Troppo veloce corre lontana la vita nostra.
Di Barbara Leva
La morte troppo spesso arriva così all’improvviso da impedire ogni
ragionamento, colpire i sensi e sprofondarli in un abisso di tristezza
che porta all’esaltazione beatifica di chi c’era e non ci sarà.
La morte è qualcosa che ci perseguita, cui cerchiamo di sfuggire
eppure con cui giochiamo continuamente. La morte è in un dittatore
decaduto, la morte è nella malattia di un inventore del millennio, la
morte è in una caduta in velocità. La morte è nei tg, sulle copertine
patinate, ma raramente in diretta tv.
E quando la diretta sfortuna vuole ci sia, quando l’immagine in
sequenza viene registrata e resa disponibile all’infinito, ci
blocchiamo nei respiri, il sangue si blocca, la vita diviene
impalpabile e insensata.
Ci si strugge di dolore per quel corpo che viene tranciato dall’anima
davanti ai nostri occhi.
Gli stessi che non prestano più attenzione ai corpi riversati in mare,
alle infanzie affamate, ai lavoratori senza tutele. Gli occhi che
usiamo per attraversare gli incroci incuranti del colore del semaforo,
dei cartelli stradali, degli autovelox.
Le corse sono pericolose.
La superficialità umana ancor di più.
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