ha lasciato il posto a caffè tirati a lucido e negozi scintillanti.
Certo, non è tutto a posto, ed è ancora distante il desiderio di chi vorrebbe cambiare tutto e subito. Come la dotata pittrice che ho davanti al dipartimento di Belle Arti della Tripoli University. Si sta esercitando nel ritratto di una natura morta. Appoggiato a terra uno schizzo per un nuovo quadro che a me, che di arte ne capisco poco, fa venire in mente le figure rinascimentali corpulente e muscolose di Michelangelo mescolate alle visioni di Hieronymus Bosch. “Da qui non uscirà mai”, dice un giovane insegnante. “Non è solo una questione religiosa, è la mentalità che è rimasta la stessa di prima e rimarrà a lungo. Queste persone non sono religiose, perché se lo fossero, apprezzerebbero tutto ciò che è bello. Anche se pregano 5 volte al giorno, è come se pregassero un idolo. Dio ama il bello, in tutte le sue forme. E questo disegno è bello”.
Dietro una porta, in una stanza umida, ci sono un sacco di testi di pittura in inglese e francese. Prima li potevano consultare solo i professori. I testi sono tenuti male e senza catalogazione. Ora qualcuno, volontariamente, se ne sta occupando. ”La nostra maledizione è il petrolio”, dice un altro ragazzo. Sul tavolo ha un romanzo di Coelho. “I paesi confinanti sono più sensibili e attenti di noi proprio perché non l’hanno. Non siamo mai stati stimolati. Qui interessa solo fare soldi. Un giorno stavo leggendo un libro, a casa. Mio fratello ha guardato il testo e mi ha chiesto ‘Perché leggi? Quest’uomo è uguale a me e te, è solo un uomo, perché devi perdere tempo a leggere quello che scrive, ti fa guadagnare soldi leggere?’. Questa, è la maledizione del petrolio”.
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